Proponiamo la traduzione – in due parti – degli ultimi aggiornamenti dei Kesha Niya che descrivono la situazione al confine tra Italia e Francia.

Il primo è stato scritto il 17 dicembre 

Questa è la situazione al confine tra Italia e Francia, dove centinaia di persone sono ostacolate nell’attraversare il confine e sono lasciate sole senza cure di base, trattenute con la violazione del loro diritto di circolare liberamente, con violenze da parte di agenti di polizia e pregiudizi degli abitanti locali.

Tutto questo accade da 5 anni ormai. Questo report è un aggiornamento sulla situazione e sul nostro lavoro poco prima di Natale 2020, durante una pandemia di Corona che non si ferma davanti alle persone vulnerabili per le strade.

Ti invitiamo a condividere!

Ora è ufficiale: la procedura che la polizia francese ha seguito negli ultimi anni è stata dichiarata illegale.
Da quando i flussi migratori hanno iniziato a passare dall’Italia alla Francia, il modo usuale per respingere le persone tramite la polizia di frontiera francese era impedire loro di entrare in Francia.Le persone dopo essere state bloccate sul lato francese in treno, in montagna o per le strade delle città fino a 30 km dopo il confine (Mentone, Monaco, Nizza, …), vengono rinchiuse in un “container” durante la notte o per diverse ore durante il giorno e infine rimandate in Italia con il “refus d’entrée” (un documento che dice solo che l’ingresso è stato negato a questa persona). Il 27 novembre il Conseil d’Etat, la più alta corte francese, ha deciso che questa procedura non sta seguendo le leggi europee, poiché il confine in questione è un confine interno dei paesi Schengen, non esterno. Ciò significa che impedire alle persone di attraversare questo confine (consegnando un refus d’entrée senza ulteriori comunicazioni o la possibilità di chiedere asilo) non ha alcun fondamento giuridico.
Dopo questo pronunciamento ci aspettavamo che ci fossero cambiamenti nel modo in cui le forze statali lavorano e reagiscono, ma non è successo. Abbiamo iniziato a raccogliere le foto del “refus d’entrée” che le persone hanno ricevuto da quando il tribunale ha deciso sullo status illegale di questi documenti. Non sono diminuiti o cambiati, e nemmeno i controlli delle persone in arrivo. Stiamo monitorando questo trattamento, in modo che in futuro ci siano prove per un’azione legale contro la polizia di frontiera francese.

Se ci saranno conseguenze sulla base della decisione del tribunale, vi faremo sapere.

Inoltre il Conseil d’Etat è intervenuto sulle attività della polizia di frontiera francese in quest’area: è stato, infatti, sanzionata la negazione dei diritti francesi ed europei che le persone dovrebbero avere nei “container” (luoghi per trattenere le persone presso la stazione di polizia francese al confine).

Tutti coloro che vengono al nostro posto di accoglienza al confine sono stati trattenuti per diverse ore durante il giorno o per tutta la notte (tempi che vanno fino a 24 ore, mentre ufficialmente non devono essere più di 4 ore). Viene ignorato l’accesso ai servizi a cui hanno diritto: cibo, bevande, cure mediche, servizi igienici, traduzione, contatto con le loro famiglie e altro ancora. I container sono realizzati in metallo e pietra e hanno quindi la medesima temperatura esterna.

Due organizzazioni francesi, Anafe (supporto legale) e Medecins du Monde (supporto medico), si sono battute per ottenere il permesso di entrare nella stazione (stazione di polizia di frontiera francese, dove le persone vengono detenute nei container ndt). Finora, questo è stato negato. Il 30 novembre, il tribunale amministrativo di Nizza ha sanzionato questo rifiuto da parte della prefettura di Nizza. La prefettura ha ora 30 giorni per rivalutare la richiesta. In passato sono state apportate modifiche per impedire l’ingresso di persone esterne, come dichiarare il container uno “spazio sicuro”. Ci auguriamo che Médécins du Monde e Anafé possano entrare in futuro e monitorare la situazione all’interno.

Vi daremo un aggiornamento all’inizio di gennaio!

Entrambe le decisioni ci hanno dato forza nel nostro lavoro. Adesso esiste un fondamento legale contro le cose contro cui stiamo combattendo e questo crea la possibilità di rendere maggiormente pubbliche l’ingiustizia, le violazioni, la violenza invece che lasciarle soltanto come sofferenza anonima. Naturalmente, quel che abbiamo imparato qui è l’enorme divario tra la teoria e la prassi utilizzata.

In teoria, la decisione del Conseil d’Etat significherebbe che il nostro gruppo non è più necessario e le persone dovrebbero poter attraversare il confine e avere un passaggio più sicuro perché i loro diritti sono rispettati. Ma sul lato pratico questo non avviene.

Ufficialmente, la polizia di frontiera francese – la PAF – non è autorizzata a fare quello che fa.

Non sono autorizzati a trattenere le persone per più di 4 ore e hanno l’effettiva responsabilità per legge di fornire cibo, acqua, e assistenza medica quando le persone (trattenute ndr) lo richiedono, la possibilità di avere una traduzione di ogni comunicazione e qualsiasi documento che ottengano, la possibilità di contattare un avvocato, la possibilità di contattare i propri parenti. Ogni singolo diritto è stato fino ad oggi violato.

Ma soprattutto, il diritto europeo di chiedere asilo in uno dei paesi in cui la persona arriva viene violato per ogni singola persona. Le persone senza documenti (si intende un passaporto valido/permesso di soggiorno più il passaporto del paese di origine) hanno il diritto di essere informate su ciò che sta accadendo loro, sul motivo per cui è in corso un controllo di polizia e di dichiarare che vogliono chiedere asilo in Francia. Quindi, la polizia dovrebbe seguire una procedura per contattare l’ufficio preposto alle richieste d’asilo e fissare per la persona un appuntamento o un colloquio su Skype in modo che possa dichiarare la sua richiesta di asilo.

Hanno quindi tutt’altri diritti che essere lasciati per un periodo di 10-30 ore in un container vuoto con un pavimento di pietra.

“Ci trattano come animali.” Non sappiamo più quante volte abbiamo sentito questa frase.

Chi spiega le leggi europee e francesi alla polizia e alle autorità francesi?

Continuiamo il nostro lavoro con la consapevolezza che lentamente la situazione umanitaria deve cambiare e lo sta già facendo, anche se è solo l’inizio della parte teorica in questo caso.

Quando si tratta di ingiustizia, almeno chiamatela come tale. Nel prossimo periodo saremo all’erta su come supportare l’azione che seguirà quella in corso, come la raccolta dei refus d’entree (rifiuto d’ingresso ndr) che vengono consegnati alle persone e continuare a raccogliere le testimonianze di quanto sta accadendo nei “container” della stazione di polizia francese.

Più in basso nell’articolo si possono trovare resoconti dettagliati sugli incidenti violenti di queste settimane.

In generale, abbiamo visto molti nuovi arrivi da altre località in Italia. La distribuzione serale del cibo a Ventimiglia, che oltre alla nostra giornata è coperta da altri gruppi durante la settimana, ha visto tra le 200 e le 260 persone! I numeri più alti riscontrati quest’anno e, analogamente, sono stati numeri elevati anche presso il luogo dove operiamo al confine.

Molti occhi sono puntati su Ventimiglia in questo momento. Per la prima volta dal 2016 tutti quelli che sono bloccati a Ventimiglia stanno affrontando un inverno senza alloggio, spazio sicuro, cibo disponibile e assistenza medica. Poiché il Campo della Croce Rossa ha chiuso in estate senza essere mai rimpiazzato (da un servizio analogo ndr), e poiché il sindaco non è interessato a creare di nuovo uno spazio del genere, la situazione è precaria.

I posti letto utilizzati nella zona di Ventimiglia sono i lati della strada (nascosti tra i cespugli), la spiaggia, lo spazio sotto i ponti e le case abbandonate. Naturalmente si fanno piccoli fuochi per affrontare la notte in spiaggia, e si utilizzano i resti di legno portati dalla tempesta. I fuochi servono anche per asciugare i vestiti, visto che ci sono stati molti giorni di pioggia.

Per tre giorni nell’ultima settimana, siamo riusciti a fare un giro per Ventimiglia per controllare la situazione di tutti coloro che vivono sul territorio. Abbiamo parlato molto, dato cibo, bevande, caffè, tè, articoli igienici e soprattutto ci siamo presi cura delle famiglie/donne per strada proponendo di trovare un alloggio. Questo tour ci ha fornito una visione più completa di Ventimiglia, abbiamo potuto incontrare non solo persone in movimento, ma anche a raggiungere persone incontrate una volta al confine ed al momento bloccate in città in attesa di riprovare, così come persone appena arrivate in stazione e fornire loro informazioni sui punti di appoggio a Ventimiglia (come la casa della Caritas e la distribuzione del cibo).

Inoltre, abbiamo potuto verificare come la polizia sta lavorando in città. Questo include controlli casuali di persone dall’aspetto esclusivamente non europeo. Abbiamo anche visto (per la prima volta) agenti di polizia francesi alla stazione dei treni di Ventimiglia davanti ai treni. Non ne conosciamo ancora le ragioni. Il governo francese e italiano hanno dichiarato di prevedere in futuro un’unità comune di frontiera per applicare controlli e arresti alle frontiere.

Durante le ultime due settimane, membri di Human Rights Watch, Medecins du Monde, Amnesty International e organizzazioni di base di altre città erano in visita a Ventimiglia per avere un’idea della situazione. Tutti erano d’accordo sull’importanza di migliorare le condizioni di vita qui. Cercheremo di migliorare sul fare rete per garantire le cose necessarie nei luoghi in cui occorrono, quindi in Italia e specialmente a Ventimiglia al momento.

Per tutte le persone presenti non esiste nel prossimo futuro alcuna sistemazione in programma o in prospettiva.

L’unico posto (sempre pieno) è una casa per famiglie e donne organizzata da diverse associazioni della regione, dove possono soggiornare 15 persone ogni notte.
Questo è un enorme aiuto, ma non abbastanza. Anche le possibilità di hosting privato durante la notte sono al limite e sempre utilizzate nel miglior modo possibile.

A seconda delle nostre donazioni, abbiamo iniziato a portare vestiti alla nostra “colazione” al confine che sono andati esauriti molto velocemente perché le persone vestono abiti bagnati dai giorni di pioggia o non sono ben attrezzate per l’inverno.

In fondo all’articolo troverai un elenco di cose che sono sempre necessarie e saremmo felici di ricevere!

Abbiamo continuato come al solito il nostro lavoro principale, la “colazione” dalle 9 alle 20 tutti i giorni, a un chilometro dal confine in direzione Ventimiglia, sul versante italiano. Stiamo lavorando in questo piccolo spazio vuoto dall’estate dopo aver lavorato in un altro spazio (che è stato chiuso a causa dei vicini) dal 2018.

Tutti coloro che vengono rilasciati dalla stazione di polizia francese sul versante italiano devono prendere la strada per Ventimiglia, da dove provengono, prendendo il treno o camminando per le montagne (il pericoloso “passo della morte”). Naturalmente, tornando in Italia, trovano il nostro “punto colazione” sul lato della strada. Creiamo accesso a cibo, bevande, articoli igienici, una piccola scorta di vestiti, pronto soccorso medico, un tetto per proteggersi dalla pioggia. Ancora più importante, è un luogo più tranquillo rispetto al luogo da cui provengono, chiacchieriamo e possiamo condividere la conoscenza generale che abbiamo sulla zona di Ventimiglia e alcune risposte per le difficoltà.

Stiamo fornendo consulenza legale e reindirizziamo a consulenti legali per casi particolare. I minori che hanno una prova della loro età e un refus d’entrée hanno il diritto di non essere rigettati dalla Francia e possiamo seguire una procedura con un avvocato per riportarli alla polizia e permettere loro di attraversare il confine senza essere presi e respinti indietro. Vediamo persone con un processo di asilo in corso in Francia che vengono respinte in quanto controllate sulla base di profili razziali dalla polizia e detenute perché manca un documento o non ce l’hanno con loro. In entrambi i casi, è “normale” che la polizia modifichi i dettagli (come la data di nascita del minore sul refus d’entrée per farlo figurare come più anziano e respingerlo come “adulto”) o prendere documenti dalle persone e distruggerli di fronte a loro, soprattutto quando le persone vogliono comunicare con loro, spiegare la loro situazione e sapere quali diritti hanno.

Di seguito, i numeri (abbastanza precisi) di persone che abbiamo contato alla nostra «colazione» tra le 9:00 e le 20:00:

Tra il 27 novembre e il 2 dicembre:
610 persone in totale, di queste 510 respinte dalla Questura e 100 provenienti da Ventimiglia o dal territorio circostante.
Tra loro:
– 41 donne
– 15 bambini accompagnati
– 21 minori non accompagnati

Tra il 3 e il 9 dicembre:
741 persone in totale, di cui 615 respinte e 126 provenienti da altre località.
Tra loro:
– 65 donne
– 27 bambini accompagnati
– 17 minori non accompagnati

Tenete in considerazione nella maggior parte dei casi incontriamo persone che abbiamo visto per diversi giorni di seguito, dal momento che occorrono da 2 a 6 tentativi per attraversare il confine con la Francia. Quindi il numero effettivo di individui è decisamente inferiore.

Questi sono gli incidenti concreti avvenuti con la polizia che le persone hanno deciso di condividere con noi o che abbiamo parzialmente vissuto:

27 novembre:

seguiamo una procedura con il nostro avvocato volontario per portare due minori in Francia (erano stati illegalmente respinti). Pur disponendo dei documenti necessari per dimostrare che i respingimenti erano illegali, la polizia francese afferma che “non è abbastanza”. Gli stessi ragazzi riferiscono che la notte prima stavano prendendo un camion per raggiungere la Francia, ma sono stati arrestati in autostrada dalla polizia italiana. Alla stazione di polizia, viene detto loro di sdraiarsi e, poiché uno di loro si rifiuta, viene trattenuto da 5 agenti di polizia e spinto a terra. Uno lo tira a terra torcendogli il naso.

28 novembre:

Incontriamo un uomo che è stato preso e arrestato alla stazione di polizia francese, nonostante sia un richiedente asilo in Francia e stava solo visitando un amico in Italia. Lo riaccompagniamo al confine e alla fine gli viene permesso di andare in Francia.

30 novembre:

un uomo che è già un richiedente asilo in Francia viene preso e arrestato. Mostra i suoi documenti agli agenti di polizia francesi, che li distruggono tutti.

Il giorno prima, 4 uomini con documenti italiani che lavorano regolarmente in Francia sono stati controllati a Nizza sul bus della loro azienda. Vengono portati alla stazione di polizia di Nizza e trattenuti fino alle 14:00. Ci hanno riferito condizioni pessime, gli hanno portati via i telefoni, fatto fotografie e preso le impronte digitali. Il 30 novembre vengono portati in manette al confine e alla fine vengono respinti. Tre di loro non avevano con sè tutti i documenti necessari, mentre a uno avrebbe dovuto essere consentito (l’accesso in Francia ndr) essendo in possesso dei documenti giusti.

1 dicembre:

di notte, tre donne si perdono in montagna e gridano aiuto. Alcuni uomini cercano di attraversare il confine vengono bloccati dalla polizia francese, informano di aver sentito le richieste d’aiuto delle donne sperdute. Chiedono aiuto per loro. La polizia si rifiuta di intraprendere qualsiasi azione e dice che andrà bene. Il giorno successivo incontriamo le tre donne presso il nostro luogo di accoglienza, fortunatamente hanno trovato la strada giusta con la luce del giorno.

Un uomo sta viaggiando dall’Italia a Marsiglia, in Francia, perché suo padre è malato e si trova lì in un ospedale. Vuole fargli visita. L’uomo ha un passaporto valido, un permesso di soggiorno valido, i documenti necessari per il Covid e documenti che dimostrano che suo padre è in ospedale, quindi può essere sicuro di viaggiare durante il lock down. Ha tutto ciò di cui ha bisogno per attraversare legalmente, ma viene comunque bloccato su un treno sul lato francese e portato alla stazione di polizia francese. La polizia francese distrugge i documenti che dimostrano che suo padre è in ospedale. Alla fine, viene respinto in Italia. Lo abbiamo messo in contatto con il nostro avvocato.

3 dicembre:

Incontriamo circa 7 minori nel pomeriggio. Siamo già stati in contatto con uno di loro. Ha già provato 2 volte e ora la terza volta, nuovamente arrestato dalla polizia, ha chiesto chiaramente di esercitare il suo diritto a fare domanda di asilo come minore di 18 anni, cercando di comunicare con la polizia. Come reazione lo hanno picchiato molto duramente. Nessuno di questo gruppo di minori parla della propria permanenza in questura. Uno dei minori che il giorno prima era allegro, rilassato e cucinava con noi ora è serio e non vuole parlare. Non abbiamo quindi informazioni su cosa sia avvenuto nella permanenza in questura. Un minore ha un nome sbagliato sul suo rifiuto d’entrée, oltre a una data di nascita errata attribuita dalla polizia francese. Per questo motivo non possiamo aiutarlo con la solita procedura per riportarlo in Francia.

4 dicembre:

il giorno prima, 11 uomini viaggiano insieme prendono il sentiero di montagna di notte. Quando vengono fermati dai militari francesi, uno di loro, spaventato, cade lungo il lato ripido del sentiero. I suoi amici sono molto preoccupati e chiedono ai militari di controllare le condizioni dell’amico. I soldati dicono loro che lo controlleranno il giorno successivo. Chiamano la polizia francese per portare gli uomini alla stazione di polizia. I 10 uomini insistono nel voler sapere se il loro amico sta bene. I militari scattano una foto del luogo in cui è successo e di tutti loro e non vogliono intraprendere ulteriori azioni. Quando arriva la macchina della polizia, gli uomini si rifiutano di entrare e di andarsene senza il loro amico. Vengono caricati con la forza nell’auto della polizia, portati in stazione e non hanno alcuna possibilità di informare qualcuno o di parlare con qualcuno alla stazione di polizia. Alla fine vengono respinti in Italia il 4 dicembre e arrivano al nostro posto della «colazione», ancora molto preoccupati. Ci facciamo dare il nome, il contatto e la foto dell’amico scomparso per cercarlo. Qualche tempo dopo ricevono la notizia che il loro amico è al sicuro. Si è fatto male a una gamba ma è riuscito a trovare un modo per tornare indietro e ha ricevuto aiuto dalle persone all’inizio del sentiero.

Solo due mesi fa, un uomo (che era con altri due mentre camminava sul sentiero in montagna) è scomparso. I suoi amici lo hanno visto cadere davvero in profondità e hanno informato la polizia francese dell’accaduto dopo essere stati arrestati. La polizia non ha fatto nulla. Solo il giorno successivo, le forze italiane sono andate in montagna, ma poiché la parte del percorso italiano è breve e per lo più sicura, ci hanno detto dopo due giorni di ricerca «Stiamo facendo del nostro meglio, ma pensiamo di cercare nel posto sbagliato» Prevalentemente, se le persone hanno incidenti, è dalla parte francese. Nei casi che abbiamo visto, nessuno si assumeva la responsabilità della possibile morte di qualcuno, nemmeno cercando di agire in qualche modo: il percorso è stretto, non stabile o solido, e molte persone lo percorrono di notte senza luce. Cosa significa morire qui? Soprattutto che nessuno lo saprà mai. Se viaggi da solo o cammini con persone che ti conoscono a malapena, se quelli che potrebbero proteggerti o salvarti non si presentano; sparisci, muori in modo anonimo. È lo stesso tipo di invisibilità che le persone sperimentano attraverso la violenza alla stazione di polizia e sui treni, dove nessuno sta guardando, e nei luoghi della città dove trovano uno spazio libero per dormire. Non esistono realmente nella vita pubblica. Fino ad oggi, per quanto ne sappiamo, non hanno mai (cercato e) trovato il corpo dell’uomo scomparso due mesi fa.

6 dicembre:

Gli effetti personali di un uomo vengono rubati (abbiamo avuto problemi di comunicazione con lui e non siamo riusciti a saperne di più).

8 dicembre:

Incontriamo una donna incinta e sua zia che hanno lasciato un campo italiano a causa delle cattive condizioni di vita, ad es. mancanza di cibo. Sono state fatte scendere dal treno qui al confine dalla polizia francese usando gas lacrimogeni.

Più tardi, un altro uomo ci racconta di più sull’incidente: era stato sul treno con molte altre persone. La polizia francese è salita sul treno in una città dopo il confine. In un bagno si nascondevano una donna incinta e sua figlia di due anni, un’altra donna, l’uomo che ci ha fatto il resoconto e altre persone. La polizia ha ordinato di aprire la porta, ma secondo l’uomo la porta era bloccata dall’esterno. La polizia ha sfondato la porta e ha usato contro di loro forti gas lacrimogeni. L’uomo ha insistito sul fatto che fosse una specie di acido, non solo gas lacrimogeni “normali” ed estremamente doloroso. Il gas veniva messo nel piccolo bagno senza che nessuno avesse la possibilità di uscire. Questo vale anche per il nascituro, la bambina e la loro madre. L’uomo ha urlato all’agente di polizia: “Non ti è permesso farlo. Sai che non ti è permesso. Puoi essere accusato per questo”. Un poliziotto francese ha risposto dicendo che non parlava inglese. Più tardi, alla stazione di polizia, lo stesso agente nel colloquio con la persona che ha segnalato l’accaduto e che chiedeva informazioni personali, ha parlato fluentemente in inglese su il refus d’entrée. Nella stazione di polizia, l’uomo non poteva vedere a causa dell’effetto dei gas lacrimogeni, tossiva e aveva dolore come tutte le altre persone coinvolte.

Gli fu risposto per le cure mediche di rivolgersi in Italia dopo il suo respingimento. Ha quindi ricevuto alcune gocce di un liquido per gli occhi. Poiché abbiamo trovato una possibilità di una accoglienza privata, abbiamo potuto seguire la situazione dell’uomo. Presentava ancora gli effetti del gas lacrimogeno sul corpo e sui capelli e ha avuto problemi a respirare e tossire fino al giorno successivo.

Se hai continuato a leggere il nostro articolo fino ad ora, ti ringraziamo per aver seguito la situazione qui al confine italo-francese. Sebbene la lotta sia in corso, manteniamo la nostra rabbia e la nostra volontà di non perdere mai di vista le persone che attraversano l’Europa.

Sei sempre il benvenuto se vuoi unirti a noi e vivere con noi se puoi impegnarti per un periodo di almeno due settimane o per dare supporto attraverso donazioni.

Cose di cui avremo costantemente bisogno la nel prossimo periodo:

cappelli, guanti, calzini, sciarpe, altri vestiti (contattateci per maggiori dettagli), spazzolini da denti e pasta, vecchi telefoni, sim card utilizzabili in Europa (Leika per esempio), e donazioni di cibo fresco (direttamente al confine se vivi vicino).

Non esitare a contattarci e a utilizzare questi recapiti, cercheremo di ricontattarti il prima possibile!

Con molto calore: il team Kesha Niya
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