Moussa Balde e la sua famiglia non sono soli

Riceviamo e pubblichiamo (Ita, English below).


MOUSSA BALDE E LA SUA FAMIGLIA NON SONO SOLI

 

Il 14 ottobre saremo davanti al tribunale per dire che Moussa e la sua famiglia non sono soli, che a Ventimiglia c’è stato un pestaggio razzista e che il suicidio di Moussa è un omicidio di Stato.

Il 14 ottobre alle ore 9.00 si terrà presso il tribunale di Imperia la prima udienza che vede come imputati i tre italiani che il 9 Maggio 2021 a Ventimiglia aggredirono Moussa Balde con calci, pugni, tubi di plastica e una spranga. L’accusa è lesioni aggravate dall’uso di corpi contundenti.  La questura di Imperia ha voluto escludere l’aggravante dell’odio razziale.

Trasferito al pronto soccorso di Bordighera per le medicazioni urgenti, Moussa era stato dimesso con 10 giorni di prognosi. Quindi, poichè era emersa la sua irregolarità sul territorio nazionale, a sole 24 ore dall’aggressione era stato portato direttamente al centro di detenzione Cpr di Torino, nonostante le sue immaginabili condizioni di salute e
psicologiche.

Da subito era stato rinchiuso nell’area Rossa insieme ad altri detenuti, e poco dopo era stato spostato in isolamento all’interno della sezione denominata “Ospedaletto”, dove già nel 2019 un’altra persona, H.F., si era tolta la vita dopo esservi rimasta rinchiusa per 5 mesi. Ad ora non sono chiare le ragioni che hanno determinato la scelta arbitraria di spostare in isolamento una persona in già critiche condizioni psicofisiche.

Moussa è finito al CPR senza aver mai firmato nessuna testimonianza sulla sua aggressione e senza che gli sia stata posta alcuna domanda sullo svolgimento dei fatti. Non ha ricevuto nessuna visita psicologica ma è stato rinchiuso a Torino con ancora i punti in faccia, e mentre il suo avvocato l’aveva cercato per diversi giorni, nessuno era riuscito a rintracciarlo perchè Moussa era stato registrato al CPR con un nome diverso da quello segnato dalla questura di Imperia.

I suoi aggressori giravano a piede libero e lui finiva recluso. Non poteva sapere che una parte di Italia solidale si stava attivando per rintracciarlo e sostenerlo, e nemmeno che il video della sua aggressione era diventato virale su media e social network: all’interno del CPR non si possono tenere i telefoni, così da essere completamente tagliati fuori da ciò che succede all’esterno e non poter raccontare quello che accade lì dentro.

I compagni di prigionia che hanno iniziato una protesta quando hanno saputo la notizia della sua morte, hanno raccontato che la notte del 22 maggio l’avevano sentito urlare a lungo e chiedere l’intervento di un dottore senza mai ricevere risposta.  La mattina di domenica 23 maggio 2021 è stato trovato impiccato nella sua cella.
Ad oggi la causa ufficiale della morte di Moussa Balde è di suicidio, nonostante sia anche in corso un’inchiesta per omicidio colposo.

La morte di Moussa non è stata nè “fatalità” nè il frutto di una catena di inadempienze, ma la conseguenza del razzismo strutturale del sistema in cui viviamo.
Gli odiosi fatti della vicenda ci dimostrano quanti siano i livelli di discriminazione che hanno contribuito a coprire la bara di Moussa:
prima le infinite attese per il permesso di soggiorno, tempistiche che lo avevano spinto a sopravvivere ai margini di questa società da cui, con ogni sforzo, aveva tentato di farsi accettare seguendo tutto quello che il sistema dell’accoglienza gli chiedeva di fare, prendendo la licenza media, imparando l’italiano, facendo volontariato. Dopo cinque anni di peregrinazioni burocratiche e un tentativo fallito di ritentare maggior fortuna in Francia, era finito in strada senza più chance né progetti, come succede a tantissime persone.
Quindi l’aggressione di gruppo da parte di tre uomini bianchi in pieno giorno, in centro città e sotto gli occhi di numerosi passanti.
Dopo il danno la beffa, e anzichè ricevere le tutele che avrebbe dovuto come sopravvissuto a un linciaggio, è stato immediatamente portato al CPR non per ciò che aveva fatto, ma per ciò che era: un clandestino senza quei documenti che gli erano stati negati nonostante i suoi sforzi.
E poi l’ultima botta di un razzismo che gli è stato infine fatale: poichè Moussa era solo un immigrato sulla strada di tre onorevoli cittadini italiani che l’hanno massacrato, è stato spinto a pagare col silenzio quello che ha visto e subito quel pomeriggio del 9 maggio.

Perchè tanta fretta nell’allontanare Moussa da Ventimiglia dato che era il primo testimone dell’aggressione ai suoi danni? Perchè continuare a negare per giorni la sua presenza all’interno del centro, quando si domandava ripetutamente al CPR se Moussa si trovasse lì? Perchè costringerlo all’isolamento nel momento di maggiore vulnerabilità?

Sono queste e molte altre le domande alle quali non ci illudiamo verrà mai data una risposta.
I suoi aggressori sono vivi e liberi, il CPR continua a macinare vite e Mamadou Moussa Balde è morto a ventidue anni.

CONTRO TUTTI I RAZZISMI e per la  libera migrazione di tutte e tutti.

Per l’abolizione e la chiusura di tutti i Cpr.

CI VEDIAMO IL 14 OTTOBRE AD IMPERIA

Solidali di Ventimiglia

 

 

MOUSSA BALDE AND HIS FAMILY ARE NOT ALONE

On October 14th, we will stand in front of the courthouse to say that Moussa and his family are not alone, that there was a racist attack in Ventimiglia, and that Moussa’s suicide is none other than a murder by the state.

On October 14th at 9 a.m., the first hearing will be held at the Imperia courthouse involving the three Italians who, on May 9th, 2021 in Ventimiglia attacked Moussa Balde with kicks, punches, plastic pipes and an iron rod.
The charge is injury aggravated by the use of blunt instruments. The Imperia police headquarters want to rule out racial hatred as an aggravating factor.

Transferred to Bordighera’s hospital for urgent medical attention, Moussa was released with a 10-day prognosis. Then, due to his illegal status on Italian national territory, only 24 hours after the attack he had been taken directly to the Cpr detention center in Turin, despite his concevable physical and psychological condition.

Immediately he was locked up in the Red area along with other detainees, shorlty thereafter moved to solitary confinement within the section called “Ospedaletto,” where already in 2019 another person, H.F., killed himself after being locked up there for five months.
Even now, the reasons behind the arbitrary decision to move a person in an already critical mental and physical condition to solitary confinement are unclear.

Moussa ended up in the CPR without ever having signed any testimony about his assault and without being asked any questions about the course of events. He received no psychological examination but instead was locked up in Turin with stitches still on his face, and while his lawyer had been looking for him for several days, no one had been able to find him because Moussa was registered at the CPR under a different name from the one marked by the Imperia police.

His attackers were walking around free and he ended up in confinement. He could not have known that a part of Italy was taking action in solidarity to find and support him, nor that the video of his attack had gone viral on media and social networks. Inside the CPR no one is permitted to keep phones, so that one is completely cut off from what happens outside, and cannot speak out about what happens inside.

Fellow detainees who began a protest as soon as they learned the news of his death reported that on the night of May 22nd, they heard him screaming for a long time and asking for a doctor’s intervention without ever receiving a response. On the morning of Sunday, May 23rd, 2021, he was found hung in his cell.
To date, the official cause of Moussa Balde’s death is suicide, although a manslaughter investigation is also underway.

Moussa’s death was neither a random ‘fatality’ nor the result of a chain of neglect, but the consequence of the structural racism of the system in which we live.
The hateful facts of this case show us how many levels of discrimination contributed to covering Moussa’s coffin:

firstly, the endless waits for a residence permit, timelines that had pushed him to survive on the margins of this society by which, with every effort, he tried to be accepted by following everything the reception system asked him to do, taking his middle school diploma, learning Italian, volunteering. After five years of bureaucratic wanderings and a failed attempt to try his luck again in France, he had ended up on the street with no more chances or plans, as it has happened to so many others.
Second, the group attack by three white men in broad daylight, in the city center and in front of the eyes of many passersby.
After the harm came the mockery: instead of receiving the protections he should have had as a survivor of a lynching, he was immediately taken to the CPR not for what he had done, but for what he was: an illegal immigrant without the documents he had been denied despite his best efforts.
And lastly, the final blow of a racism that was ultimately fatal to him: because Moussa was just an immigrant in the face of three honorable Italian citizens who slaughtered him, he was driven to pay with his silence for that which he saw and suffered that afternoon of May 9th.

Why such a rush to remove Moussa from Ventimiglia when he was the first eye witness to the attack on himself? Why continue to deny for days his presence inside the center when it was repeatedly asked at the CPR if Moussa was there? Why force him into solitary confinement at his most vulnerable moment?

It’s these and many other questions that we are under no delusions that will ever be answered.

His attackers are alive and free, the CPR continues to grind lives, and Mamadou Moussa Balde is dead at the age of twenty-two.

AGAINST ALL RACISMS and for the free migration of everyone everywhere.

For the abolition and closure of all CPRs/retention centers/lagers.

SEE YOU ON OCTOBER 14th IN IMPERIA

Those In Solidarity from Ventimiglia

(Foto copertina tratta da Fatto Quotidiano)