Riceviamo e pubblichiamo una preziosa testimonianza su una giornata di lavoro tipo nell’industria dei fiori nell’entroterra ventimigliese per la raccolta delle mimose che vengono vendute e regalate per l’otto marzo. Ogni ulteriore commento è superfluo: buona lettura.
Quanto pesano i fiori?
Nebulose di globi pulsanti, esplosioni vibranti, straripano da una carezza incensata in un viaggio tra cosmi e dimensioni.
[Il capo] “Metti insieme rami in mazzi da 200 grammi.”
[Io pensando] -Quanto saranno 200 grammi di mimosa?
Ecco, quasi, forse un rametto in più
Non avevo mai pensato che i fiori possano essere pesati.
[Il capo] “Ora lega insieme due mazzetti con l’elastico e poi due da cinque.
Metti il codice a barre intorno agli steli.”
[Il capo] “Tagliati la barba sabato,
se rimani con questa barba lunga fai paura,
sembri uno del tuo paese,
sembri un bangladesh.
Tu vuoi essere solo un bangladesh
o vuoi essere un italiano?”
[Il capo] “Prendi due rami belli e li metti al centro poi ne aggiungi altri scalando.
Giri dall’altro lato e fai la stessa cosa.
Ecco qui ne nascondi un paio brutti che fanno peso.
Ma non hai visto che questi sono rossi?
Butta butta.
Falli belli che se non mi pagano non ho i soldi per pagare voi.”
[L’operaia] “Dal vicino pagavano 6 euro l’ora,
quest’anno hanno aumentato a 6,50.
Il capo mandava gli operai a rubare dai vicini,
tanto erano tutti albanesi o moldavi,
e gli diceva che se fosse arrivato qualcuno
avrebbero dovuto rispondere “Io no parlare italiano”
[La moglie del capo] “Via le foglie più basse,
il manico dev’essere pulito.
Questo mazzo è un po’ abbondante,
tocca togliere qualcosa.
Attenta che i gambi siano in pari.
Non tagliare dopo aver pesato.”
[L’operaia] “Lì i contenitori il capo te li lancia
e sua moglie di prima mattina ti urla
“E muovetele quelle mani!”
E se a casa hai figli a cui dar da mangiare che cosa gli dici?
Niente. Non gli dici niente.
E se lavori dodici ore al giorno i figli non li vedi nemmeno.”
[Il capo] “Leva le foglie fino ai fiori.
Questi sono rossi. Butta butta.
Togli, butta.
Taglia, butta.
Togli, butta.
Taglia, butta, butta, butta, butta.”
[Il capo] “Sei stanca?
Hai lavorato già troppo in campagna per essere una ragazza.
Sai che cosa vuol dire belin?
La prima cosa che si impara venendo in Liguria.
La prima cosa che conoscono le ragazzine.
Le donne si scandalizzano ma intanto gli piace mangiarselo.”
Non lo sapevate che nella paga oraria è incluso l’obbligo di ascolto di opinioni vuote, volgarità urlate?
Il padrone, l’oppressore, ha bisogno di costruirsi una buona immagine da presentare al di fuori ma soprattutto dentro di sé:
è lui che paga più di chiunque altro nella zona,
è lui che pagandoci così tanto a fine giornata non gli rimane niente,
è lui che è così onesto che ha troppe tasse da versare,
è senza di lui che il povero immigrato non saprebbe che fare.
Ha bisogno di sentirsi indispensabile per l’Altro, l’inferiore, quando è proprio quell’altro ad essere indispensabile per lui.
Con ciuffi bianchi ovunque rincorre il lavoro alla disperata ricerca di un senso nella vita vuota. Si aggrappa all’illusione di sentirsi utile:
Producendo
Consumando
Consumandosi.
E poi si arrovella per comprendere la mancanza di docilità, di servilismo, in quelli che pensa inferiori. Non coglie la ribellione al sistema che custodisce, che accresce, nonostante sia incapace di nominare:
[Il capo] “Colo… Cosa?”
[Io] “C O L O N I A L I S M O”
Ma tranquillo, la ribellione arriverà.
La ribellione è già.
Chissà se, come i fiori… Secondo voi quanto pesa la coscienza? Quanto pesa l’umanità che siamo capaci di nutrire e mantenere viva dentro di noi?