Era agosto, anno 2018, una nave carica di persone aspettava penosamente un’autorizzazione, per attraccare al porto di Catania.

Adesso l’anno è quello nuovo, ma ancora ci ritroviamo a seguire le vicende di imbarcazioni – la Sea Watch e la Sea Eye 3 – che effettuano il soccorso in mare ai migranti e che vengono, quindi, rifiutate dai porti di mezza Europa. Di nuovo, una meschina contesa di potere si gioca sulla vita e la sofferenza di persone in condizioni di assoluta difficoltà.

Pubblichiamo una breve lettera: semplici parole una in fila all’altra, scritte in occasione della “crisi” relativa alla nave Diciotti.
Tornando d’attualità, queste parole ci parlano di come l’Europa continui a morire – e noi, suoi cittadini privilegiati, insieme a lei – ad ogni minuto che una di queste navi, cariche di un’umanità viva e sofferente, resta in balìa delle onde.
Forse è vero che ci si abitua a tutto. Come è vero che dimenticare è più facile che ricordare.

Scriviamo dalla Liguria, una delle regioni che più intensamente ha conosciuto e vissuto la lunga e triste stagione delle oceaniche migrazioni italiane, ma in quanti conoscono la storia del naufragio del Sirio? In quanti si emozionano alle prime battute del canto che ce lo racconta: E da Genova il Sirio partivano per l’America varcare, varcare i confin…?
Avremmo forse più chiaro che, sulle migrazioni, c’è sempre stato qualcuno pronto ad arricchirsi, mentre altre ed altri pagano, anche con la vita. Sapremmo che questa storia è anche la nostra e sentiremmo quanto l’attualità ci riguarda.

Con l’augurio che il 2019 porti quel coraggio di ribellarsi e predere posizione che finora è mancato alle nostre latitudini.


Ho una sorella per la quale, come è quasi scontato, mi butterei nel fuoco, se servisse a salvarla.

Per lei mi preoccupo nei momenti difficili, per lei mi riempio di gioia quando supera un traguardo importante.

Abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto, ci facciamo gli auguri ai compleanni e alle feste comandate, abbiamo fatto assieme delle vacanze e dei viaggi. Ora viviamo lontane e, quando ci telefoniamo, scarichiamo le batterie dei telefoni.

Ci adoriamo e litighiamo. Assieme ridiamo tantissimo e abbiamo pianto (soprattutto io). Parliamo di politica, d’amore, di lavoro, di epistemologia, di stronzate, di ideali, di altre persone, di rimedi naturali e cosmesi…parliamo di noi.

Fa il tiramisu più buono del mondo, con lei mangio il pesto e il berberé (non assieme!). Con lei ho preso sbronze colossali e ho ballato like I’ve never danced before. Cantiamo Battisti, ci batte il cuore con Gilberto Gil, abbiamo consumato un cd di musica del Mali e ultimamente impariamo vecchi canti di lotta e di lavoro.

Mia sorella è eritrea. La determinazione di qualcuno e il destino hanno fatto sì che nascesse in Italia. Se così non fosse stato, adesso, sarebbe potuta essere su una nave, al largo di Catania.

Mi fate pena, voi che non avete affetti che se ne freghino del colore della pelle, che non vi facciano sentire quello che il vostro cervello affaticato e la vostra angustia culturale e politica non vi fanno capire.

Voi che non avete il coraggio di guardare le fotografie dei migranti italiani di neanche un secolo fa. Voi che non vi ricordate del tragico naufragio del Sirio, partito da Genova…

Siete poveri d’animo ed è colpa vostra. Non vi perdonerò mai, perché la vostra meschinità, oggi, in Europa, è una scelta.

C.

Agosto 1906. Prima pagina del Corriere, con illustrazione e notizia del naufragio del piroscafo Sirio presso la costa spagnola di Capo Palos. Oltre 500 persone persero la vita: la quasi totalità dei passeggeri erano emigranti Italiani.