Report sull’osservazione della frontiera novembre ’24-gennaio ’25

Riceviamo e pubblichiamo un secondo report di monitoraggio di ciò che accade in frontiera tra Ventimiglia e Mentone. Il periodo di osservazione va da Novembre 2024 a Gennaio 2025. (report originale in inglese)

English Below

REPORT OSSERVAZIONE FRONTIERA NOVEMBRE-GENNAIO

Questa è la seconda parte di una corta cronologia delle molteplici violenze prodotte dai meccanismi di confine e dai agenti della frontiera interna tra Francia e Italia sul mar Mediterraneo. Si tratta di un resoconto incompleto e situato. Fotografa la situazione dal punto di vista di osservatorx bianchx con la cittadinanza europea, tralasciando così gli innumerevoli episodi di violenza vissuti da coloro che stanno lottando e combattendo per la loro libertà di movimento. Si tratta quindi di un quadro molto parziale e limitato della situazione, tralasciando le prospettive cruciali delle persone in movimento (POM_ people on the move, ndr) e delle persone sans-papiers (persone prive di documenti riconosciuti “validi” dagli agenti di frontiera francesi). Anche i numeri dei respingimenti citati sono semplicemente istantanee della situazione alla frontiera.

– non rappresentano il numero di respingimenti che noi osserviamo regolarmente quando monitoriamo il confine, né rappresentano i numeri effettivi dei respingimenti, che stimiamo ancora intorno ai 15-30 al giorno.

18 novembre al confine italo-francese presso Ventimiglia

Un minore viene rilasciato dalla stazione di polizia italiana subito dopo la partenza dell’autobus per Ventimiglia.

Ha con sé i documenti che attestano la sua età ed è stato respinto dalla Francia. Dopo aver trascorso diverse ore in fermo di polizia sia sul versante francese che su quello italiano, decide di tornare a piedi alla stazione di polizia dove aveva appena trascorso ore in cella. 

Ai poliziotti alla frontiera dice di essere minorenne, ha in mano i suoi documenti e dice di essere stato appena respinto dalla Francia e di volerci tornare.  Il poliziotto gli dice: “Va t’en!” (Vai via!) e indica la direzione dell’Italia. 

Giuridicamente i minori hanno il diritto di rimanere nel paese in cui sono entrati.  Questo respingimento è stato illegale per svariati motivi, ma i diritti delle persone in movimento non interessano tanto alla polizia alla frontiera.

Nella stessa notte viene rilasciata dalla stazione di polizia italiana una persona che ha trascorso due giorni in detenzione dal lato francese –  più di dieci volte la durata delle 4 ore consentite dalla legge in Garde A Vue (la “regolare” detenzione francese).

27 novembre

Più i passaggi sicuri attraverso le frontiere per le persone in movimento vengono chiusi e controllati dalla polizia, più i loro tentativi di attraversare i confini diventano pericolosi e rischiosi.

Nella notte apprendiamo da una persona che è stata respinta in Italia che un’altra persona che era stata respinta con lui ha deciso di camminare lungo i binari verso la Francia. Questi binari sono costruiti in aria (cioè scorrono lungo un ponte sospeso sul vuoto, ndr), non c’è quasi spazio per camminare accanto al treno (che passa ogni 30 minuti, un tempo insufficiente per arrivare dall’altra parte).

2 dicembre

Dieci persone vengono rilasciate dalla stazione di polizia italiana dopo essere state respinte dalla Francia alle ore 11:00. Due di loro sono minorenni che sono stati registrati come ventiduenni a Lampedusa. Hanno detto alla alla polizia di avere meno di 18 anni, di voler rimanere in Francia, ma agli agenti non importava.

Nessuno dei dieci rilasciati ha ricevuto documenti che consentano di risalire a ciò che è accaduto o per contestarlo. A nessuno di loro è stata offerta una traduzione nella loro lingua alla stazione di polizia francese (un diritto legale di tutti coloro la cui prima lingua non è il francese). È stato semplicemente chiesto loro il nome e la firma.

5 dicembre

Un poliziotto apre la porta della stazione di polizia di frontiera francese durante la notte per fumare. “Siete voi i più coraggiosi, vero?”, grida a tutti noi, tutto contento e pronto a scherzare.

Più tardi veniamo a sapere che in questa notte a una donna rinchiusa tutta la notte nella cella della polizia è stato negato il diritto di andare in bagno. Aver torturato delle persone nel seminterrato nella stazione di polizia, a quanto pare, ha messo quel poliziotto di buon umore quella notte.

6 dicembre

I respingimenti alla frontiera italo-francese sono sempre violenti e a volte anche assurdi: una persona che accompagnava sua madre all’aeroporto è stata respinta in Italia alla frontiera. A quanto pare in questi giorni il regime di frontiera deve produrre un numero maggiore di respingimenti. Nessuna delle persone “riammesse” in Italia riceve alcuna documentazione di ciò che è successo, quindi questa pratica rimane incontestabile anche a livello legale.

Durante i controlli di polizia sui treni dall’Italia alla Francia, anche alle persone bianche sedute accanto a una persona sottoposta a un controllo basato su profilazione razziale viene chiesto di mostrare il documento. In questo senso, anche la palese profilazione razziale diventa più difficile da contestare a causa del costante perfezionamento delle tattiche violente della polizia. Le ONG stimano che ci siano almeno 20 arresti dovuti a controlli razzisti della polizia ogni giorno al confine.

Queste detenzioni superano regolarmente la durata legale di quattro ore. Ad esempio, in questi giorni di inizio dicembre una persona è stata è stata trattenuta per 14 ore senza ricevere alcuna informazione sui suoi diritti fondamentali.

17 dicembre

Nei giorni di metà mese 6 minori non accompagnati (termine legale) sono stati respinti in Italia in violazione del loro diritto di soggiorno in Francia.

Durante la detenzione dalla polizia francese, a una persona sono state poste molte domande private:  se mangiano carne di maiale, quanto spesso pregano, ecc. Le condizioni di detenzione (due celle nel seminterrato) non permettono una separazione di genere.

La polizia francese scaccia dai luoghi di controllo della frontiera anche coloro che osservano le loro pratiche.

18 dicembre

Segnalazioni di violenza all’interno del container della polizia francese: sono stati spruzzati gas lacrimogeni nella cella.

20 dicembre

Diverse persone, trattenute in una stazione autostradale a qualche chilometro dalla Francia, vengono respinte in Italia.

Erano state portate prima in una stazione di polizia di Nizza, dove hanno dovuto dormire per terra, senza riscaldamento e con una finestra aperta. Al mattino sono state portate alla polizia di frontiera di Mentone e sono state respinte in Italia un giorno e mezzo dopo il loro arresto (anche in questo caso senza alcuna documentazione del loro arresto).

30 dicembre

Una persona che viene rilasciata dalla stazione di polizia italiana dopo essere stata respinta, ha trascorso quasi 24 ore nella stazione di polizia francese poco prima.

7 gennaio

L’anno inizia con una violenta esternalizzazione del confine sulla spiaggia di Ventimiglia: polizia e militari camminano lungo la spiaggia e perseguitano le persone che non hanno un altro posto dove riposare, né un tetto o una casa privata, sedute sulla spiaggia. Controllano e perquisiscono gli effetti personali e tasche delle persone costringendole a mostrare i pochi oggetti che hanno davanti a sé.

La parte della spiaggia di Ventimiglia vicino al fiume è uno degli ultimi spazi dove le persone che non hanno un altro posto dove stare, non si nascondono alla vista nell’ambiente urbano quando vogliono riposare. Ma a quanto pare la spiaggia non è per tutti.

12 gennaio

Il corpo di un giovane ragazzo in viaggio viene ritrovato annegato in mare al confine.

17 gennaio

Le statistiche sui respingimenti alla frontiera franco-italiana tra Mentone e Ventimiglia sono state pubblicate dalle autorità per il 2024: 15.000 respingimenti a Mentone. Nel 2023 erano stati 38.000. Purtroppo questi numeri non significano che un maggior numero di persone riesca ad attraversare la frontiera senza esser intercettata dalla polizia, ma che meno persone sono in grado di provarci. La fortezza Europa rafforza le sue mura esterne mentre ogni anno sempre più persone sono costrette a fuggire da dove si trovano per salvarsi la vita.

This second part of a small chronology of the multiple violences produced by the border mechanisms and its agents of the inner-european border between France and Italy at the Mediterannean Sea is an incomplete and situated account. It pictures the situation from the perspective of white observers with european citizenships and thus leaves out innumerable violent incidents experienced by those who are struggling and fighting for their freedom of movement. It is thus a very partial and limited picture of the situation leaving out the crucial perspectives of people on the move (POM) and sans-papiers (people without documents recognised as “valid” by french border agents). Also the numbers of push backs cited here are simply momentary snapshots of the situation at the border. They do neither represent the numbers of pushbacks that we observe when regularily monitoring at the border, nor do they represent factual numbers of pushbacks which we still estimate at round 15-30 per day.

18th November at the french-italian border near Ventimiglia

A minor gets released from the italian police station just after the bus to Ventimiglia has left in the evening. He has papers stating his age with him and has been pushed back from France. After having spend several hours in police detention on the french and on the italian side he decides to walk back to the police station where he had just spent hours in the cell. He tells the policemen at the border that he is a minor, holds his papers and says that he has just been pushed back from France and wants to return there. The policeman tells him: „Va t‘en!“ (Go away!) and points in the direction of Italy. Juridically minors have the right to stay in the country that they have entered. This pushback was illegal in a double sense – but the rights of people are not of interest to the police at the border.

In the same night a person gets released from the italian police station who has spend two days in french police detention – more than ten times the duration of the legally allowed 4 hours in GARDE A VUE (the “regular” french custody).

27th November

The more safe passages across borders for people on the move are closed and controlled by police, the more lifethreatening and desperate their attempts to do so become:

In the night we learn from a person who was pushed back to Italy that another person who was pushed back with him decided to walk along the railtracks towards France. These railtracks are constructed up in the air, there is almost no space to walk next to the train (that passes every 30 minutes, not enough time to have already reached the other side).

2nd December

Ten people get released from the italian police station after having been pushed back from France at 11:00 am. Two of them are minors who have been registered as 22year olds in Lampedusa. They have been telling the police that they are under 18, that they wanted to stay in France, but the officers did not care.

Nobody of the ten people who got released has received any documents to be able to retrace what has just happened to them or to contradict it. None of them had been offered a translation into their language at the french police station (also a legal right of everybody whose first language is not french). They have simply been asked for their names and signatures.

5th December

A policeman opens the door of the french border police station at night to smoke. “You are the very courageous ones, aren‘t you?!” he shouts to us all self-contented and up for a joke. Later we learn that in this very night a women who was locked all night in the police cell was denied the right to go to the toilet. Having tortured people in the basement of his police station apparently had put that policeman in a good mood on that night.

6th December

The pushbacks at the french-italian border are all the time violent and sometime even absurd: a person accompanying his mother to the airport was pushed back to Italy from the border. Apparently in these days the border regime need to produce higher numbers of pushbacks. None of the people “readmitted” to Italy receives any documentation of what has happened to them so this practice remains uncontestable for them at a legal level, too.

In the racist police controls on the trains from Italy to France the white people sitting next to a person racially profiled by the border police are asked to show their documents, too these days. Even the very blatant racial profiling becomes more difficult to contest due to the constant refinement of violent police tactics. NGOs estimate that there are at least 20 arrests due to racist police controls daily at this border.

Regularily these detentions exceed the legal time frame of four hours. For example, in these days in the beginning of December a person has been detained 14 hours without receiving any information about their rights.

17th  December

In the days in the middle of this month 6 unaccompanied minors (a legal term) have been pushed back to Italy in violation of their right to stay in France.

In french police detention a person has been asked many private questions: If they ate pork, how often they pray, etc. The conditions of detention (two cells in the basement) do not allow for a separation along different genders.

The french police also chases those away from the places of border controls who observe their practices.

18th December

Reports of violence inside the police container on the french side: tear gas had been sprayed into the cell.

20th December

Several people get pushed back to Italy who have been detained at a highway station some kilometres into France. They had been brought first to a police station in Nice where they had to sleep on the floor with no heating and an open window. In the morning they were brought to the border police in Menton and were pushed back to Italy one and a half days after their arrest (also without any documentation of their arrest).

30th December

A person who is released from the italian police station after having been pushed back there has spent almost 24 hours in the french police station just before.

7rd January

The year starts with a violent externalisation of the border to the beach of Ventimiglia: police and military walk along the beach and harrass the people who have no other place to rest, no roof or private house, sitting on the beach. They control and search the belongings and pockets of people forcing them to display the few objects they have in front of them. The part of the beach of Ventimiglia next to the river is one of the last spaces where people who have no other place to stay do not hide from view in the urban environment when they want to take a rest. But apparently the beach is not for everyone.

12th January

The body of a drowned young person on the move is found in the sea at the border.

17th January

The statistics of pushbacks on the french-italian border between Menton and Ventimiglia are published by the authorities for 2024: 15.000 pushback in Menton. In 2023 it was 38.000. Sadly these numbers do not mean that more people make it across the border without violent police contact but that less people are capable to try for it. Fortress Europe reinforces its outer walls while every year more and more people have to flee from where they are in order to save their lifes.

Commemor’action: le frontiere uccidono

onoriamo le persone morte, lottiamo con le persone vive

Riceviamo e pubblichiamo il testo del comunicato letto a Ventimiglia il 6 febbrio 2025 in occasione della mobilitazione per la chiamata internazionale Commemor’Action, presso il memoriale per le persone uccise dal confine. A seguire, testo in francese. Per ulteriori informaioni sulla Commemor’Action: pag 51 del report Resistere al Confine e in questo articolo.

Il 6 febbraio 2025, a Ponte San Ludovico, tra la Francia e l’Italia, ci siamo ritrovatə per prenderci cura del memoriale dedicato alle persone vittime della frontiera, delle politiche migratorie europee e del razzismo sul nostro territorio. Abbiamo inserito questo momento nell’ambito del movimento internazionale Commemor’action, nato dall’impegno dei familiari delle persone scomparse o decedute in migrazione, per riunirsi nel lutto ma anche per rivendicare giustizia e libertà di circolazione.

Insieme, abbiamo reso omaggio alle persone che hanno perso la vita a causa della violenza della frontiera che attraversa il nostro territorio.

Da 10 anni, questa frontiera è chiusa alle persone che non hanno i giusti documenti. Da 10 anni, pratiche illegali e razziste si svolgono quotidianamente.

Questo confine ha già ucciso in passato. Tuttavia, i decessi sono aumentati drammaticamente a causa dell’intensificazione dei rischi nel tentativo di attraversarla e del deterioramento delle condizioni di vita delle persone ostacolate dalle politiche migratorie europee.

Infatti, la violenza del confine non risiede solo nei sistemi di controllo lungo il suo tracciato geografico, ma anche nel modo in cui vengono trattate le persone in migrazione su tutto il territorio. Per questo motivo, abbiamo deciso di includere nel nostro lavoro di memoria non solo le persone decedute tentando di attraversare la frontiera, ma anche quelle che hanno perso la vita a causa di incidenti, conflitti o problemi di salute legati alle condizioni di vita indegne a cui sono state costrette.

Non dimentichiamo come questa terribile violenza si incarni nei luoghi di privazione della libertà. Quest’anno, la nostra commemorazione ha avuto l’onore di svolgersi alla presenza delle famiglie di Moussa Balde e Ousmane Sylla, entrambi deceduti nei centri di permanenza per il rimpatrio italiani.

Constatiamo che l’Europa si sta dirigendo verso un orizzonte pericoloso.

Constatiamo l’ingiustizia subita dalle persone in migrazione da decenni.

Constatiamo il disprezzo degli stati europei nei confronti delle famiglie delle vittime.

Ma vediamo anche la forza delle persone sopravvissute, la dignità delle famiglie, l’amore di coloro che le sostengono.

Vediamo la diversità e la molteplicità delle lotte.

Vediamo che siamo qui anche oggi e che non ci arrenderemo.

Il regime delle frontiere schiaccia la speranza. Non lasciamo né la vita né la morte nelle sue mani.

Appropriamoci della morte e mettiamoci dentro tutta la potenza della nostra tenerezza, per trovare insieme il coraggio di continuare a lottare con le persone vive.

Uniamo le nostre forze insieme a tutte le persone che lottano affinché le frontiere smettano di uccidere, mutilare, traumatizzare e far sparire esseri umani che esercitano la loro libertà di circolazione.

Uniamo i nostri pensieri insieme a tutte le persone che sostengono le famiglie delle vittime nella loro lotta per la verità, la giustizia e la riparazione.

Uniamo i nostri cuori insieme a tutte le persone che desiderano che le persone morte e disperse non cadano nell’oblio. Che siano riconosciute e onorate.

Abbiamo compilato un elenco dei decessi legati a questa frontiera tra Ventimiglia e Mentone. Ci sono 49 persone, tra le quali 28 hanno perso la vita nel tentative di passare il confine e 21 in altre circonstanze legate alle condizioni di vità sur territorio.

Questo elenco presenta lo stato attuale delle nostre conoscenze riguardo ai decessi legati alle conseguenze fisiche e psicologiche della chiusura del confine, delle politiche migratorie europee e del razzismo su questo territorio.

È stata realizzata incrociando informazioni provenienti da diverse fonti: abitanti, abitante, attivist’, persone in migrazione, lavoratori sociali, ricercatrici, stampa, municipalità, banche dati ufficiali…

Non avendo accesso alle fonti poliziesche e giudiziarie, non abbiamo sempre la certezza dei mezzi che hanno portato a stabilire i nomi. Supponiamo che provengano da dati che le persone hanno dovuto dichiarare alle autorità nel contesto del sistema di controllo delle frontiere, lo stesso che ha portato alla loro morte. Pertanto, nei casi in cui non ci sia una conferma da parte dei familiari, non consideriamo l’identificazione di queste persone con assoluta certezza. Tuttavia, pubblichiamo queste informazioni che possono essere un punto di partenza per ritrovare le famiglie.

D’altra parte, in questo memoriale non sono menzionate le numerose persone gravemente ferite, ma non dimentichiamo che le frontiere traumatizzano i corpi e le menti, oltre a uccidere.

Dobbiamo anche considerare che con molta probabilità non siamo a conoscenza di tutte le morti legate alla violenza di questo confine. Ma insieme, continueremo a lavorarci per iscrivere la loro esistenza nella nostra memoria.

Se desiderate maggiori informazioni o se ne avete, non esitate a contattare l’indirizzo email borderkills@riseup.net. Grazie.

Onoriamo le persone morte, lottiamo con le persone vive.


Article en langue française

Le 6 février 2025, à Pont Saint Ludovic entre la France et l’Italie, nous nous sommes retrouvé.es pour prendre soin du mémorial dédié aux personnes victimes de la frontière, des politiques migratoires européennes et du racisme sur notre territoire. Nous avons inscrit ce moment dans le cadre du mouvement international de Commemor’action né de l’engagement des proches de personnes disparues ou décédées en migration afin de se réunir dans le deuil mais aussi dans une revendication de justice et de liberté de circulation.

Ensemble, nous avons rendu hommage aux personnes qui ont perdu la vie à cause de la violence de la frontière qui traverse notre territoire.

Depuis 10 ans, cette frontière est fermée aux personnes qui n’ont pas les bons papiers. Depuis 10 ans, des pratiques illégales et racistes s’y jouent quotidiennement.

Cette frontière a tué avant. Mais les décès ont dramatiquement augmenté à cause de l’intensification des risques pour la traverser ainsi que de la dégradation des conditions de vie des personnes entravées par les politiques migratoires européennes.

En effet, la violence de la frontière ne tient pas seulement aux dispositifs de contrôles placés sur son tracé géographique mais aussi à la manière dont sont traitées les personnes en migration sur tout le territoire. C’est pourquoi nous avons décidé d’inclure dans notre travail de mémoire non seulement les personnes décédées en tentant de traverser mais aussi celles ayant perdu la vie à cause d’accidents, de conflits ou de problèmes de santé liés aux conditions de vie indignes auxquelles elles ont été contraintes.

N’oublions pas l’incarnation terrible de cette violence dans les lieux de privation de liberté. Cette année, notre commémoration a eu l’honneur de se tenir en présence des familles de Moussa Balde et d’Ousmane Sylla, qui ont tous les deux perdu la vie dans des centres de rétention en Italie.

Nous constatons que l’Europe se dirige vers un horizon dangereux.

Nous constatons l’injustice faite aux personnes migrantes depuis des décennies.

Nous constatons le mépris des états européens envers les familles des victimes.

Mais nous voyons également la force des personnes survivantes, la dignité des familles, l’amour de celles et ceux qui les soutiennent.

Nous voyons la diversité et la multiplicité des luttes.

Nous voyons que nous sommes là aujourd’hui et que nous ne nous rendrons pas.

Le régime des frontières écrase l’espoir. Ne laissons ni la vie ni la mort entre ses mains.

Saisissons nous de la mort et mettons-y toute la puissance de notre tendresse pour trouver ensemble le courage de continuer à lutter avec les personnes vivantes.

Unissons nos forces à toutes les personnes qui se battent pour que les frontières cessent de tuer, de mutiler, de traumatiser et de faire disparaître des êtres humains exerçant leur liberté de circulation.

Unissons nos pensées à toutes les personnes qui soutiennent les familles des victimes dans leur combat pour la vérité, la justice et la réparation.

Unissons nos cœurs à toutes les personnes qui désirent que les mort.es et les disparu.es ne tombent pas dans l’oubli. Qu’ils et elles soient reconnu.es et honoré.es.

Nous avons établi une liste des décès liés à cette frontière entre Vintimille et Menton. S’y trouvent 49 personnes, parmi lesquelles 28 ont perdu la vie en tentant de passer la frontière e 21 à cause des conditions de vie sur le territoire.

Cette liste présente l’état actuel de nos connaissances concernant les décès liés aux conséquences physiques et psychiques de la fermeture de la frontière, des politiques migratoires européennes et du racisme sur ce territoire.

Elle a été réalisée par le recoupement d’informations provenant de diverses sources : des habitant.es, des activistes, des personnes en migration, des travailleurs et travailleuses sociales, des chercheureuses, des journaux locaux, des municipalités, des bases de données officielles…

N’ayant pas accès aux sources policières et judiciaires, nous ne savons pas toujours par quels moyens certains noms ont été établis. Nous supposons qu’ils viennent de données que les personnes ont dû déclarer aux autorités dans le cadre du dispositif de contrôle des frontières, celui-là même qui a mené à leur décès. Ainsi, tant qu’il n’y a pas eu de confirmation par des proches, nous ne considérons pas que les personnes sont identifiées avec certitude. Cependant, nous publions ces informations qui peuvent être un point de départ pour retrouver les familles.

D’autre part, n’y sont pas mentionnées les nombreuses personnes gravement blessées mais nous n’oublions pas que les frontières traumatisent les corps et les esprits, en plus de tuer.

Il faut également considérer que nous ne sommes certainement pas au courant de toutes les morts liées à la violence de cette frontière. Mais ensemble, nous continuerons d’y travailler pour inscrire leur existence dans nos mémoires.

Honorons les mort.es, luttons avec les vivant.es

Per Moussa e Ousmane, contro tutti i CPR

Moussa Balde, 22 anni, nasce nel 1998 in Guinea. Nel maggio 2021 muore in isolamento nel centro per rimpatri di Torino. Due settimane prima aveva subito un linciaggio ad opera di tre uomini italiani nelle strade di Ventimiglia, ricevendo in cambio un decreto di espulsione dall’Italia.

Ousmane Sylla, 21 anni, nasce nel 2002 in Guinea, nel 2024 muore rinchiuso nel centro per rimpatri di Roma. Due mesi prima aveva denunciato maltrattamenti e violenze nella casa famiglia presso cui era in accoglienza a Cassino, ricevendo in risposta un decreto di espulsione dall’Italia.

Ormai in tantx conoscono la storia dei due ragazzi guineani. Ma ripercorrere i loro ultimi mesi di vita in Italia ci aiuta a capire meglio dove siano collocate le colpe di queste due morti e dove indirizzare una lotta che chieda non solo verità e Giustizia per loro (non la giustizia dello stato che ha buttato Moussa in isolamento anzichè proteggerlo come testimone del suo stesso pestaggio. O quella che ha portato Ousmane dritto in un cpr anziché offrirgli sostegno per aver denunciato abusi e corruzione nel sistema dell’accoglienza) ma soprattutto che promuova lo smantellamento e la distruzione di tutti i CPR con ogni mezzo possibile e necessario. Da dentro, da fuori, da ovunque si riescano ad attaccare questi lagher.

La riapertura delle frontiere, la fine delle politiche criminali con cui la “fortezza europa” gestisce i confini e porta la gente a morire continuamente, non devono essere considerate utopie. Ma battaglie concrete che portino passo dopo passo a rimettere la solidarietà prima dello sfruttamento e le vite delle persone sopra al denaro. Chiedere il conto di queste morti, indicarne i responsabili e attaccare i dispositivi di annientamento di altri esseri umani è un percorso reale che possiamo e dobbiamo portare avanti.

Per queste ragioni le famiglie Sylla e Balde sono arrivate a Roma a inizio febbraio. La sorella e il fratello di Ousmane e la madre, il fratello e la sorella di Moussa sono qui per ripetere che non si arrenderanno ai soprusi che gli hanno ammazzato i figli. Con grande forza e determinazione hanno deciso non solo di venire a seguire nei tribunali i percorsi giuridici legati alla morte dei loro parenti, ma anche di assumersi un intenso viaggio che toccherà più città attraverso l’Italia per incontrare chiunque voglia ascoltare la loro testimonianza e proseguire una lotta contro confini e cpr.

Quando Moussa perse la vita a Torino, Thierno Balde, già in Italia per il processo contro i tre miserabili che hanno massacrato suo fratello in mezzo alla strada a Ventimiglia, disse: sono qui perchè non debba mai più succedere a nessuno quello che è successo a Moussa.

E invece è successo di nuovo.

Dobbiamo unire ancora più voci e ancora più mani per sostenere le voci e le mani di chi paga questo sistema sulla propria pelle.

Mettere in gioco i nostri privilegi e sfidare il progressivo aumento di leggi e decreti che colpiscono chiunque combatta le ingiustizie, le frontiere, le carceri, i centri di espulsione per migranti è una scelta che non può essere rimandata.

Ousmane e Moussa non sono dati virtuali nella narrazione mediatica. Sono corpi reali finiti in una bara e sogni annichiliti a vent’anni che lasciano affetti straziati e vite interrotte. Sono cappi alle sbarre per uscire da una prigionia di cui non vedevano la fine che interrogano le nostre coscienze.

Abbiamo già fatto tanto, tutte e tutti assieme, unendo gli sforzi e le energie per permettere alle famiglie di affrontare le spese dei visti, del viaggio tra Guinea e Senegal dove si trova l’ambasciata italiana, della permanenza a Dakar in attesa della partenza, dei voli per arrivare in Italia e tornare a Conakry, i costi di vitto e alloggio per l’intero mese di permanenza in Italia e tutte le spese di spostamento tra le tante città e realtà pronte ad accoglierle.

Ma la sfida non finisce sostenendo questo importante viaggio e ascoltando le parole dei familiari di Ousmane e Moussa.

Piuttosto, da qui si deve ricominciare. Dalla minaccia del nuovo decreto “sicurezza” in attesa di approvazione, dalla promessa di aprire un cpr in ogni regione (nella regione da cui scriviamo, a un’ora di distanza da Ventimiglia sono iniziati lavori di ristrutturazione nell’ex caserma Camandone di Diano Castello, dove si minaccia da un anno l’apertura di un cpr), dall’ostinazione di portare avanti centri di reclusione e tortura in territori extraeuroopei, dall’ennesimo ragazzo trovato morto a gennaio alla frontiera di Ventimiglia, caduto in mare mentre cercava di passare il confine dagli scogli dei Balzi Rossi.

Allungate voi che leggete la lista di ciò che non si può ulteriormente sopportare:

c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Ci vediamo al tribunale di Torino il 12 Febbraio ore 9 per l’inizio del processo per omicidio colposo contro ex medico ed ex direttrice del cpr torinese, dipendenti privati dell’azienda multinazionale francese Gepsa.

Non confondiamoci: i colpevoli sono tanti, tanti di più.

Ma quelli che rappresentano lo stato sono abili a non rendere mai conto del sangue sulle loro mani.

Una seconda indagine parallela a quella per l’omicidio colposo di Moussa Balde, scaturite entrambe in seguito alla sua morte, ha infatti portato a un’accusa per sequestro di persona contro il personale del cpr ma soprattutto contro poliziotti e dirigenti dell’ufficio immigrazione di Torino, responsabili della vigilanza nel centro di espulsione. Il reato contestato era l’uso continuativo della sezione di isolamento denominata “ospedaletto”, in cui è morto Moussa e altri prima di lui, per aver segregato in quelle gabbie 14 persone per la durata di settimane e mesi nel biennio 2020/2021.

A Novembre 2024, la giudice ha deciso per l’archiviazione di tutte le accuse.

Non perchè effettivamente questi personaggi non abbiano commesso illeciti e abusi, infierendo sui corpi e sulla salute mentale di persone che già si trovavano recluse solo per non avere i giusti documenti. Ma perchè

uno: siccome nel cpr di Torino si era sempre fatto così anche negli anni precedenti, gli imputati in questione non potevano sapere, secondo il tribunale, che stavano compiendo un sequestro di persona.

due: siccome un cpr è terra di nessuno senza leggi o regolamenti (a differenza del carcere), a livello giuridico non si può neanche dire che lì dentro si stessero effettivamente violando delle norme, visto che la detenzione amministrativa è un non luogo dove palesemente tutto è permesso.

Non importa cosa dicono i tribunali: sappiamo benissimo che le morti di Moussa e Ousmane sono due omicidi di stato, visto che prima di morire sono passati tra accoglienze e ospedali, prefetture e questure, polizie e vigilanti, magistrati che hanno firmato decreti di espulsione e medici che ne hanno firmato l’idoneità alla reclusione.

L’appuntamento al tribunale di Torino il 12 è solo uno dei tanti passi che ci aspettano nel cammino di questa lotta: teniamoci aggiornatx. Teniamoci prontx.