Non importa quale sia la situazione, non arrenderti

Non arrenderti. Un messaggio e un disegno raccontano il dispositivo stritolante del confine, invitando alla resistenza. Pubblichiamo la testimonianza che una delle persone in viaggio ha lasciato presso la postazione del collettivo Kesha Niya.

Il collettivo Kesha Niya è attivo alla frontiera di Ventimiglia dalla primavera del 2017 dove fornisce quotidianamente cibo e sostegno alle persone migranti che tentano di attraversarla. A questo link potete leggere l’ultima traduzione del loro report mensile.

“Se non si riesce a pianificare, si pianifica il fallimento. Nella vita non si trova tutto quello che si merita. Ci sono molti tipi di persone in questa vita. Alcune ti insegneranno. Alcune ti distruggeranno.
È molto difficile trovare dei veri amici che ti amino e si fidino di te. Non dipendere mai da nessuno. Mai amare troppo e mai fidarsi troppo.

In questo universo alcuni paesi predicano l’amore ma non lo praticano. Io rispetto l’America, l’Europa – non hanno amore per i neri.
Tenere qualcuno nel tuo paese per un numero indefinito di anni senza documenti è frustrante.
Alcuni dei miei amici sono morti per mancanza di documenti. Perdono la concentrazione. La cosa migliore che si può fare per i meno privilegiati: fare. E lasciare il resto a Dio.
Amo gli italiani – solo che vedono l’immigrato come un animale. Nell’altro mondo prego di non essere testimone degli italiani.

Sono davvero triste mentre scrivo questo dopo che mi hanno dato 2 negativi [sulla richiesta d’asilo]. Mi chiedono di lasciare il loro paese, il che non è buono. Mi sento frustrato mentre scrivo queste cose.

Non importa quale sia la situazione, non arrenderti.”  19 gennaio 2021.

Questa è una storia che qualcuno ha deciso di condividere con noi in un libro che abbiamo iniziato a tenere alla frontiera. Le persone lasciano messaggi in inglese, francese, arabo,… Altre hanno lasciato immagini che hanno disegnato.

Le ultime settimane sono state in molti modi piene di storie e di piccoli cambiamenti.

È bello stare insieme nel nostro posto di lavoro, nonostante il lungo e duro viaggio che la gente non ha mai scelto di fare. Sappiamo che tuttə attraversano questa frontiera, ci possono volere 5, 6, 7 volte o più, a seconda della strada che riescono a scegliere, ma alla fine continuano il loro cammino verso il paese dove vogliono vivere, dove vogliono ottenere documenti e stabilirsi.

Le lotte continuano: essere Dublinati (soggetti al Regolamento di Dublino ndt), spesso in Italia, in Grecia o in un paese balcanico, permette all’Europa di dire loro dove devono e non devono stare. E senza supporto legale è un’altra giungla, quella della burocrazia e della perdita delle possibilità che hanno, in un determinato lasso di tempo, per reagire sulle procedure dei documenti e fare ricorso su una decisione.

Non importa dove ti trovi: non c’è bisogno di essere alla frontiera per essere coinvoltə. In tutti i paesi europei, gruppi auto-organizzati sostengono le persone con consulenza legale e le accompagnano agli appuntamenti, per colmare principalmente il vuoto di una lingua mancante e per essere lì nel caso in cui qualcuno si perda. Per assicurarsi che i diritti delle persone siano garantiti, non ignorati o spiegati in modo non corretto, come sappiamo succede facilmente. Siamo sicurə che voi che leggete questo testo siate in un modo o nell’altro già attivi o stiate progettando di farlo, in qualsiasi modo.

Mandiamo un po’ d’amore a voi, a tuttə quellə che abbiamo incontrato qui nel loro viaggio, a tuttə quellə che arriveranno ancora. Siamo noi a creare le condizioni di vita in paesi sfruttati e politicamente condizionati, in queste condizioni altre persone trovano spesso la ragione per partire – e siamo noi a creare le condizioni di vita e la solidarietà che tuttə trovano qui.

– Ciao da Kesha Niyas!
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La frontiera non va in vacanza

Aria di vacanza. Venerdì 26 luglio, mentre per le strade, sui social, nelle case del Bel Paese è un gran parlare dell’eclissi totale di Luna più lunga e visibile del XXI secolo, tra i solidali presenti e attivi nella zona di confine di Ventimiglia gira la voce che domenica 29 la polizia italiana abbia intenzione di far partire un pullman di deportazione dei migranti verso gli hotspot del Sud Italia.

“Strano, molto, un pullman di domenica…perché?” Si chiedono alcune solidali. Non è quasi mai successo, le deportazioni di solito vengono fatte in settimana prima del weekend, quando la cittadina di frontiera si riempie di turisti per il mercato e per la vacanza.

Sabato. Qualcun* viene a sapere da compagni francesi che l’indomani a Mentone si terrà un’iniziativa congiunta del Movimento Giovani Padani (i giovani della Lega) e di Génération Nation Provence-Alpes- Cotes d’Azur (i giovani del Front National). Programma fitto per la mattinata di domenica: conferenza stampa, volantinaggio e striscione in frontiera bassa contro l’immigrazione. Iniziativa non molto pubblicizzata, all’apparenza più una questione di diplomazia tra i due partiti politici che un’iniziativa con qualche impatto concreto. Ad un certo punto, c’è chi si interroga sull’ipotesi di un collegamento tra l’iniziativa dei razzisti in colletto bianco e il pullman di deportazione…

Sabato 28 sera nel piazzale davanti al cimitero di Ventimiglia, accanto al fiume Roya, dove nascosti tra gli sterpi e i canneti ora dormono le persone migranti che non vogliono andare al campo della Croce Rossa, c’è la quotidiana distribuzione di cibo ad opera del gruppo Kesha Niya. Camminando verso il piazzale incontriamo diversi ragazzi, zaino in spalla, scarpe ben allacciate, sguardo determinato. Sono in partenza, vogliono superare quel confine che vale solo per chi ha la pelle nera ed è nato in un posto dove il diritto a viaggiare, ad andare a vivere in un altro paese, all’aspirazione a condizioni di vita dignitose è negato. Molti di loro, probabilmente, finiranno nel computo dei deportati dell’indomani. Dopo giorni passati al caldo e nel disprezzo di una città inospitale, dopo il cammino notturno, il pericolo, la speranza carica d’ansia di farcela: troveranno poliziotti che parlano in lingue sconosciute,  insultano, urlano, frugano il tuo corpo, senza diritto a una doccia, senza un bicchiere d’acqua o qualcosa da mangiare, sbattuti su un pullman che li porterà, dopo 13 ore di viaggio, ancora una volta al punto di partenza: un hotspot del sud Italia.

Domenica ore 8.30. Frontiera Alta, Ponte San Luigi. Si intravede un blindato, parecchia polizia davanti agli uffici di frontiera italiani, l’ipotesi di un pullman si fa sempre più concreta. Eccolo apparire dopo poco: Riviera Trasporti non si smentisce. Due autisti impassibili di fronte alla mansione lavorativa che li attende appaiono di buon umore, perfettamente a loro agio tra i poliziotti. Parcheggiano il mezzo e cominciano a lavare i finestrini. Nel mentre un gruppo di una quindicina di ragazzi migranti viene consegnato dalla polizia francese alla polizia italiana. Dalla finestra aperta dell’ufficio di frontiera si vedono i guanti bianchi indossati da un poliziotto.  Serviranno per l’ennesima perquisizione a cui i ragazzi migranti verranno sottoposti. L’aria è ferma, il cielo terso e il mare luccica. La frontiera alta guarda a picco sulla spiaggia dei Balzi Rossi, sulla frontiera bassa e sul primo tratto della spiaggia di Menton Garavan. Il panorama è di una bellezza incredibile. Qualcuno disse: “La bellezza salverà il mondo”. Decisamente non è così, la bellezza non salva il mondo.

Passano macchine costose alla frontiera, arrivano dalla Francia, vanno verso l’Italia. Le solidali che  osservano quanto avviene alla frontiera vengono identificate. Solito tentativo da parte dei poliziotti di impedire la documentazione. Di fronte alla dimostrata conoscenza dei propri diritti, il poliziotto cambia strategia: “ Tanto pour parler… ma voi che fate qui… siete parte di qualche gruppo?” “ Del pour parler con lei sinceramente non ne abbiamo nessuna voglia” gli viene risposto. Offeso, il poliziotto replica: “ allora godetevi lo spettacolo” e si allontana di qualche passo, guardando i suoi colleghi e sottoposti.

Nel frattempo sopraggiunge un secondo pullman della Riviera Trasporti. “Due pullman, quanta gente hanno intenzione di fermare e deportare?” Vengono avvertiti i solidali presenti in città, si divideranno in coppie per avvisare le persone migranti del pericolo di essere fermate e deportate.

Un ragazzino sale le scalette dell’ufficio di frontiera, fa pochi passi e appoggia i gomiti al parapetto della  frontiera alta. Maglietta attillata bianca. Sopracciglia molto scure, occhi stanchi. Dalle scarpe si capisce che ha camminato molto, in luoghi polverosi. E’ Amer, 19 anni, curdo irakeno, non parla lingue europee e nemmeno l’arabo. Prende dell’acqua da bere, accetta un passaggio fino a Ventimiglia e qualche albicocca. E’ stato graziato dalla deportazione perché ha un foglio di respingimento datato 26 luglio. Quel foglio dice che Amer ha una settimana per lasciare Ventimiglia, quel foglio per ora lo salva dalla deportazione. Al telefono, in inglese, il cugino spiega che Amer deve raggiungerlo in Inghilterra . Appare molto sorpreso della situazione che gli viene descritta sulla  frontiera franco italiana. Chiede se è possibile aiutare il cugino, piccolo e spaesato (uno shibli – leoncino – lo chiamerebbero i sudanesi che così chiamano tutti i ragazzini ancora inesperti della durezza della vita) a comprare una scheda telefonica con internet e indicargli un posto dove cambiare dei soldi. Si cerca di dare qualche riferimento utile ad Amer, lui ringrazia, sorride e con lo sguardo giovane e stanco riprende la sua strada. E’ possibile che nei prossimi giorni ci si vedrà per le strade calde e tese di questa cittadina italiana così carica di violenza.

Qualche solidale è rimasto in frontiera alta a monitorare la situazione. Alla fine viene riempito per metà uno solo dei due pullman presenti. La polizia italiana e francese appaiono collaborative. Rimane il dubbio sul senso di questa operazione. In questo momento gli arrivi in città sono dimezzati rispetto alla scorsa estate, per non parlare rispetto alle estati del 2016 e 2015. I campi di detenzione in Libia, le operazioni assassine della guardia costiera libica (che ora opera usando le motovedette italiane) , la chiusura dei porti alle navi delle ONG voluta dal Ministro dell’Interno italiano danno i propri frutti. Meno gente in questo maledetto Paese, sempre più morti nel Mediterraneo, sempre più detenuti nei lager libici.

Mentone. Marché des Halles. Sole, caldo, la cittadina francese è tirata a lucido. Bianchi, ricchi, sfoggiano un certo stile di vita dimostrato dai prezzi degli articoli esposti nelle vetrine dei negozi. La piazza  del mercato è piena di gente, al suo interno produits gourmands, tutto molto francese, tutto molto di gusto. A stonare rispetto all’eleganza, un manipolo di sette/otto giovani leghisti, camicie bianche, fazzoletti verdi al collo. In maniera non troppo convinta danno qualche volantino riprendendosi in un video. Molte persone passano dritte, qualcuno lo prende distrattamente. I giovani leghisti d’altronde non  sembrano interessati a comunicare. I colleghi dell’organizzazione giovanile del Front National sono poco distanti sul lungo mare.

L’impressione è quella di chi deve timbrare il cartellino, in attesa che una serie di timbri produca una raccomandazione, una poltroncina in provincia, un qualche ruolo di micro potere. Di fatto però la Lega stringe i rapporti con il partito amico del Front National e stavolta può farlo dalla posizione di forza, essendo al governo del Paese. D’altra parte i suoi “giovani” militanti sono lo specchio della sostanza politica ed  etica del partito: forti con i deboli, deboli con i forti. Urlano, urlano ma di fronte ai  poteri forti europei chinano la testa e aspettano a bocca aperta, sotto il tavolo, di divorare gli avanzi sostanziosi del banchetto. Nel frattempo mettono mano al lavoro sporco, costruendo lungo i confini, con la violenza, le condizioni per una nuova fase di schiavitù razziale.

Sulla strada che da Ventimiglia porta alla frontiera alta, camminano sudati – fa davvero molto caldo-  due ragazzi probabilmente afghani. Sollevano lo sguardo quando la macchina si ferma, sorridono gentili. Li si avverte che sopra c’è tanta polizia e un pullman pronto per la deportazione. “Noi proviamo lo stesso, su per la montagna”. “ No ragazzi non ora, più tardi”. “Va bene, riposeremo all’ombra tra i cespugli finché la situazione non sarà più tranquilla. Grazie, grazie.” Sorridono, ripartono.

 

A cura di g.b

“L’accoglienza ai migranti è indegna”. Diffuso in Francia un rapporto ufficiale sulle pratiche della Polizia di frontiera a Mentone.

Il 5 giugno, il quotidiano Nice Matin (cosi’ come altri giornali francesi) ha pubblicato la notizia dell’avvenuta consegna, nelle mani del ministro degli interni Gérard Collomb, di un rapporto redatto dal Contrôleur général des lieux de détention et de privation de la liberté (controllore generale dei luoghi di detenzione e privazione della libertà). Questa autorità indipendente, creata nel 2007, si è recata a Mentone, per la seconda volta dal 2015, per osservare le pratiche di “accoglienza” ai migranti da parte del SPAFT, il servizio di polizia alle frontiere terrestri. I fatti constatati e le conclusioni del rapporto sono gravissimi: l’accoglienza ai migranti è “indegna”, per la violazione ricorrente e continua dei loro diritti, e per le condizioni materiali dei locali troppo piccoli, nei quali le persone fermate sono costrette a passare ore, nottate intere, nella quasi totale assenza di arredo. Inoltre, sono stati osservati direttamente atti di violenza e respingimenti illegali di minori … l’impunità è tale che, neanche sotto gli occhi di un organo di controllo, i poliziotti si preoccupano di modificare la loro condotta. I numeri forniti sono da capogiro: tra gennaio e agosto 2017, a questo posto di frontiera sono stati respinti 29 144 adulti e 10 434 minori non accompagnati. Di questi ultimi, nello stesso periodo, solo 27, lo 0,3 %, sono stati affidati ai servizi sociali competenti. Abbiamo sotto gli occhi un crimine palese e enorme: come ogni paese europeo, la Francia ha l’obbligo di garantire la presa in carico di ogni minore migrante reperito sul proprio territorio. Da anni militanti, attivisti e soggetti vari, attenti alle dinamiche di frontiera, denunciano queste violenze e soprusi. Nessuna presa di posizione. E neanche davanti ad un rapporto come questo il Ministero dell’interno ha proferito parola: sono da poco scaduti i termini per la presentazione delle osservazioni e non un fiato sulla vicenda. La direzione regionale della polizia delle Alpi Marittime ha risposto in termini burocratici elencando tutte quelle convenzioni e quei protocolli ai quali teoricamente si attiene, ma che nei fatti non rispetta, e difendendo a spada tratta la condotta dei poliziotti. Si è sentita anche qualche voce politica, come succede spesso, ideologicamente troppo schierata su posizioni reazionarie e razziste, per preoccuparsi di rispondere nel merito dei contenuti.

Questo rapporto, e le mancate reazioni che ne sono seguite, sono il ritratto della frontiera: un’ingiustizia perpetrata quotidianamente nell’indifferenza e nell’accettazione.

 

Sui poliziotti alla frontiera di Mentone piomba un rapporto … ed è severo.

http://www.nicematin.com/faits-de-societe/un-rapport-est-tombe-sur-les-policiers-aux-frontieres-de-menton-et-il-est-severe-235847

(link all’originale, da Nice Matin, edizione in linea, pubblicato il 05/06/2018)

A Mentone, l’accoglienza ai migranti da parte della polizia di frontiera è stata giudicata “indegna”.

La visita era imprevista. Quattro persone, dipendenti del controllore generale dei luoghi di privazione di libertà –un’autorità indipendente creata dalla Francia in 2007-, hanno voluto verificare, ad inizio settembre, come fossero prese in carico a Mentone le persone straniere fermate dal servizio della polizia alle frontiere terrestri. La conclusione è secca: controlli a bordo dei treni “au faciès”(leteralmente “alla faccia”, espressione per indicare la discriminatorietà di controlli polizieschi motivati da caratteristiche fisiche), pratiche di respingimento “consistenti nell’invitare dei minori non accompagnati e delle famiglie a riprendere un treno verso l’Italia senza che alcuna procedura sia attivata”, locali “troppo esigui” quando non sono considerati “indegni”, “tensione”, o anche “atto di violenza nei confronti di un giovane migrante” sotto gli occhi dei controllori.

L’accusa principale: i diritti dei migranti, secondo il rapporto, non sono rispettati. “In nessun momento , durante la loro missione, i controllori hanno visto dei poliziotti leggere alle persone le decisioni che li riguardavano o spiegargli nel dettaglio la portata di tali decisioni”.

Infine, “I controllori hanno constatato che dei minori non accompagnati fermati sul territorio (nazionale francese, n.d.r.) sono stati ricondotti in Italia, quando in nessun caso possono essere oggetto di misure di allontanamento”. L’integralità del rapporto si evince da una frase: “la presa in carico quotidiana delle perosne straniere si effettua in condizioni indegne et irrispetose nei confronti dei loro diritti”.

Il ministero degli interni, al quale era destinanto il rapporto, non ha fatto alcuna osservazione da quando lo ha ricevuto.

Eric Ciotti, deputato della prima circoscrizione delle Alpi-Marittime, ha denunciato “un rapporto non oggettivo e diffamatorio nei confronti dei poliziotti”.

Sul sito del Contrôleur général des lieux de privation de liberté è possibile scaricare il rapporto integrale (81 pagine):

http://www.cglpl.fr/2018/rapport-de-la-deuxieme-visite-des-services-de-la-police-aux-frontieres-de-menton-alpes-maritimes/