Aria di vacanza. Venerdì 26 luglio, mentre per le strade, sui social, nelle case del Bel Paese è un gran parlare dell’eclissi totale di Luna più lunga e visibile del XXI secolo, tra i solidali presenti e attivi nella zona di confine di Ventimiglia gira la voce che domenica 29 la polizia italiana abbia intenzione di far partire un pullman di deportazione dei migranti verso gli hotspot del Sud Italia.

“Strano, molto, un pullman di domenica…perché?” Si chiedono alcune solidali. Non è quasi mai successo, le deportazioni di solito vengono fatte in settimana prima del weekend, quando la cittadina di frontiera si riempie di turisti per il mercato e per la vacanza.

Sabato. Qualcun* viene a sapere da compagni francesi che l’indomani a Mentone si terrà un’iniziativa congiunta del Movimento Giovani Padani (i giovani della Lega) e di Génération Nation Provence-Alpes- Cotes d’Azur (i giovani del Front National). Programma fitto per la mattinata di domenica: conferenza stampa, volantinaggio e striscione in frontiera bassa contro l’immigrazione. Iniziativa non molto pubblicizzata, all’apparenza più una questione di diplomazia tra i due partiti politici che un’iniziativa con qualche impatto concreto. Ad un certo punto, c’è chi si interroga sull’ipotesi di un collegamento tra l’iniziativa dei razzisti in colletto bianco e il pullman di deportazione…

Sabato 28 sera nel piazzale davanti al cimitero di Ventimiglia, accanto al fiume Roya, dove nascosti tra gli sterpi e i canneti ora dormono le persone migranti che non vogliono andare al campo della Croce Rossa, c’è la quotidiana distribuzione di cibo ad opera del gruppo Kesha Niya. Camminando verso il piazzale incontriamo diversi ragazzi, zaino in spalla, scarpe ben allacciate, sguardo determinato. Sono in partenza, vogliono superare quel confine che vale solo per chi ha la pelle nera ed è nato in un posto dove il diritto a viaggiare, ad andare a vivere in un altro paese, all’aspirazione a condizioni di vita dignitose è negato. Molti di loro, probabilmente, finiranno nel computo dei deportati dell’indomani. Dopo giorni passati al caldo e nel disprezzo di una città inospitale, dopo il cammino notturno, il pericolo, la speranza carica d’ansia di farcela: troveranno poliziotti che parlano in lingue sconosciute,  insultano, urlano, frugano il tuo corpo, senza diritto a una doccia, senza un bicchiere d’acqua o qualcosa da mangiare, sbattuti su un pullman che li porterà, dopo 13 ore di viaggio, ancora una volta al punto di partenza: un hotspot del sud Italia.

Domenica ore 8.30. Frontiera Alta, Ponte San Luigi. Si intravede un blindato, parecchia polizia davanti agli uffici di frontiera italiani, l’ipotesi di un pullman si fa sempre più concreta. Eccolo apparire dopo poco: Riviera Trasporti non si smentisce. Due autisti impassibili di fronte alla mansione lavorativa che li attende appaiono di buon umore, perfettamente a loro agio tra i poliziotti. Parcheggiano il mezzo e cominciano a lavare i finestrini. Nel mentre un gruppo di una quindicina di ragazzi migranti viene consegnato dalla polizia francese alla polizia italiana. Dalla finestra aperta dell’ufficio di frontiera si vedono i guanti bianchi indossati da un poliziotto.  Serviranno per l’ennesima perquisizione a cui i ragazzi migranti verranno sottoposti. L’aria è ferma, il cielo terso e il mare luccica. La frontiera alta guarda a picco sulla spiaggia dei Balzi Rossi, sulla frontiera bassa e sul primo tratto della spiaggia di Menton Garavan. Il panorama è di una bellezza incredibile. Qualcuno disse: “La bellezza salverà il mondo”. Decisamente non è così, la bellezza non salva il mondo.

Passano macchine costose alla frontiera, arrivano dalla Francia, vanno verso l’Italia. Le solidali che  osservano quanto avviene alla frontiera vengono identificate. Solito tentativo da parte dei poliziotti di impedire la documentazione. Di fronte alla dimostrata conoscenza dei propri diritti, il poliziotto cambia strategia: “ Tanto pour parler… ma voi che fate qui… siete parte di qualche gruppo?” “ Del pour parler con lei sinceramente non ne abbiamo nessuna voglia” gli viene risposto. Offeso, il poliziotto replica: “ allora godetevi lo spettacolo” e si allontana di qualche passo, guardando i suoi colleghi e sottoposti.

Nel frattempo sopraggiunge un secondo pullman della Riviera Trasporti. “Due pullman, quanta gente hanno intenzione di fermare e deportare?” Vengono avvertiti i solidali presenti in città, si divideranno in coppie per avvisare le persone migranti del pericolo di essere fermate e deportate.

Un ragazzino sale le scalette dell’ufficio di frontiera, fa pochi passi e appoggia i gomiti al parapetto della  frontiera alta. Maglietta attillata bianca. Sopracciglia molto scure, occhi stanchi. Dalle scarpe si capisce che ha camminato molto, in luoghi polverosi. E’ Amer, 19 anni, curdo irakeno, non parla lingue europee e nemmeno l’arabo. Prende dell’acqua da bere, accetta un passaggio fino a Ventimiglia e qualche albicocca. E’ stato graziato dalla deportazione perché ha un foglio di respingimento datato 26 luglio. Quel foglio dice che Amer ha una settimana per lasciare Ventimiglia, quel foglio per ora lo salva dalla deportazione. Al telefono, in inglese, il cugino spiega che Amer deve raggiungerlo in Inghilterra . Appare molto sorpreso della situazione che gli viene descritta sulla  frontiera franco italiana. Chiede se è possibile aiutare il cugino, piccolo e spaesato (uno shibli – leoncino – lo chiamerebbero i sudanesi che così chiamano tutti i ragazzini ancora inesperti della durezza della vita) a comprare una scheda telefonica con internet e indicargli un posto dove cambiare dei soldi. Si cerca di dare qualche riferimento utile ad Amer, lui ringrazia, sorride e con lo sguardo giovane e stanco riprende la sua strada. E’ possibile che nei prossimi giorni ci si vedrà per le strade calde e tese di questa cittadina italiana così carica di violenza.

Qualche solidale è rimasto in frontiera alta a monitorare la situazione. Alla fine viene riempito per metà uno solo dei due pullman presenti. La polizia italiana e francese appaiono collaborative. Rimane il dubbio sul senso di questa operazione. In questo momento gli arrivi in città sono dimezzati rispetto alla scorsa estate, per non parlare rispetto alle estati del 2016 e 2015. I campi di detenzione in Libia, le operazioni assassine della guardia costiera libica (che ora opera usando le motovedette italiane) , la chiusura dei porti alle navi delle ONG voluta dal Ministro dell’Interno italiano danno i propri frutti. Meno gente in questo maledetto Paese, sempre più morti nel Mediterraneo, sempre più detenuti nei lager libici.

Mentone. Marché des Halles. Sole, caldo, la cittadina francese è tirata a lucido. Bianchi, ricchi, sfoggiano un certo stile di vita dimostrato dai prezzi degli articoli esposti nelle vetrine dei negozi. La piazza  del mercato è piena di gente, al suo interno produits gourmands, tutto molto francese, tutto molto di gusto. A stonare rispetto all’eleganza, un manipolo di sette/otto giovani leghisti, camicie bianche, fazzoletti verdi al collo. In maniera non troppo convinta danno qualche volantino riprendendosi in un video. Molte persone passano dritte, qualcuno lo prende distrattamente. I giovani leghisti d’altronde non  sembrano interessati a comunicare. I colleghi dell’organizzazione giovanile del Front National sono poco distanti sul lungo mare.

L’impressione è quella di chi deve timbrare il cartellino, in attesa che una serie di timbri produca una raccomandazione, una poltroncina in provincia, un qualche ruolo di micro potere. Di fatto però la Lega stringe i rapporti con il partito amico del Front National e stavolta può farlo dalla posizione di forza, essendo al governo del Paese. D’altra parte i suoi “giovani” militanti sono lo specchio della sostanza politica ed  etica del partito: forti con i deboli, deboli con i forti. Urlano, urlano ma di fronte ai  poteri forti europei chinano la testa e aspettano a bocca aperta, sotto il tavolo, di divorare gli avanzi sostanziosi del banchetto. Nel frattempo mettono mano al lavoro sporco, costruendo lungo i confini, con la violenza, le condizioni per una nuova fase di schiavitù razziale.

Sulla strada che da Ventimiglia porta alla frontiera alta, camminano sudati – fa davvero molto caldo-  due ragazzi probabilmente afghani. Sollevano lo sguardo quando la macchina si ferma, sorridono gentili. Li si avverte che sopra c’è tanta polizia e un pullman pronto per la deportazione. “Noi proviamo lo stesso, su per la montagna”. “ No ragazzi non ora, più tardi”. “Va bene, riposeremo all’ombra tra i cespugli finché la situazione non sarà più tranquilla. Grazie, grazie.” Sorridono, ripartono.

 

A cura di g.b