Ventimiglia. Lunedì 31 agosto

Tra il piazzale di Via Tenda  in cui tutte le sere viene fatta la distribuzione del cibo e la parte del  sottoponte, dove ancora si riunivano le persone migranti per scambiare due chiacchiere all’ombra e dove vi era la possibilità di trovare dell’acqua potabile, subito dopo la manifestazione del 14 luglio è stato costruito  un muretto; poi tra domenica 29 e lunedì 30 luglio sopra al muretto è stata eretta una spessa rete metallica. Ovviamente il committenteè  il Comune.

 

Muretto costruito subito dopo il corteo del 14/07, prima della costruzione della rete

 

Di fatto, l’accesso al sottoponte dal piazzale di fronte al cimitero è ora impedito ed è stato smantellato il tavolino su cui veniva lasciato il contenitore per l’acqua. Da Via Tenda l’unico accesso  rimasto  per raggiungere il sottoponte si trova  ad una cinquantina di metri dal passaggio a livello.

 

Punto del sottoponte con rifornimento di acqua potabile prima della costruzione della rete

 

Molte persone trovano riparo tra i canneti e la vegetazione che occupano parte del letto del fiume Roya: il sottoponte era lo spazio riparato che permetteva di raggiungere velocemente la strada.

 

Sottoponte il giorno prima della costruzione della rete

 

La chiusura con una rete metallica di un accesso all’area, proprio in corrispondenza del luogo in cui le persone migranti si riunivano per consumare il pasto serale e per dei momenti di socialità, oltre ad avere un significato altamente simbolico, ha delle pesanti conseguenze materiali.

 

Rete

Con questa azione il Comune ribadisce e rafforza la politica di invisibilizzazione delle persone migranti. O queste accettano di entrare nel campo della Croce Rossa, situato nel Parco Roya (a diversi km dalla città, per raggiungere il quale si è costretti a percorrere a piedi una strada molto pericolosa) accettando di fatto la segregazione dalla vita sociale del territorio, oppure sono costrette a nascondersi nella vegetazione che circonda il fiume avendo un unico punto di entrata e uscita, distante dai luoghi di accampamento.

Cosa accada alle persone costrette ad accamparsi nel letto del Roya evidentemente allo Stato italiano non interessa, l’importante è che la società legittima sia separata anche fisicamente dal mondo dei marginalizzati e degli esclusi. Invisibili, privati di ogni diritto, finanche del riconoscimento della loro umanità.

 

sottoponte, oggetti abbandonati

 

Pensare a quando tre anni fa le persone migranti occupavano i Balzi Rossi – la scogliera sotto la frontiera francese – per lottare per i propri diritti a spostarsi e a poter vivere liberamente in Europa, dando così inizio ad un’esperienza di lotta e di autogestione eccezionale e guardare a dove si è arrivati oggi, fa riflettere e molto sui passaggi politici avvenuti e in atto e sulle sconfitte subite dalle lotte. Questi tre anni sono stati un percorso fatto di tappe scandite da repressione, da sgomberi continui, dall’affinamento di dispositivi di controllo e disciplinamento. Un percorso di violenza materiale e simbolica inaudita da parte degli Stati e di poteri extrastatali.

Anche Ventimiglia oggi ha il suo “muro” interno , il suo “filo spinato”, la sua piccola “striscia di Gaza”.  I dispositivi di confinamento sono globali, sono la cifra del capitalismo neoliberale e globale odierno.

Il 14 luglio la manifestazione di quasi 10000 persone che ha attraversato la città intemelia si intitolava “Ventimiglia città aperta”. Un auspicio che appare lontano a realizzarsi.

Guardando altre esperienze nate nei campi profughi come in Siria del Nord, in Libano , nei ghetti coloniali nordamericani , nei  territori occupati palestinesi, viene in mente che forse è da dentro, stando in mezzo e vivendo insieme agli invisibilizzati, agli esclusi, ai nuovi colonizzati che possono nascere le esperienze più efficaci di resistenza. Lottando insieme e sfidando l’invisibilità a cui ci condannano, disarticolando il confine concretamente, e non semplicemente rovesciandolo simbolicamente.

Sta di fatto che dal vortice di inumanità che ci sta risucchiando, di cui la rete di Via Tenda è simbolo chiaro e terribile,  dobbiamo provare a venire fuori in qualche modo.

Prima proviamo a farlo e meglio è, il tempo non è “galantuomo”.

 

A cura di g.b..