Acqua potabile: un diritto negato

Partiamo da Genova con il treno delle 7.20. Nonostante il tempo piuttosto autunnale ci sono ancora donne e uomini che portano con borse e sacchi merce da vendere lungo la riviera di ponente. Noi abbiamo una busta con i farmaci che, con varie iniziative, sono stati recuperati da compagni genovesi.

Giunti alla stazione di XX miglia, notiamo l’assenza di forze dell’ordine e pochi migranti in attesa davanti al piazzale. Raggiungiamo il bar Hobbit di Delia, dove permane inalterata l’accoglienza. Anche il numero di persone presenti qui è stabile e, come sempre, ci sono numerosi cellulari in carica. Mentre prendiamo un caffè, si avvicina un ragazzo sudanese che abbiamo più volte incontrato nei mesi scorsi, parla bene la nostra lingua. Dapprima ha vissuto lungo il fiume, poi ha fatto diversi altri lavori adesso ci dice, a nostra domanda, che lavora per una non precisata organizzazione (il tono si fa meno sicuro) che si occupa di persone senza documenti. Chiediamo a lui com’è la situazione lungo il fiume, ci dice che le persone sono circa 200, che presso il campo della croce rossa i numeri sono analoghi e che le famiglie costrette in ambienti limitati dove i bambini non hanno spazio sufficiente stanno male, che preferiscono stare fuori.

Ci dirigiamo verso via tenda, il via vai dei migranti non sembra cambiato, incontriamo un piccolo stand di testimoni di geova che cercano di fare proseliti tra loro. L’info-point Eufemia originato dalla collaborazione tra diversi gruppi solidali, dove dovevamo prendere altri farmaci, è ancora chiuso.

Proseguiamo, sotto il ponte della ferrovia le arcate sono state chiuse con cartoni, per rendere più stabili e protette queste abitazioni di fortuna. Giovani migranti scendono lungo il fiume. La chiesa di San Antonio appare vuota e silenziosa. Proseguiamo per via tenda fino all’altezza del piazzale di fronte all’entrata del cimitero e raggiungiamo il fiume. Sotto il cavalcavia persiste apparentemente senza cambiamenti di numeri e di disagio l’accampamento con gruppi di persone sdraiate su giacigli di fortuna, cartoni o materassi. Chiediamo se hanno problemi di salute, informando loro che siamo medici e con l’aiuto di mediatori e traduttori improvvisati ma efficaci, prestiamo la nostra opera. Medichiamo alcuni traumi, piedi, ginocchia, gomiti. Ci sono persone con dermatiti, infestazioni da scabbia (purtroppo siamo ancora privi del farmaco), gastroenteriti con il tipico corredo di sintomi: nausea vomito, diarrea. Dopo brevi domande ci rendiamo conto che sono costretti ad utilizzare l’acqua del fiume oltre che per lavarsi anche per dissetarsi.

Passando sotto il cavalcavia verso il piazzale della chiesa incontriamo, informiamo dei pericoli e visitiamo numerose persone. Ci colpiscono in particolare un ragazzo sudanese che ci parla della durezza della vita in queste condizioni e ci ringrazia del nostro operato. Ogni tanto, mentre racconta del viaggio in mare, ripete che era finito il carburante con lo sguardo perso, parla anche delle difficoltà in Sudan, sembra a tratti delirare. Incontriamo poi una famiglia allargata di etiopi, 4 donne e 4 uomini, che preferiscono stare sul fiume invece che nel campo della croce rossa, per via della distanza dal centro della città, temono per le donne. Per comunicare con loro ci aiuta un ragazzo eritreo che parla inglese molto bene.

Raggiungiamo il piazzale di fronte alla chiesa dove incontriamo una piccola delegazione di persone di Genova. Anche con loro ci chiediamo che fare per il problema dell’accesso all’acqua potabile. Torniamo al punto di origine dei rubinetti sulla strada, che un solidale aveva messo in funzione dopo l’identificazione delle tubature. Purtroppo la ferocia acefala razzista non ha fine. Dopo aver chiuso la valvola principale la manopola è stata rotta per non permetterne più l’apertura.

In questo territorio, l’accesso all’acqua potabile, come ogni altro fattore che anche lievemente potrebbe renderlo più vivibile, viene ancora negato, contravvenendo alle leggi internazionali e nazionali sulla tutela della salute.

Raggiungiamo di nuovo l’info-point Eufemia e parliamo di nuovo della necessità di trovare insieme una soluzione. Raccogliamo alcuni farmaci e, dopo un breve pranzo da Delia, torniamo verso il fiume. Passiamo davanti alla chiesa e, quasi a sottolineare l’incongruenza della situazione, troviamo un contenitore in latta già vuoto di circa 30 litri di capienza assicurato ad 1 catena, come risposta alla mancanza di acqua potabile.

Nel piazzale davanti all’entrata del cimitero erano giunti per l’ora di pranzo alcuni abitanti della Val Roya, per portare cibo e abiti. Hanno portato dei tavoli e delle sedie di plastica per permettere a tutti di non mangiare seduti sull’asfalto. Intorno ai tavoli le persone discutono, giocano a domino, a carte e a dama. Chiediamo loro se hanno bisogno di medici, visitiamo e medichiamo alcune persone.

In altre zone più distanti ci sono insediamenti più strutturati, taluni abbandonati, o dove le persone non desiderano evidentemente il nostro aiuto.

Tornati al piazzale, vediamo che la polizia in divisa e in borghese ferma e identifica le persone francesi che escono con le auto.

Amelia Chiara Trombetta, Antonio Curotto

Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti e il rispetto dei diritti umani dei migranti

Genova 8 settembre 2017. Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti è alla Festa dell’Unità per un incontro pubblico, che non prevede domande da parte dell’audience.

L’intervista, condotta da Carlo Rognoni è iniziata con il resoconto del ritratto che di lei ha fatto il Giornale, chiosato poi dalla compiaciuta constatazione che questo non sia certo un giornale di sinistra. Svariati poi i temi toccati dal Ministro, dal rilancio della città tramite accordi tra Ministero della Difesa, Facoltà di Ingegneria navale e Fincantieri per la costruzioni di navi (militari, ma non è bello dirlo), al nuovo modello di difesa europeo, passando velocemente anche per la Libia e la questione dei migranti. A questo proposito il Ministro ha sottolineato il buon risultato prodotto dall’esecutivo, l’86% in meno di sbarchi a luglio, ed ha tenuto a precisare che la difesa dei diritti umani dei migranti è una priorità per il governo.

Grage

Per approfondimenti: 

L’inchiesta dell’Associated Press,  alcune delle testate che l’hanno ripresa o ne hanno condotto di simili

www.apnews.com/9e808574a4d04eb38fa8c688d110a23d

www.nytimes.com/2017/09/17/world/europe/italy-libya-migrant-crisis.html

www.reuters.com/article/us-europe-migrants-libya-italy-exclusive/exclusive-armed-group-stopping-migrant-boats-leaving-libya-idUSKCN1B11XC

www.businessinsider.com/ap-the-latest-italy-makes-deals-in-libya-to-halt-trafficking-2017-9?IR=T

www.apnews.com/9e808574a4d04eb38fa8c688d110a23d

www.dailystar.com.lb/News/Middle-East/2017/Aug-30/417673-backed-by-italy-libya-enlists-militias-to-stop-migrants.ashx

Le dichiarazioni della Farnesina in merito alla denuncia dell’AP. 

www.ansa.it/english/news/2017/08/30/italy-does-not-deal-with-libya-traffickers-foreign-min-2_a610d5d2-adb7-4883-9c27-5fdc3dbe9d12.html

www.ansa.it/english/news/politics/2017/08/30/italy-does-not-deal-with-traffickers-2_ec96fd82-9361-4daa-8199-feda46df9040.html

Aumento delle missioni militari

www.difesa.it/OperazioniMilitari/Pagine/RiepilogoMissioni.aspx

Luglio 2016. L’Italia è impegnata in 25 missioni militari. 

Ottobre 2017. Le missioni italiane sono aumentate del 52% salendo a 38 mentre  i paesi in cui siamo presenti militarmente solo saliti a 23.

Hotel a 5 stelle per i migranti

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I migranti negli hotel a 5 stelle e gli italiani per strada

Nelle foto, un classico esempio dei servizi extralusso ricevuti dalle persone migranti che raggiungono il confine a Ventimiglia. I migranti si accampano sul letto del fiume, esponendosi a diversi rischi, tra cui le conseguenze dei problemi idrogeologici che caratterizzano la Liguria (alluvioni, piene improvvise) e il contagio di malattie dovute all’acqua inquinata del Roja e alle pessime condizioni in cui “alloggiano”. Per leggere anche la testimonianza di un giovane migrante sudanese, clicca qui.

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fotografie: Francesca Ricciardi

 

migranti italia[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

La Tratta delle donne al confine di Ventimiglia – Trafficking e mafia

Come si è permesso al trafficking di creare la rete di sfruttamento a Ventimiglia.

La Tratta e la Mafia, la Tratta è Mafia.

Quello a cui stiamo assistendo oggi a Ventimiglia è il consolidamento della rete del trafficking dedito alla tratta e allo sfruttamento di donne che ha iniziato a ramificarsi, intrecciandosi con la mafia locale, nell’inverno del 2016.

Proveremo in questo articolo a fornire elementi d’osservazione e alcuni spunti utili a chi legge per comprendere come, quando si agisce sul contenimento e non sulla prevenzione, quando la repressione diventa strumento della governance per eliminare gli indesiderati, quando la percezione della sicurezza si fonda sulle “categorie” che lo Stato impone come reali ma da esso stesso costruite, si lascino volutamente spazi di azione alle mafie che inspiegabilmente agiscono indisturbate. Rosarno ne è un esempio: se ripercorriamo le tappe della prima denuncia(1) grazie alla quale uscì la prima inchiesta(2) e arriviamo all’ultima morte(3) sono passati circa 10 anni. Pare incredibile vero? Non così agli occhi di chi da tempo ha chiaro che che la “distrazione di massa” sia propedeutica alla logica del pensiero di Stato come già svelato dal sociologo algerino A. Sayad che definiva il “pensée d’Etat” come «una forma di pensiero che riflette, mediante le proprie strutture (mentali), le strutture dello stato, che così prendono corpo».

Ripercorrendo le tappe della prima denuncia di una possibile gestione del traffico delle donne transitanti per Ventimiglia, da parte di alcune solidali presenti da tempo sul territorio, emergono dati allarmanti risalenti all’inverno del 2016.

Ricordiamo che la “presenza” dei migranti a Ventimiglia è iniziata a rendersi “visibile” a seguito della sospensione da parte della Francia del Trattato di Schengen nel giugno del 2015. Da allora, fino alla primavera del 2016 i migranti, passando da presidi, sgomberi e autorganizzazioni sono riusciti a trovare spazi di autogestione dove avere il tempo per pensare in autonomia il proprio percorso migratorio. Dall’ultimo sgombero del campo informale nelle ex stalle del “parco ferroviario” (agosto 2016) all’istituzione del Campo della Croce Rossa (luglio 2016) le condizioni per i migranti e soprattutto le migranti in transito sono cambiate vorticosamente. L’impossibilità di avere uno spazio di agibilità sociale e politica, le continue deportazioni dalla città rivierasca agli hotspots del sud Italia(4) hanno costretto uomini e donne a rivolgersi ai trafficanti che, come alligatori, aspettavano sulla riva del fiume le loro prede. Questi continui spostamenti al sud hanno sfiancato i migranti, non solo da un punto di vista psicologico e fisico ma anche economico, portando molti di loro a terminare le economie messe da parte per gestirsi in autonomia il viaggio verso i paesi per loro considerati più sicuri o dove già avevano una rete famigliare e/o amicale in grado di sostenere il loro percorso migratorio. Questa vulnerabilità ha permesso al racket di avere molta più agibilità e forza nell’intercettare soprattutto donne alle quali “proporre” prestiti e viaggi da rimborsare attraverso la prostituzione e lo sfruttamento. Così il trafficking si è alimentato; le donne vendute, trafficate e sfruttate; gli uomini deportati al sud e i minori respinti in Italia dalla Francia.

Da un’osservazione degli snodi più significativi del territorio, iniziata nell’inverno del 2016 fino alla data di pubblicazione di questo articolo, si percepisce una connivenza molto stretta tra alcuni uomini stranieri e alcuni personaggi noti della malavita locale.

Davanti alla stazione i passeurs agiscono indisturbati agli occhi dei militari che presidiano la “zona sensibile” e lo stesso i trafficanti che gestiscono l’arrivo delle donne in stazione. Quest’ultimi rispettano una procedura metodica e quindi facilmente osservabile nella gestione del trafficking: prelevano le donne alla stazione, le portano prima in un bar dove attendono alcune ore, poi si allontanano per dirigersi in un kebab poco distante, scelto con dovizia perché dotato di una sala superiore con bagno al piano. I trafficanti tornano in stazione, recuperano altre donne e quando hanno raggiunto un gruppo di tre/quattro di loro le trasferiscono nell’altro esercizio commerciale. Salgono al piano superiore dove nel frattempo sopraggiunge una donna nigeriana adulta, quella che in gergo si direbbe una “madam“.

E’ difficile scrivere ciò a cui si assiste. Incomincia la contrattazione: la madam sceglie le ragazze e la consapevolezza che si legge nelle “prescelte” gela il sangue: pochi minuti e il loro destino è chiaro, la destinazione la scopriranno pochi giorni a seguire. La madam e il trafficante se ne vanno via per primi, poco dopo il gruppo di giovani donne incomincia ad incamminarsi verso il Parco Roja accompagnate da altri uomini. A metà strada si fermano ed incontrano uno degli italiani di cui sopra nei pressi di un’abitazione posta in una posizione strategica perché a metà strada tra la stazione, il campo Roja e la chiesa delle gianchette che fino al 14 agosto del 2017 ospitava donne, famiglie e minori. Le donne venivano indirizzate verso la chiesa come parte del “pacchetto tratta” dove staranno giusto il tempo perché la madam organizzi il viaggio per “inserirle” nel mercato dello sfruttamento sessuale, solitamente due o tre giorni. Nei giorni di attesa le donne di giorno uscivano per incontrare i trafficanti che, all’altezza della sbarra del passaggio a livello le attendevano con dei sacchetti contenenti degli abiti che dopo qualche ora le stesse donne, prima di rientrare in chiesa, gli riconsegnavano. Neanche da dire che le donne trascorrevano le ore pomeridiane nell’appartamento descritto precedentemente.

E’ abbastanza chiaro che una parte delle donne che raggiungono Ventimiglia sono gestite dal trafficking per essere “scelte” dalle madam per lo sfruttamento sessuale in Italia o in Francia; alcune di queste vengono già fatte prostituire in loco a prezzi molto bassi per i migranti in transito – motivo della posizione strategica tra il fiume e il parco, altre negli appartamenti per la prostituzione al chiuso. Chiacchierando con alcune donne incontrate alla stazione di Ventimiglia prima che i trafficanti le intercettassero si scopre che alcune di loro sono fuoriuscite dai Cas (Napoli, Bologna, Roma) dove il racket le sfruttava. Si sono quindi affidate ad altri uomini che tramite dei contatti via Facebook le hanno indirizzate a Ventimiglia sostenendo che poteva essere un luogo sicuro.

Parlare con loro in stazione e accompagnarle fisicamente nei pressi della Chiesa chiedendo ai volontari di prestare attenzione alla loro vulnerabilità ha permesso in alcuni casi di accompagnarle nella presa di consapevolezza circa il percorso di denuncia dello sfruttamento e della tratta(5). Il rischio che si corre in questi casi è molto alto. Non solo per la presenza dei trafficanti ai quali si sottrae la “merce” ma anche per la repressione che nel territorio di Ventimiglia i solidali “ricevono” dalle forze dell’ordine.

Nell’agosto del 2017 l’ospitalità presso la chiesa è stata sospesa: tutte le famiglie, i minori e le donne sono state trasferite nel Campo Roja a gestione della Croce Rossa Italiana. Lì le donne non hanno la possibilità di chiudere la zona a loro “dedicata”, ne consegue che trascorrono la notte sveglie per timore che loro stesse o le loro figlie possano subire violenze. Il livello di promiscuità e l’assenza di misure di tutela per le donne e i minori (maschi e femmine) sono talmente evidenti da risultare impossibile che un’amministrazione possa averla solo che pensata come soluzione preferibile alla presenza dei migranti a Ventimiglia(6) al pari di chiudere un rubinetto per l’acqua potabile costringendo i migranti ad “abbeverarsi al fiume” come bestiame(7) o come l’ordinanza emessa dal sindaco Ioculano che vietava la “somministrazione” di cibo ai migranti(8).

Va da se che da agosto ad oggi non si vedono più donne uscire dal Campo Roja per dirigersi nell’appartamento posto nel crocevia tra la chiesa, il Campo e la stazione. E’ plausibile ipotizzare che lo sfruttamento avvenga direttamente all’interno del campo. La denuncia di questo crimine – perchè questo sì che che è un crimine e non è una percezione – non sarà oggetto di nessuna “distrazione”. Continueremo a monitorare, denunciare e raccontare quello che lo stato vuole occultare.

Non c’è più nulla da dire ma solo da mostrare – annotava Benjamin sulla Parigi di Boudelaire – nella città in cui “si raccolgono tutte le fibre della storia europea” (Engels), emerge una massa infinita di oggetti, luoghi e figure sociali in cui si iscrive misteriosamente il percorso futuro della modernità“.

C.J.Barbis

(1) http://www.repubblica.it/cronaca/2010/01/08/news/rivolta_dei_diseredati_a_rosarno-1873836/?ref=search
(2) http://www.youreporter.it/video_Viaggio_a_Rosarno_RC_nell_inferno_degli_immigrati_1?refresh_ce-cp
http://www.ilsussidiario.net/News/Cinema-Televisione-e-Media/2016/2/2/ROSARNO-La-rivolta-degli-immigrati-sei-anni-dopo-tutto-come-prima-Le-Iene-oggi-2-febbraio-2016-/675645/
(3) https://www.internazionale.it/opinione/alessandro-leogrande/2017/03/08/braccianti-rignano-caporalato
(4) http://openmigration.org/analisi/il-giro-delloca-dei-trasferimenti-coatti-dal-nord-italia-a-taranto/
(5) http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/11/ventimiglia-la-prefettura-chiude-la-chiesa-simbolo-dellaccoglienza-prete-migliaia-di-migranti-ospitati-senza-soldi-pubblici/3789831/
(6) http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/20/ventimiglia-bimbi-stranieri-costretti-a-vivere-per-strada-oltre-alla-chiesa-per-loro-non-esiste-un-centro-daccoglienza/3667941/
(7) https://www.asgi.it/notizia/accoglienza-difficile-ventimiglia/
(8) http://www.sanremonews.it/2017/03/26/leggi-notizia/argomenti/politica-1/articolo/ventimiglia-divieto-di-cibo-ai-migranti-il-comitato-per-gli-immigrati-e-contro-ogni-forma-di-disc.html

foto in copertina: Piccoli Schiavi Invisibili

Violazioni del diritto alla salute al confine con la Francia

Considerazioni sulla situazione sanitaria al confine di Ventimiglia

a cura dei medici volontari dell’ambulatorio Città Aperta di Genova che da più di un anno prestano servizio sul campo

Da due anni alla frontiera con la Francia si trovano centinaia di persone bloccate per le ripetute decisioni dei governi degli Stati della UE che, di fatto, in quest’ambito, negano diritti e doveri sulla carta fondanti l’Unione Europea.

La salute delle persone in viaggio ivi giunte, è stata gravemente condizionata, oltre che dalla deprivazione di libertà di movimento e personale e dalla mancanza di autodeterminazione, anche dalle carenze igienico sanitarie nei luoghi di transito e di stazionamento in cui queste donne, questi bambini e questi uomini sono costretti.

Dal 2015 ad oggi, diversi sono gli insediamenti informali dove più o meno temporaneamente le persone stazionano prima di tentare di proseguire il proprio viaggio e dove, come medici volontari e solidali, abbiamo tentato, con scarsi mezzi di visitarle e di curarle. Spesso attraverso l’ascolto e l’attenzione e fornendo indicazioni semplici di igiene, come quella di non bere l’acqua del fiume.

Da un campo informale all’altro, durante questi due anni (2015/2017) si è passati attraverso sgomberi successivi, effettuati appunto con motivazioni igienico sanitarie, ma che, non prevedendo una soluzione radicale del problema, hanno comportato, invece, un’ulteriore precarizzazione delle condizioni di vita.

La maggior parte delle persone migranti hanno vissuto e vivono all’aperto su scogli, in ex stalle, sulle rive del fiume, in parcheggi, in assenza di accesso all’acqua potabile, servizi igienici, alimentazione sufficiente ed adeguata.

Le moltissime persone da noi visitate, donne e uomini di ogni età, avevano iniziato il loro viaggio in ottima salute, rappresentando spesso un investimento per le famiglie di origine. In prevalenza si è trattato di persone provenienti da Sudan e dall’Eritrea, ma anche persone di altre nazioni africane, afghani e siriani. Il passaggio attraverso paesi come il Sudan e la Libia aveva comportato praticamente per tutte e tutti carcerazione, violenza e tortura a scopo di estorsione, le cui conseguenze sulla salute fisica e psichica erano ancora evidenti al momento della nostra visita.

Il viaggio e la vita condotti in Italia, aveva determinato un ulteriore deterioramento dello stato di salute. Dopo una superficiale visita di controllo allo sbarco, nonostante l’esistenza teorica di diritti, nessuna tutela e continuità viene assicurata a potenziali richiedenti asilo che tentano di sopravvivere basandosi unicamente sulle proprie risorse.

Mancanza di informazioni, assenza di mediazione culturale, orientamento legale e socio-sanitario sono le cause determinanti dello stato di abbandono in cui versavano coloro che abbiamo visitato.

Nelle centinaia di visite eseguite tra le sponde del fiume, campi informali e la chiesa di Sant’ Antonio, dove siamo stati assai presenti, soprattutto nella fase di maggior affluenza, le malattie prevalenti sono state quelle dovute al disagio delle condizioni di vita. Epidemie di scabbia, malattie esantematiche, infezioni soprattutto delle alte vie respiratorie o delle vie urinarie, patologie gastrointestinali e traumi infatti sono le conseguenze più banali di questo accidentato percorso. Le patologie gravi che abbiamo potuto osservare, di più raro riscontro ma presenti, dato il numero di persone visitate, costituivano ovviamente un pericolo di vita, in tali situazioni.

Il nostro lavoro sarebbe stato impossibile senza l’esistenza e la resistenza di una rete di persone solidali a cui spesso ci siamo riferiti per il supporto al nostro lavoro.

Solidali, provenienti dall’Italia ma anche da altre nazioni, sono stati presenti da sempre su questo territorio. La condivisione del progetto politico per la libertà di movimento e l’autodeterminazione e della quotidianità del campo, è stata a nostro parere la risposta lucida di una parte consapevole della società civile e del variegato mondo dell’attivismo politico: essa ha contribuito a ridurre la condizione di abbandono e invisibilità in cui versavano le vite delle e dei migranti.

Purtroppo la repressione delle istituzioni ha gradualmente determinato una frammentazione tra i gruppi presenti sul territorio e l’allontanamento di molti solidali, fino alla consegna di numerosi fogli di via, ritenuti illegittimi a distanza di mesi.

E’ bene ricordare in questo periodo, in cui la memoria storica è spesso derisa ed umiliata, che questa  situazione, che sembra far ammalare chiunque viva da migrante su quel territorio, contravviene non solo ad istintivi sentimenti di umanità, uguaglianza e partecipazione sociale, ma a ben chiare legislazioni internazionali. La salute infatti è stata definita dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 1946, durante la Conferenza Internazionale della Sanità, come uno “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”.

E’considerata un diritto inalienabile dell’individuo, appartenente all’uomo in quanto tale, derivando dall’affermazione del più universale diritto alla vita e all’integrità fisica, di cui rappresenta una delle declinazioni principali. In linea con questa dichiarazione, le principali normative internazionali a tutela della salute come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo (1948) sanciscono questo come uno dei diritti fondamentali dell’individuo e delle collettività e la sua tutela uno dei doveri degli Stati.

E’inoltre da ricordare il Commento generale n. 14 del Comitato per i diritti economici sociali e culturali delle Nazioni Unite (2000), in cui vengono riconosciuti i concetti di disponibilità, accessibilità, accettabilità e qualità dei servizi per la salute e i concetti di determinanti sociali della salute.

I determinanti sociali della salute consistono in condizioni indispensabili perché la salute sia garantita: l’accesso all’acqua potabile sicura, a servizi igienici adeguati, la disponibilità di cibo e nutrimento sufficiente, la  sicurezza e la qualità dell’abitazione, la salubrità dell’ambiente di vita e di lavoro, l’accesso alle informazioni relative alla salute, il divieto di discriminazione.

L’articolo 35 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, sotto il titolo “Protezione della Salute” afferma che “ogni individuo ha diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche e che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche e attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”.

Infine, secondo la Carta Costituzionale Italiana (1948) il diritto alla salute è compreso nel nucleo irriducibile dei diritti della persona umana.  Il testo di riferimento generale rimane il Decreto Legislativo n. 286 del 1998, che in ambito sanitario sancisce l’inclusione ordinaria nel sistema di tutela sanitaria dei cittadini stranieri, presenti regolarmente o non regolarmente sul territorio nazionale (sentenze 252/2001, 299/2010).

La Corte Costituzionale ha affermato nel 2008 che lo straniero è “titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona” sentenza 248/2008.

Ancora dopo due anni centinaia di persone, si trovano nelle condizioni descritte e la situazione di Ventimiglia viene definita come emergenziale, mentre anche semplici interventi, quali potrebbero essere la fornitura di un accesso all’acqua potabile e servizi igienici, richiesti da singoli, associazioni, ONG, vengono rifiutati perché potrebbero costituire dei fattori che favoriscano la presenza di persone migranti sul territorio. Tale presenza, come già detto, è resa inevitabile, da due anni, a causa della chiusura della frontiera franco-italiana per i soli migranti. E’ oltremodo evidente come l’atteggiamento delle istituzioni, che utilizzano  spesso, per definire i propri atteggiamenti, parole proprie di una neo-lingua di orwelliana memoria come: decompressione, hotspot, decoro e degrado ecc, sia in contrasto con i concetti espressi dalla nostra Costituzione e dai quadri legislativi internazionali.

A Ventimiglia, per quanto sia a nostra conoscenza, a parte le ordinanze di sgombero sommario e di divieto di somministrazione di cibo in luoghi pubblici, non vi sono state proposte innovative da parte delle istituzioni. Le persone presenti sul territorio (abitanti e migranti, che continuiamo a considerare come un unico gruppo abitante un territorio ostile), si rendono conto della scarsità delle risposte istituzionali e questo provoca rabbia, frustrazione e la nascita di opposti schieramenti.

A nostro avviso, per rispondere al progressivo deterioramento, occorre superare l’aspetto emergenziale e proporre soluzioni coraggiose, dal breve al lungo termine. La scelta più difficile, sarebbe ovviamente quella del farsi fautori del diritto all’autodeterminazione e alla libera circolazione per tutti, in Europa.

Nell’immediato tuttavia, scelte almeno oculate delle istituzioni, avrebbero dovuto considerare a nostro parere l’ampliamento dell’offerta dei servizi pubblici nei territori di frontiera, soprattutto per tutto ciò che concerne il diritto alla salute delle persone presenti (migranti in transito, richiedenti asilo, locali) e delle attività e strutture per la prevenzione e protezione a prescindere dall’identificazione degli aventi bisogno:

– luoghi abitativi degni non gestiti in forma poliziesca, ma in accordo con i solidali, per non indurre il timore di abitarvi, l’isolamento e la frattura sociale. Abitazioni non poste a chilometri dal centro abitato e raggiungibili con strade non pericolose, dotate servizi igienici ed acqua calda, cibo a sufficienza per tutte le persone presenti.

– l’interruzione delle deportazioni sommarie e ingiustificate che a volte hanno anche separato famiglie (spesso i migranti temono di spostarsi di giorno nella città poiché sanno che possono essere deportati anche se in possesso della tessera del centro della Croce Rossa o se si spostano per raggiungere ospedali o fonti di acqua pubblica) e che inducono disagio anche psichico per la ripetizione infinita del viaggio verso Ventimiglia.

– Implementare i servizi offerti dal poli-ambulatorio di Ventimiglia o dal punto di primo intervento di Bordighera (già quasi smantellato dal 2011 e minacciato di privatizzazione, poiché tra la popolazione presente non vengono considerati le migliaia di persone che transitano sul territorio: a tal proposito è interessante leggere  le dichiarazioni di un medico a un giornale locale http://www.riviera24.it/2017/01/bordighera-ospedale-saint-charles-verso-la-privatizzazione-le-riflessioni-del-dottor-francesco-longo-245904/.

– Implementare i trasporti pubblici locali da Ventimiglia a Bordighera per evitare che gli spostamenti dei codici bianchi avvengano attraverso ambulanze quando non vi sono operatori che spontaneamente si offrono per l’accompagnamento.

Ventimiglia è probabilmente un punto di osservazione facilitato per valutare fenomeni esistenti a livello nazionale e soprattutto in territori dove poteri contrapposti e illegalità diffusa convivono e dove la mancanza di programmazione e la sperimentazione di risposte frammentarie e discontinue senza un obiettivo di lungo termine prevalgono.

Riteniamo sia giusto ampliare il più possibile la consapevolezza su ciò che accade nel nostro territorio, ritenendo che ciò aumenti la libertà di tutti, consentendo la possibilità di informarsi sulle lotte delle persone che lo attraversano, sostenerle e denunciare le violazioni dei diritti fondamentali.

Per i compagni, per le persone della socierà civile, per le nostre e i nostri colleghi medici, infermiere/i, psicologhe/i che abbiano voglia di uscire dai loro ambulatori e che condividano con noi l’idea che spesso l’accesso ai servizi sanitari è negato a chi ne ha più bisogno, siamo disponibili a spiegare più nello specifico le nostre esperienze e a condividere ciò che in questi anni abbiamo appreso da quel territorio.

 

Amelia Chiara Trombetta; Antonio Curotto

La marea razzista monta anche a Ventimiglia

Ventimiglia, la città dice “stop” a nuovi centri di accoglienza per migranti – da Riviera24

 Il 9/8/2017, il 12/8/2017 e  infine il 19/8/2017, a Ventimiglia, si sono svolte tre manifestazioni contro la presenza dei migranti.

 

Ecco una cronaca ragionata dei fatti.

9/8/2017 – Si è tenuta a Ventimiglia una manifestazione con circa 200 partecipanti contro l’apertura di un centro d’accoglienza per minori stranieri non accompagnati. I manifestanti marciavano per le vie della città di confine rivendicando il diritto di decidere in merito alla non apertura del centro perchè “esiste già il Parco Roja (centro gestito dalla Croce Rossa) come centro di accoglienza”.

Il Parco Roja è solo un nome per i molti cittadini che non l’hanno mai visto, essendo situato in un luogo isolato e lontano da ogni insediamento abitativo. Per chiarezza informativa, va detto che il centro della CRI è stato spostato più di un anno fa dal centro cittadino all’estrema periferia della città, seguendo un’ottica meramente securitaria e di controllo sociale. All’ingresso del campo del Parco Roja sono presenti camionette della Polizia; al suo interno, dentro container e tende forniti di brande, vengono alloggiati centinaia di migranti, uomini donne e bambini, che vi sostano con la speranza di riuscire ad oltrepassare il confine.

Riprendendo dalla manifestazione: in apertura vi era uno striscione con su scritto “L’accoglienza sia sostenibile! NO ad altri centri migranti in città”, con dietro un gruppetto di consapevoli manifestanti: otto bambini con un’età che andava dai 9 ai 13 anni. Una scena che mostra lo sdoganamento di un modello educativo razzista volto ad insegnare fin da bambini a non accogliere nemmeno i propri coetanei, giustificandosi dietro alla logora litania: “non sono razzista ma….”. La manifestazione è arrivata fin sotto al Comune dove i partecipanti al corteo hanno urlato slogan quali “Vergogna! Vergogna!” e “Fuori! Fuori”:  cori indirizzati al Sindaco Ioculano.

Continuava così la rappresentazione di piazza: con gli adulti a dare il la, i bambini in prima fila che li seguivano, accennando un sorriso divertito ma anche perplesso, guardandosi tra loro e intorno per cercare di capire la situazione. Passati pochi minuti, usciva il Sindaco del PD, Enrico Ioculano, scortato dalla digos ed applaudito dalla folla, affrettandosi ad affermare di essere contro l’apertura di nuovi centri d’accoglienza, precisando più volte come la sua posizione fosse già stata espressa ai giornali. Concludeva il comizio consigliando ai partecipanti di recarsi tutti insieme a parlare con la prefetta di Imperia, Silvana Tizzano, per ribadire la  posizione della “cittadinanza” intemelia. All’affermazione del sindaco di non aver nessun potere sulla decisione, la folla iniziava a scalpitare, rivendicando il fatto che il popolo debba decidere sull’accoglienza o sul rifiuto di persone che arrivano da altri continenti. Una posizione che esprime chiaramente come una certa accezione di popolo – e dunque di populismo – oggi, in un mondo dove le geografie politiche e sociali sono totalmente trasformate, non contengano più una carica di trasformazione sociale, bensì vengano usate in chiave reazionaria.

Il sindaco, con gesto che suggeriva autocommiserazione, concludeva allargando le braccia dichiarando che la gestione del problema dei migranti “è un casino”. La manifestazione finiva con esternazioni tipiche del razzismo di pancia,  inquietanti per chi rifiuta la discriminazione, l’intolleranza, la guerra tra poveri e la violenza sui più deboli.

 

12/8/2017 – Nuova protesta a Ventimiglia contro i migranti; circa 100 persone hanno manifestato davanti al Comune per richiedere l’allontanamento dei migranti dal centro città ed anche dal Parco Roja dove sorge il Centro della CRI. All’interno della manifestazione c’erano anche esponenti della Lega Nord e di Forza Nuova. Lo striscione di inizio del corteo recitava: “ I candelotti sul Roja non sono esplosi ma i ventimigliesi sì”, riferendosi all’ordigno inesploso trovato lungo il fiume di Ventimiglia qualche giorno prima della manifestazione. In questo corteo i partecipanti hanno minacciato nuove azioni contro i migranti nel caso non  venissero ascoltati dalle istituzioni.

19/8/2017 – Si svolge ancora un corteo a Ventimiglia, stavolta contro il degrado. Ma anche stavolta vengono chiamati in causa i migranti: il loro stazionare per medio e lungo tempo lungo le strade della città causerebbe una “pessima situazione igienico-sanitaria”. Il corteo arriva fin sotto al Comune chiedendo al Sindaco nuove ordinanze contro chi bivacca e consuma alcolici. Alcuni manifestanti urlano al Sindaco Ioculano di dimettersi ed inneggiano al ritorno del vecchio Sindaco appartenente a Forza Italia, Gaetano Scullino (curioso perchè durante il suo mandato il Ministro degli Interni aveva commissariato il comune di Ventimiglia per infiltrazioni mafiose, ma evidentemente questo elemento, per quei cittadini, non rientra nella categoria del “degrado”).

Dopo queste tre manifestazioni è stato girato un video dagli abitanti di Grimaldi Superiore, ultima frazione italiana prima del confine, per mostrare la spazzatura che i migranti lascerebbero quando passando dal paese per poter raggiungere la Francia.

“Tanto per chiarire subito questo video NON è contro gli immigrati” spiega un abitante di Grimaldi Superiore e continua dicendo che ci sono organizzazioni internazionali che contattano i migranti e, facendosi pagare, portano i migranti in Francia, la quale però spesso poi li rimanda in Italia; le persone che fanno parte di queste organizzazioni intimerebbero di lasciare tutti gli effetti personali e i vestiti per strada prima di raggiungere la frontiera. Per gli abitanti di Grimaldi la colpa non è quindi dei migranti in transito ma delle istituzioni che non ripuliscono l’aerea di transito. Colpisce però l’elaborazione di un discorso pubblico in cui manca qualsiasi riferimento alla dimensione politica della migrazione, introiettata e considerata come mero problema di ordine pubblico.

In questo panorama i presagi di linciaggi e il clima da caccia alle streghe si fanno sempre più palpabili: le vittime sacrificali sono i migranti e i solidali. I fatti di Ventimiglia confermano quanto si sta verificando sempre più spesso e sempre più diffusamente in giro per l’Italia. L’alleanza istituzionale tra le forze governative, trainate dal PD, e i movimenti di estrema destra, segnano l’affermazione e lo sdoganamento di pratiche, discorsi e ordini normativi di stampo fascista.

Stiamo assistendo al crescere del numero dei cittadini italiani che accettano, senza porsi domande né muovere dito, di far parte di un sistema sempre più razzista ed esclusivo. Una parte di cittadinanza scende in piazza reclamando l’esclusività dei propri diritti di cittadinanza contro chi migra nel tentativo di trovare e costruire spazi di libertà in questa Europa. I solidali e gli attivisti politici sono sempre più presi di mira da parte delle autorità con l’avallo dei cittadini catturati dalle retoriche  xenofobe e fasciste: su questo Ventimiglia è emblematica.  Una delle ultime uscite mediatiche del sindaco Ioculano è stata quella per cui nella città di frontiera “la vera sciagura non sono i migranti ma i No Borders”.

Ora che il movimento politico, identificato con il nome No borders, è stato disgregato, principalmente a causa delle misure repressive, e che in città restano gruppi di attivisti che praticano la solidarietà diretta ma non riescono ad organizzarsi  politicamente insieme ai migranti, le istituzioni hanno buon gioco a mettere definitivamente all’indice l’idea del conflitto e della rivendicazione politica  dell’uguaglianza, dei diritti di cittadinanza per tutti, della libertà di circolazione, della dignità di tutti e dei privilegi per nessuno. Il movimento No Borders, per oltre un anno, è stato capace di aprire, insieme alla frontiera, nuovi immaginari e  creare nuovi linguaggi, riuscendo anche a mobilitare e coinvolgere quella parte di cittadinanza che oggi, impaurita, resta in silenzio. Si è trattato di una parte di cittadinanza non esigua, che ha dato il suo contributo nell’accoglienza ai migranti durante questi due anni, con tanti progetti e tentativi di accoglienza dal basso. Tra tutti, va ricordato per importanza l’accoglienza offerta dai volontari nella Chiesa delle Gianchette. Per più di un anno donne, bambini, uomini sono stati accolti, curati, sfamati in un campo informale, dove la cittadinanza locale ha dato vita ad una forma di accoglienza popolare e inclusiva. Le istituzioni hanno ritenuto che tale forma di accoglienza non fosse adeguata probabilmente, pensiamo, perché sfuggiva alle maglie del controllo poliziesco, che con le sue quotidiane violenze viene esercitato sui migranti. Così, dopo mesi di trattative, il centro di accoglienza della Chiesa è stato chiuso, e tutte le persone migranti sono state inviate nel campo della Croce Rossa, lontano e isolato dalle zone abitate.

Parallelamente a questi fatti, è cominciata a montare la marea razzista di una Ventimiglia chiusa, impaurita e intollerante…

 

Manifestazione 9/8/2017

http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2017/08/09/ASMMvlmI-ventimiglia_minorenni_migranti.shtml

Manifestazione 12/8/2017

http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2017/08/12/ASAhQGqI-ventimiglia_candelotti_protesta.shtml

Manifestazione 19/8/2017

http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2017/08/19/ASzOv5xI-migranti_ventimiglia_centinaio.shtml

Ioculano e No borders

https://www.rivierapress.it/2017/08/29/ventimiglia-il-sindaco-ioculano-la-vera-sciagura-non-sono-i-migranti-ma-i-no-borders/

 

 

 

Cati; g.b