Tra CasaPound e Salvini, a Ventimiglia si sdoganano fascisti e razzisti

All’apice di una campagna elettorale interamente incentrata sull’immigrazione, alienarsi i consensi del crescente elettorato xenofobo italiano rappresenta un rischio che le autorità non hanno alcuna intenzione di correre. In quest’ottica, il discorso fascista ormai ampiamente sdoganato, viene protetto arrivando a vietare qualsiasi espressione di dissenso, che sia davanti a un gazebo di CasaPound o in occasione di un comizio elettorale di Salvini, all’indomani delle sue inaccettabili affermazioni rispetto ai fatti di Macerata.

 

Il 14 ottobre 2017 il partito fascista CasaPound ha installato un gazebo informativo a Ventimiglia per illustrare il proprio programma politico e parlare in termini razzisti e xenofobi del loro punto di vista riguardo l’immigrazione.

Un gruppo di donne e uomini europee ha cercato di avvicinarsi con strumenti musicali e striscioni. Sono stati trasferiti alla stazione di Polizia e tenuti in stato di fermo fino a 5 ore senza che fosse loro fornito né un interprete né la traduzione dei documenti che veniva loro chiesto di firmare.

Il 9 febbraio 2018 il Teatro Comunale della città di confine ha ricevuto la visita del candidato premier della Lega Nord Matteo Salvini. L’obiettivo della giornata era quello di presentare alla cittadinanza il programma leghista che il partito delle ruspe porterà alle elezioni in Marzo.

Alla domanda di un giornalista di Sanremonews su cosa farebbe lui a Ventimiglia, Salvini ha risposto: “Qui bisogna fare come i francesi!”  Questi si distinguono per violare numerose norme di diritto internazionale con respingimenti arbitrari da parte della polizia di frontiera e della gendarmeria, che non espletano le verifiche del caso per accertare lo status giuridico della persona respinta, come prevederebbe invece il trattato di Dublino. Rimandano quotidianamente in Italia i minorenni, anche non accompagnati, che tornano a stare in strada privi di qualsiasi tutela.

Non soddisfatto, il leader della Lega ha proseguito dicendo “tornerò a Ventimiglia da Presidente del Consiglio e posso garantirvi fin d’ora che non ci sarà più nessun clandestino. “Mentre all’interno del teatro ventimigliese c’erano circa 500 persone, fuori uno schieramento di poliziotti in borghese e antisommossa, unitamente ad agenti della digos, si premuravano di allontanare chiunque potesse sollevare contestazioni rispetto ad una campagna elettorale giocata sullo sdoganamento di una sempre più allarmante xenofobia e di prospettive fasciste e razziste spacciate come soluzioni a tutti i mali del paese.

Mentre il centro di Ventimiglia riceveva le attenzioni di Salvini e della stampa, in via Tenda, nel quartiere popolare di Roverino dove trovano riparo centinaia di uomini e donne migranti, veniva rimosso da agenti di polizia in borghese uno striscione recante le parole “Da Ventimiglia a Macerata solidarietà, razzisti fascisti leghisti sono i veri terroristi”.

La motivazione addotta, è stata che il contenuto della striscione avrebbe potuto infastidire qualcuno.

In entrambi i casi il comportamento delle forze dell’ordine è stato il medesimo: vietare qualsiasi contestazione pacifica da parte di chi voleva manifestare il giusto dissenso verso la presenza di forze apertamente fasciste, xenofobe e incitanti all’odio razziale in un territorio delicato come quello di Ventimiglia.

Rilanciare l’attenzione sulla violenza della frontiera: domenica 18 febbraio “Calpestiamo il Confine”

Pubblichiamo un’intervista al CAZ – Collettivo Alpino Zapatista di Genova – che insieme ad Ape – Associazione Proletari Escursionisti di Milano domenica 18 febbraio organizza una gita sociale attraverso i sentieri che collegano Ventimiglia a Mentone.
L’iniziativa “Calpestiamo il Confine” viene organizzata dopo un lungo periodo di assenza (per lo meno dal lato italiano) di iniziative pubbliche riguardanti la situazione nella zona di confine di Ventimiglia organizzate da solidali con le persone migranti.
Un silenzio dovuto principalmente alle grandi difficoltà di agibilità politica incontrate dai solidali e dagli attivisti antirazzisti in quel territorio. La repressione poliziesca di ogni manifestazione di dissenso verso le politiche di discriminazione e cattiva accoglienza, messa in atto dalle istituzioni italiane, ha reso particolarmente difficile l’organizzazione di momenti collettivi sia di denuncia che di solidarietà.[1]
Al contrario, negli ultimi mesi le istituzioni hanno tollerato e spesso incentivato l’organizzazione di manifestazioni xenofobe da parte di forze politiche  o comitati di cittadini razzisti.[2]
In questo scenario, la passeggiata sociale organizzata dai compagni del Caz e dell’Ape, come momento di riflessione collettiva, è un piccolo ma decisamente importante passo per ricominciare a contrastare, anche pubblicamente, la banalità del male che permea Ventimiglia e la sua frontiera.

Il 18 febbraio si terrà l’iniziativa “Calpestiamo il confine”, organizzata dal vostro gruppo, il Caz (Collettivo Alpino Zapatista) e da Ape (Associazione Proletari Escursionisti) Milano. Potete darci qualche informazione pratica sull’iniziativa?

 

Sarà una gita sociale, volta a sensibilizzare su quello che sta avvenendo nel territorio del confine ventimigliese.
L’appuntamento è a Genova alle 8 in Piazza Dante; a Milano alle 6,30 in via Confalonieri 3, di fronte a Piano Terra, oppure direttamente a Ventimiglia alle 10.20 davanti alla chiesa delle Gianchette, in via Tenda. Il sentiero è abbastanza semplice, adatto a tutte\i. Ricordiamo comunque di portare abbigliamento adeguato, acqua e pranzo al sacco.
Per qualunque informazione si può scrivere a caz.info@insiberia.net oppure milanoape@gmail.com oppure tramite l’evento fb o alla pagina Collettivo Alpino Zapatista.[3]

 

Non è la prima volta che il vostro collettivo organizza delle escursioni sulle montagne che segnano il confine italo-francese tra Ventimiglia e Mentone. Da cosa nasce il vostro interesse per questo territorio?

 

Questo confine (come gli altri) rappresenta una contraddizione enorme dentro la comunità Europea: permeabile ai bianchi ed alle merci, è invece assolutamente chiuso e respingente, spesso in maniera violenta, per le persone non bianche. Il risultato è che i migranti e le migranti provano a passare dai monti: spesso senza attrezzatura adatta, di notte per non farsi scoprire dalla polizia. Senza conoscere la strada da percorrere ogni sentiero diventa pericoloso, in particolare quello che è divenuto tristemente famoso come “sentiero della morte”, uno dei più utilizzati per comodità e vicinanza ai centri abitati. Ad oggi sono almeno 16 le morti accertate nel tentativo di passare il confine italo-francese a Ventimiglia, di queste molte sono avvenute proprio sul sentiero che proponiamo per la gita di domenica 18. Questa concezione delle Alpi come barriera riemerge ciclicamente nella storia. Per noi che viviamo la montagna come spazio di incontro e di libertà è una concezione odiosa, pericolosa ed errata. Pensiamo che ognuna\o abbia diritto a muoversi come meglio crede.

Gli abitanti della Val di Susa, attivisti e militanti No Tav, da un po’ di tempo si stanno confrontando con l’apertura di una nuova rotta migratoria che attraversando la loro valle porta in Francia scavallando il Col de l’Échelle. E’ da poco nato un collettivo, Briser les Frontière, che si propone di organizzare la solidarietà attiva alle persone migranti e che il 14 gennaio scorso ha organizzato una ciaspolata solidale per portare l’attenzione sulla violenza della frontiera. [4] Qualcuno di voi ha partecipato, volete raccontarci qualcosa di quell’iniziativa?

Foto della marcia del 14 gennaio organizzata al confine italo-francese tra la Val di Susa e la Val de la Clarée

Siamo salite\i un paio di volte in Val Susa oltre al 14 Gennaio. L’iniziativa è andata bene e la situazione in valle è per certi versi simile a quella che sta vivendo Ventimiglia anche se c’è una determinante differenza: i valichi sono più in alto, c’è la neve e questo rende le cose ancora più difficili e pericolose per chi vuole passare. Si affrontano condizioni davvero estreme con il rischio di perdersi, congelarsi o il pericolo delle valanghe. Le\gli attiviste\i e le \i solidali al di qua e al di la del confine si stanno organizzando dal basso, e la comunità di quelle valli sta dando una prova di umanità e resistenza notevole. I tentativi di attraversamento dei valichi sono decine quotidianamente. Lo Stato Francese risponde con ferocia braccando, cacciando, respingendo anche i minori e lasciando le persone respinte ai valichi alpini di notte e in situazioni di serio pericolo. Si sono registrati dei casi di congelamento con amputazione degli arti e delle morti di persone in fuga dalla polizia. Le istituzioni italiane non sono comunque da meno,  all’indifferenza e al controllo hanno aggiunto la politica della dissuasione: in diversi comuni le amministrazioni hanno ordinato di chiudere nelle ore notturne le sale d’aspetto delle stazioni, unico ricovero possibile per chi viaggia nell’inverno alpino.

 

L’amore per la montagna, l’alpinismo, l’escursionismo parlano di libertà, di connessione profonda e rispettosa dell’uomo con la natura, di recupero di un tempo diverso rispetto a quello alienato delle metropoli globali. Questa dimensione che voi coltivate con il vostro collettivo ha un legame con il fenomeno attuale della migrazione che interessa da vicino i luoghi che abitiamo? E se sì di che tipo?

 

Nel nostro modo di andare in montagna c’è un concetto di base che è fondamentale: si va tra pari, senza discriminazioni, nel rispetto e nella messa a valore delle differenze. La montagna è un luogo di incontro, scambio e arricchimento, una cerniera e non una barriera, un luogo dove non è assolutamente accettabile negare un aiuto a chi ne ha bisogno. In montagna si va rispettando tutto quello che ti circonda, persone e paesaggio, si va al passo del più lento, magari anche rinunciando al proprio personale interesse per il benessere del gruppo o del singolo e della singola in difficoltà. Questo concetto è chiaro a chiunque vada in montagna: se c’è bisogno devo aiutare, è umano. In questo pensiamo siano molte le connessioni con chi, persone in transito e non, oggi si trova ad agire una vera e propria resistenza contro la disumanizzazione sul confine di Ventimiglia.

 

Quali sono gli obiettivi dell’iniziativa del 18 gennaio?

 

Ciò che ci auguriamo in ogni nostra gita: ossia che gente diversa si possa incontrare sui sentieri, che camminando lentamente si chiacchieri meglio e si condivida quello che ognuna\o si porta nello zaino.
Quando siamo saliti per la prima volta sul “sentiero della morte” abbiamo vissuto una sensazione strana, molto profonda: resti di giacigli, scatolette di cibo, le scritte sui muri dei ruderi usati come bivacco aspettando la notte, spazzatura, una borsa proprio sul confine con un accendino, qualche sigaretta ed un messaggio. In quel giorno i fatti da telegiornale, i dati, le cifre, i flussi, i decreti sono diventati corpi, storie ed occhi lucidi. Si respira un’aria strana sui sentieri sopra Ventimiglia. Proveremo anche ad operare una raccolta dei materiali smarriti o abbandonati lungo il sentiero, in modo da radunarli in una mostra che possa, nei prossimi mesi, raccontare anche a valle quello che succede alle persone lassù.

Ci piacerebbe che tanta gente vivesse quell’esperienza, provare ad aprire gli occhi sul fatto che tra due cimiteri per migranti come il Mediterraneo e le Alpi c’è l’Italia.

 

Intervista al CAZ, a cura di g.b.

 

 


[1] Recentemente abbiamo pubblicato un’intervista ad una solidale incappata nelle maglie della repressione, nella quale viene descritto efficacemente il ruolo delle istituzioni nelle vicende politiche degli ultimi due anni e mezzo nella zona di confine di Ventimiglia: https://parolesulconfine.com/ioculano-e-rosella-repressione-e-solidarieta/

[2] Su questo abbiamo recentemente pubblicato un post: https://parolesulconfine.com/sullemergere-dei-comitati-cittadini-anti-migranti/

[3] https://www.facebook.com/events/147098019258000/

[4] Su questo blog abbiamo parlato di questa nuova rotta migratoria e dell’iniziativa del  collettivo Briser les frontières in questo post https://parolesulconfine.com/rotta-migratoria-tra-morte-e-liberta/

 

Ioculano, Rosella e il processo: una storia di repressione e solidarietà

Rosella Dominici è una volontaria e attivista imperiese, impegnata in azioni di solidarietà coi migranti che rimangono intrappolati a Ventimiglia, da quando, nel 2015,  la Francia sospese gli accordi di Schengen e chiuse la frontiera con l’Italia.

Il prossimo Venerdì 9 Febbraio 2018, al Tribunale di Imperia, Rosella sarà processata per diffamazione aggravata: una denuncia che arriva dal Sindaco della cittadina di frontiera, Enrico Ioculano, al quale la solidale diede del “bastardo” in un post su Facebook. L’episodio risale al 30 Settembre 2015, a poche ore dalla conclusione di sgombero del presidio nella pineta dei Balzi Rossi, iniziato pochi mesi prima dai migranti in protesta contro il blocco di confine.

Alla sera, Rosella aprì un post su Facebook e scrisse di getto, con rabbia e amarezza, contro chi aveva messo la propria firma sugli eventi di quella giornata.

Il processo per diffamazione si è aperto il primo dicembre 2017, presieduto dalla giudice Daniela Gamba, con la testimonianza della diretta interessata, difesa dagli Avv. Gianluca Vitale del Foro di Torino e  Avv. Francesco Fazio del Foro di Savona. Poichè il sindaco Ioculano era quel giorno impegnato a Roma, una seconda data del processo è stata quindi fissata per il 9 Febbraio 2018, per ascoltare le parole dell’accusa.

Abbiamo incontrato Rosella, chiedendole di raccontarci la genesi e la storia di questo processo: si è finiti per parlare dell’oggi, con un occhio al passato e uno al presente della cittadina frontaliera. Un occhio sensibile e attento alle ingiustizie e alla grave situazione in cui versano le persone in viaggio. Uno sguardo lucido e vigile e che non può fare a meno di notare come, nello scorrere dei mesi, le cose siano solo peggiorate. Per tutti.

Rosella, ci puoi raccontare a grandi linee che cosa accadde il 30 settembre del 2015: quali fatti e quali emozioni ti portarono a scrivere che il sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano fosse stato un “bastardo”?

Certamente: iniziamo dal post e dal perchè scrissi quell’affermazione contro il sindaco.

Era la sera del 30 settembre 2015, dopo un’intera giornata di sgombero dei Balzi Rossi, e su quel post, a parte la scritta, misi la foto della ruspa che aveva distrutto e buttato nei bidoni centinaia di tende, medicinali, un magazzino di cibo, vestiti, documenti dei ragazzi.

Per tutto il giorno i blindati e centinaia di poliziotti hanno circondato i ragazzi sugli scogli, trattandoli come criminali e impedendo a chiunque, cittadini, associazioni, di portargli acqua e cibo.

Questo è stato il senso del post, il contesto: la rabbia e la frustrazione per ciò a cui avevamo dovuto assistere.

Dopodichè bisogna per forza parlare dei Balzi Rossi, per capire: spiegare come è nato quel campo e che cosa ha significato per centinaia di persone. Il presidio sugli scogli di fronte al confine era iniziato a metà giugno: i migranti che erano arrivati lì x passare la frontiera hanno trovato chiuso. Per protesta scesero sugli scogli e da lì si sono rifiutati di spostarsi. Mi ricordo che in quelle giornate faceva un caldo pazzesco, quindi assieme ad altri solidali siamo andati subito a prendere cestelli d’acqua e qualche ombrellone. Nei giorni seguenti abbiamo messo delle vele sugli scogli per l’ombra… e insomma, da lì è iniziata questa solidarietà pazzesca durata oltre tre mesi.

Non è che al campo ci fossero i no borders, al campo c’erano persone: i volontari, le associazioni, gli attivisti, gli avvocati, i medici… c’era proprio una realtà… c’era un pezzo di umanità! Per tutta la durata dei Balzi Rossi c’è stato un flusso ininterrotto di gente che portava qualsiasi cosa di cui ci fosse bisogno: per mesi si è realizzata una solidarietà che, quel giorno, venne distrutta nell’arco di 12 ore di assedio.

Il senso di quella distruzione e di quelle ruspe?

Non c’è: non ci fu senso allora e non vedo nessun senso ancora oggi.

Attraverso il post incriminato hai voluto esprimere un’opinione: ritieni che il sindaco Ioculano sia in qualche modo responsabile di quello che accadde nell’estate del 2015 e degli eventi che seguirono?

Da mesi Ioculano era uno di quelli in prima fila per chiedere lo sgombero del campo.

Tirava ripetutamente fuori questa storia che lì c’erano i no borders… come se questo volesse dire qualcosa di particolarmente grave in sè. Una fissa che questi del PD hanno rispolverato ancora il primo di dicembre in televisione: mentre ero a processo a Imperia, Ioculano era infatti in onda sul La7 a “L’aria che tira”, occasione nella quale Vauro ha ricordato al sindaco le sue responsabilità per aver firmato il divieto di dare acqua e cibo ai migranti. Vauro ha parlato di ordinanze analoghe che vennero promulgate durante il nazismo contro gli ebrei, e Ioculano, per tutta risposta, ha fatto spostare il discorso dicendo che quella era una situazione particolare e che ai Balzi Rossi, comunque, vi erano più ragazzi bianchi no borders, che migranti (Cosa peraltro non vera). Come dire che era quindi automaticamente un posto di gentaglia, tralasciando tutto l’immenso lavoro di solidarietà che invece si stava portando avanti.

E comunque l’ordinanza in questione è perdurata negli anni ben oltre l’esperienza dei Balzi Rossi, ed è rimasta in vigore in situazioni terribilmente peggiori. Questa è la sua idea di quella che è la solidarietà.

Ed è proprio il motivo per cui ho scelto di andare a processo invece che chiedergli scusa. Non solo ha continuato a difendere un’ordinanza che affama la gente, ma, nei mesi, ha fatto sgomberare un nuovo campo solidale sorto nel 2016 sotto al ponte di Via Tenda; e poi ha lasciato che venisse chiusa anche l’esperienza di accoglienza all’interno della chiesa delle Gianchette; e ha proseguito su quella strada lì, mi pare, viste anche le affermazioni del signor sindaco nel consiglio comunale del Novembre scorso.

Avrei potuto chiedergli scusa come ha fatto un’altra ventina di persone: c’erano altre denunce in ballo, che lui ha però ritirato in cambio di qualche centinaio di euro, di scuse scritte… non lo so nemmeno e non mi interessa: non ho nulla di cui scusarmi con Ioculano. Secondo me è il sindaco che dovrebbe piuttosto chiedere scusa ai migranti per quello che sta succedendo.

Altro che Balzi Rossi: basterebbe andare a vedere che cosa c’è adesso lungo il Roja!

Per il sindaco la soluzione di tutto sarebbe il campo di Croce Rossa (che comunque andranno a smantellare per una serie di accordi commerciali sull’area del ex parco ferroviario), a chilometri dalla stazione, in un posto isolato e lontano da qualsiasi servizio della città, su una strada così pericolosa che c’è da aver paura a percorrerla persino di giorno. Bisogna prendere atto di questa situazione e chiedersi come mai le persone lì non vogliano andare: avranno dei motivi se preferiscono restare sotto al ponte?

Perdipiù, con la chiusura dell’accoglienza alle Gianchette, si è perso anche l’unico posto un minimo tutelato per le donne e i minori. Oggi le ragazze, le giovani madri e i bambini vivono esposte ad abusi e sfruttamento di ogni tipo, senza nessuna tutela.

Come ti vivi questo processo? È un episodio che ti colpisce a livello personale ed individuale, ma è vero che il contesto in cui si inserisce ci racconta di molti pezzi, moltissime persone… Come ti fa sentire l’accusa di diffamazione aggravata? Se potessi tornare indietro, scriveresti di nuovo quel post?

Sinceramente? Me la vivo senza farmi troppi problemi. Nel senso che io ho scelto quella strada lì. L’ho scelta già nel 2015 e l’ho scelta coscientemente. E sì, assolutamente: visti gli eventi di quella giornata, ripeterei tutto nella stessa maniera.

Non ci sono santi su questa cosa: non sono i solidali il problema, non sono i migranti il problema.

Il problema è la frontiera.

Il problema è sempre stato il confine: lo era allora, lo è oggi e lo sarà finchè decideranno di sbarrare la strada alle persone.

Non si può scordare che Ventimiglia sia un posto di frontiera: se tu ne sei il sindaco, hai un paio di modi per provare a governare. Puoi organizzare un’accoglienza come si deve, o puoi far diventare un problema le persone stesse. Ma la seconda è una scelta priva di senso e strategia. Non fermi le persone, così come pure la solidarietà: la puoi stroncare ma solo fino a un certo punto.

Puoi mettere barriere e inventare mille leggi, ma l’essere umano mica si ferma!

Anzi guarda, secondo me Ioculano, denunciandomi, si è creato comunque un ulteriore boomerang: perchè il primo dicembre grazie al processo, mentre lui stava in televisione, a Imperia c’è stata comunque una dimostrazione di solidarietà nei confronti dei migranti. I giornali hanno parlato di nuovo della situazione delle persone bloccate a Ventimiglia, delle ordinanze del sindaco. Non so quanto a lui sia convenuto tutto ciò (scappa una risata).

Nelle tue intenzioni, il processo è quindi un’occasione per riaccendere una luce sulle dinamiche e sugli eventi che si stanno verificando in frontiera e a causa di questa: pensi che sia valido utilizzare lo spazio dei processi e le conseguenze della repressione a questo scopo?

Certamente: secondo me i processi ai solidali dovrebbero essere utilizzati proprio per questo.

La mia volontà è stata proprio quella di far parlare di nuovo di Ventimiglia, della situazione che c’è e della frontiera. Poi non è che io abbia fatto chissà che cosa in tutta questa vicenda: ho solo scritto un post di rabbia e di getto, dopo una giornata terribile. Perchè è stato davvero feroce veder distruggere tutto quello che centinaia di solidali hanno portato al campo per mesi.

Mi ricordo bene quel periodo: andavo tutte le volte che potevo, ai Balzi Rossi, assieme a tantissimi altri, per portare solidarietà. E noi quella roba la sistemavamo, la mettevamo in ordine… hanno distrutto l’impegno e la cura di mesi ! Nemmeno hanno salvato le tende per darle ad esempio ai terremotati. Voglio dire: erano risorse, soldi, fatica, generosità. Le hanno prese con la ruspa e le hanno tirate nei cassoni dell’immondizia, buttando via tonnellate di materiale arrivato dai solidali di tutta Europa. Come ho già detto, ai Balzi Rossi c’era tutto il necessario per una vita dignitosa, inoltre si facevano corsi di lingue, corsi di nuoto, di geografia… Un’accoglienza e una condivisione vere, totali. Tanti migranti lì hanno trovato una sorta di famiglia, incontrando ragazzi come loro, persone come loro, amici che a costo zero per il comune facevano un lavoro immenso.

Un lavoro che comunque l’amministrazione non è evidentemente in grado di sopperire e gestire, considerando come si sono poi evolute le cose sul territorio. Uno sgombero crudele e persino dannoso, che non ha affatto migliorato la situazione.

Ma infondo, basta pensare che Ioculano è un sindaco del PD, lo stesso PD di Minniti e degli accordi con la Libia: detto questo è detto tutto!

Si sente tanto parlare di questo fantomatico decoro: ma il decoro come lo crei? Lo crei facendo accoglienza vera. Costruendo dignità e attenzione. In questo modo invece che migliorare le cose, stai creando davvero un’emergenza! Con oltre duecento persone sotto al ponte, come fai a non ammettere che si stia sbagliando qualcosa?

Io capisco i ventimigliesi, davvero: capisco che ritengano questa situazione un problema, anzitutto per loro stessi. Ma chi ha creato tutto questo? Chi ha fatto saltare tutti i tentativi di dare uno spazio decente alle persone in attesa di passare la frontiera?

Credo che il sindaco abbia perso più di un’occasione in questi tre anni: avrebbe potuto scegliere di coordinarsi con i solidali per gestire spazi di accoglienza al transito, invece che sopprimere tutte le forme di solidarietà.

Il 9 Febbraio Ioculano dovrebbe essere in aula…

Sì esatto. Presumo che venerdì ci sarà anche il sindaco in tribunale. Il primo dicembre 2017 , quando il suo avvocato ha detto: “il sindaco non c’è, è a Roma” pensavamo fosse impegnato in qualche faccenda politica. Invece era a L’Aria che tira su La7, contro Vauro tra l’altro, per cui non gli è nemmeno andata tanto bene: gli è girata male l’aria un po’ dappertutto insomma, da Ventimiglia a Roma! (sorriso divertito)

Venerdì a Imperia farà un po’ la parte della vittima, immagino, ne approfitterà per fare campagna elettorale. Non lo so che cosa dirà, ma lui è un politico e io no: metterà le cose dialetticamente molto bene, penso. Anche se alla fine sono anni che si lamenta ma trova tempo da perdere con la sottoscritta.

Hai ricevuto, da parte degli altri attivisti, dei volontari e dei solidali, un appoggio in questo percorso processuale?

Sì assolutamente! C’è stata molta solidarietà, l’ho sentita forte. Mi fermano persino per strada e nei negozi mentre faccio la spesa e mi dicono: “Brava! Resisti!”. E parlo di gente qualunque, conoscenti, persone lontane dalla realtà di Ventimiglia. Anche la mia famiglia è stata assolutamente comprensiva: sanno quello che faccio e quello in cui credo, sanno del mio impegno nella solidarietà. Anche se all’inizio ho fatto fatica a spiegare a mia figlia che andavo a processo per un post di quel tipo lì, lei l’ha capito in un secondo. Nessuno mi ha detto: “hai sbagliato”, perchè tutti sanno l’impegno e la fatica che metto nel dare una mano a queste persone.

Non ho avuto problemi nemmeno rispetto ai media, devo dire. La questione del mio post ha avuto una risonanza notevole, ed i giornali hanno pubblicato il comunicato scritto in mio supporto. Si è piuttosto parlato molto del contesto, della situazione che c’è Ventimiglia, e questo mi rincuora.

Come pensi di organizzarti rispetto alla richiesta del sindaco di ricevere delle scuse e una forma di risarcimento economico per il famigerato insulto?

Ahahah!!! bella sta domanda, mi piace guarda!!! Non gli ho chiesto scusa in tre anni, gliela chiedo ora dopo aver fatto venire gli avvocati da Torino? Mi vedo già la faccia degli avvocati se facessi una cosa del genere… ahahaha! No ragazzi, eh no, io non devo chiedere scusa a nessuno.

Anche in questo passaggio Ioculano ha dimostrato di avere veramente poco buongusto: fai il sindaco, sgomberi un presidio di solidarietà che era pure efficace nell’accogliere in modo dignitoso queste persone, lasci distruggere tutto quello che c’è… e poi la sera ti metti a leggere i post su Facebook ?! che cosa ti aspettavi di trovare, in risposta, da chi in quel campo c’era dentro da mesi e ci investiva tempo, energie, cura? Cosa ti aspettavi da chi conosceva quelle persone, quei ragazzi sugli scogli che hanno resistito un’intera giornata senza poter bere né mangiare? Hanno buttato via cose che nemmeno gli appartenevano, perchè quelle tonnellate di materiale raccolto erano cose dei migranti e dei solidali che le avevano portate.

Quindi, voglio dire: io vado a processo tranquilla e risoluta. Come ci sono andata l’uno: con mia figlia e con i solidali.

Ma chiedere scusa… andiamo…

Facciamo un passo avanti rispetto ai Balzi Rossi: durante quello sgombero ci fu una risposta mediatica di livello internazionale; due anni dopo quell’evento, veniva posta fine anche all’esperienza di accoglienza delle Gianchette, con la chiusura della chiesa dove sei stata volontaria. Come hai vissuto, rispetto al 2015, questo ulteriore passaggio?

La chiusura delle Gianchette rientra nel “cambiamento climatico” che c’è stato a Ventimiglia. L’esperienza della chiesa si è conclusa nella quasi assoluta indifferenza: una mattina sono arrivati dei pullman, hanno detto alla gente di prendere le loro cose e hanno portato via le persone. C’erano le volontarie che per mesi hanno aiutato in chiesa in lacrime, davanti a quella scena. Credo che questa repressione della solidarietà -le multe, i processi, i fogli di via, gli avvisi di pericolosità- stia effettivamente funzionando, ma al contrario rispetto al buonsenso: perchè funziona facendo dei danni enormi!

Per il resto non si sono ottenuti risultati su niente con questo accanimento. Ed è paradossale che la politica che hanno deciso di portare avanti non abbia giovato nemmeno all’immagine pubblica del sindaco.

Ma è ovvio: la repressione non risolve mai nulla. Lo dimostrano i fatti: dalla Val Susa a tutte le realtà sociali che resistono contro forme di repressione sempre più accanita . Alla fine, come dicono i No Tav: “non si può fermare il vento. Si può solo farlo rallentare.”

Hanno creato tanti problemi a me e a molti altri solidali, anche a livello economico, perchè comunque queste cose costano in termini di tempo, di energie, di risorse. Hanno dato 60 fogli di via da Ventimiglia e non solo….SESSANTA! per che cosa?

Perchè ci sono persone solidali con altre persone che vivono per strada, non certo per scelta ma perchè costrette dalla situazione? E poi? Che cosa vorrebbero concludere così?Quante energie usate nel modo sbagliato!

Insomma, Ioculano ha scelto di gestire la situazione con sgomberi, ordinanze, polizie, repressione: può anche cercare di fare il sindaco buono che ha lavorato al meglio per la situazione migranti a Ventimiglia. Però questa favola può raccontarla altrove: forse a Roma, forse in televisione appunto. Non può raccontarla a chi c’è in quel posto, a chi conosce Ventimiglia e la sua storia dal 2015.

Perchè poi, alla fine, che cosa ha ottenuto? Chi è contento dell’operato del sindaco? Cosa saranno le prossime elezioni? A chi daremo in mano Ventimiglia, grazie a questa politica di intolleranza e a quello che ha creato? Ioculano avrebbe potuto scrivere un’altra storia, trovare il coraggio di fare la differenza rispetto all’abbrutimento generale che si respira in tutta Italia.

 C’è una traccia di sconforto in queste riflessioni.. Come vedi la situazione rispetto al perdurare della chiusura della frontiera?

C’è tanta tristezza, certo. Per come le cose sarebbero potute andare, per come stanno andando…e soprattutto per come andranno in futuro. È per questo che mi sta a cuore che si approfitti del processo per parlare di quello che sta succedendo ora: è un disastro la situazione a Ventimiglia. Quando ho detto ai giornalisti: “andate a parlare coi ragazzi sotto al ponte”, mi è venuto spontaneo dal cuore, non mi ero preparata quella frase.

Di questo bisogna parlare: non della mezza giornata che io passo là sotto cercando di rendermi utile; non del processo; non di quanto si sia offeso Ioculano per un post su Facebook; ma di quelle donne, di quegli uomini, di quei bambini intrappolati a Ventimiglia, delle conseguenze della chiusura dei confini e delle discriminazioni basate sul colore della pelle.

È solo questo quello che voglio: che si parli di loro.

E spero sinceramente che, insistendo tutti assieme, associazioni, Chiesa, chi ti pare insomma, si riesca a far riaprire uno spazio di prima accoglienza per la gente in viaggio, un posto idoneo specialmente per le donne i minorenni, alternativo alla Croce Rossa e che ne superi gli evidenti limiti. Solo un cambiamento in questo senso sarebbe un alleggerimento anche della mia situazione: poter tirare un respiro di sollievo, dopo tutte queste vicende inquietanti.

Diversamente, questo processo non mi cambierà proprio nulla: finito in tribunale tornerò a casa mia… e quelle persone resteranno lungo la strada…

Grazie Rosella, c’è altro che vorresti aggiungere?

Vorrei raccontare tre episodi che ritengo significativi rispetto al clima che si respira in frontiera.

Il primo risale all’estate scorsa: a Ventimiglia si stava lavorando per aprire un centro di accoglienza per venti minori non accompagnati e richiedenti asilo. Quando la notizia si è diffusa, c’è stata una manifestazione di protesta, autorizzata e partecipata da una cinquantina scarsa di persone. Un corteo brutto e davvero preoccupante, in cui hanno messo in testa proprio dei bambini a tenere uno striscione contro altri bambini. È bastato questo perchè l’amministrazione ritirasse tutto in fretta e furia: il centro che sarebbe dovuto sorgere nei pressi del Borgo (ai piedi della zona storica di Ventimiglia, ndr) non è più stato aperto.

Il secondo episodio, sempre sulla stessa scia, riguarda l’ultima manifestazione ventimigliese dei comitati di quartiere. La gente è partita dalla piazza davanti al cimitero ed ha sfilato per tutta via Tenda proprio davanti ai migranti: gli hanno urlato di tutto. Digos davanti, digos dietro, digos nel mezzo, digos di lato, percarità! E questi dei comitati che intanto gridavano qualsiasi improperio.

Quando sono arrivati davanti al legal ponit (l’info e legal point Eufemia, aperto in Via Tenda nella primavera 2017, dall’associazione volontaria Iris, ndr), i manifestanti si sono fermati lì e ci sono stati quanto hanno voluto, mentre noi eravamo dentro con le persone di colore che stavano ricaricando i loro cellulari. Questi fuori hanno detto qualunque cosa, e li hanno lasciati stare lì a provocare per tutto il tempo, ci sono anche i filmati. Dopodichè il corteo è arrivato alla rotonda e hanno bloccato mezza Ventimiglia. E le autorità hanno dato il permesso per una manifestazione del genere, sfilata apposta davanti a tutte le persone che vivono dal ponte, con slogan pieni di intolleranza e pregiudizi. Mi chiedo: quando mai avrebbero dato il permesso di manifestare davanti a uno dei tanti punti delle ultradestre che stanno aprendo? Vedi un po’ che è successo quando c’è stato il chiosco di Casa Pound a Ventimiglia. Contro di noi, invece, hanno potuto tirare insulti come meglio credevano e nessuno è intervenuto nonostante il dispiegamento di polizia.

Vorrei raccontare un’ultima cosa per completare il quadro sul clima che si sta diffondendo in Italia, non solo a Ventimiglia. Su un sito di informazione era riportato l’episodio del poliziotto che, nella stazione di Ventimiglia, se la prende con un ragazzo di colore e gli urla di tornarsene in Burundi. Nei commenti ho espresso la mia preoccupazione rispetto a certi atteggiamenti tenuti dalle forze dell’ordine, e mi sono augurata che il poliziotto in questione fosse stato quantomeno sospeso. Le risposte che mi sono arrivate… di tutto! Di tutto!

Un tipo mi ha scritto: “Rosella Dominici sei una troia, muori presto!”, riferendosi al mio impegno su Ventimiglia. E più sotto ancora: “è per colpa delle buoniste come te che questo paese va a puttane”! Con il mio nome e cognome… questo è stato il peggiore, ma è arrivata una valanga di insulti solo per aver commentato un video in modo assolutamente civile.

Questa è Ventimiglia oggi.

Questo è quello che hanno costruito l’amministrazione cittadina, le autorità e le istituzioni tutte.

Owl

Riflessioni dagli arcipelaghi di confine

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente contributo, inviato alla redazione assieme all’espressivo reportage fotografico che fa seguito al testo. La lettrice ci propone una riflessione sul concetto di confine, sui molteplici spazi che esso genera ed investe e, soprattutto, sulle dinamiche di potere e gerarchia che questo sistema alimenta tutto attorno a sè.  Si tratta di aspetti ormai arcinoti… oppure no?
Il regime confinario, nella sua profonda ingiustizia e nei meccanismi brutali che mette in atto, tende a sviare da se stesso l’attenzione, tende a diffondere strati di ovatta tra gli occhi e la coscienza, come raccontato dalla lettrice.
E infondo non vedere è più semplice e voltarsi altrove è meno doloroso. Ma lasciarsi accecare per la comodità e la quiete delle coscienze non è una giustificazione: distogliere lo guardo è diventare complici di ciò che non si vuol vedere.
Allora rimuovere questi strati, sollevare il velo, è solo un gesto di volontà. Un gesto che, oggi più che mai, diventa un dovere.

Riflessioni dagli arcipelaghi di confine

Questa volta sono arrivata a Ventimiglia da Trieste. Diretta autostradale dal confine Est a quello Ovest, dal Mare Adriatico al mar Tirreno, in mezzo solo terra. Ad Est i viaggiatori migranti provano ad entrare, ad Ovest provano ad uscire e scoprono di essere intrappolati.

Di volumi con tante definizioni di confine si potrebbero riempire scaffali e librerie. Forse ogni confine è diverso, o forse il confine è diverso a seconda di chi lo attraversa.
I confini sono disegnati con una linea, con un segmento per la precisione, con un inizio e una fine. In realtà sono più spesso delle fasce o addirittura delle geografie “a macchia”, arcipelaghi.

Chi non ha la faccia e il documento giusto per passare occupa gli spazi da cui non viene cacciato: solo quelli gli restano. Gli spazi invisibili e lo spazio del proprio corpo, ma il corpo, se non hai la pelle giusta, non puoi lavarlo, non puoi appoggiarlo su un letto per dormire, non puoi vestirlo o nutrirlo in modo indipendente. Del tuo corpo non disponi, non interamente.
Sei obbligato a chiedere: la tortura dell’incapacitazione, al confine, viene costantemente inferta. Al confine questa tortura ti ricorda che non sei più tu a disporre di te stesso e che devi accettare di essere assoggettato e  sottomesso; e se non cedi alla tortura, se queste “regole” non sembrano accettabili… sei solo un altro numero da mandare via. Espulso.

Il confine che io trovo a Ventimiglia è fatto di persone sballottate da una parte all’altra del mondo, che come palline rimbalzano contro una rete costruita e costituita da altri uomini.
Il confine che vedo a Ventimiglia è fatto di poteri e della loro sedimentazione. Poteri che si fermano, tra la terra che è chiamata Italia e quella che è chiamata Francia, come i sassi più grossi portati dal fiume Roja, che rimangono fermi ad ostruirne il corso quando la corrente diminuisce
I poteri che si sedimentano al confine impediscono ai piedi delle donne e degli uomini di camminare verso l’orizzonte che loro stessi hanno scelto, piuttosto che quello che altri gli vogliono imporre. Poteri che impediscono ai piedi di fare ciò per cui sono stati creati.

I segmenti del potere sono tanti: ci sono quelli degli stati che mascherano il loro fallimento dietro le “emergenze”; ci sono quelli dei poliziotti che quando indossano la divisa si dimenticano che sono persone come gli altri, dimenticano che respirano ossigeno e idrogeno anche loro; ci sono quelli dei passeur che creano nuovi confini nell’imparare a passare quelli precostituiti.
Ci sono i poteri inferti dalla possessione, o dal non possedere.

Il confine di Ventimiglia è fatto dalla stazione, dai sentieri, da ciò che rimane nella memoria del campo ai “Balzi Rossi”, dal cavalcavia lungo via Tenda, dal parcheggio accanto al LIDL, dalla spiaggia dove si possono raccogliere legni da bruciare per riscaldarsi. Il confine di Ventimiglia è fatto di donne e uomini, perché senza chi immagina quella linea e senza chi prova ad attraversarla esso semplicemente cesserebbe di esistere.

Potrei scrivere delle donne che arrivano sole, a volte incinte o con bambini, che in Libia hanno visto tanti morire e che nell’attraversare il Mediterraneo sono state quasi prese dalle acque… per poi essere pescate, come pesci all’amo, da una politica schizofrenica e bipolare, che prima si rende complice e causa della tragedia e poi si mette la maschera e il costume del paese “civilizzato”.

Potrei raccontare degli uomini che, mandati indietro dal confine alto di Mentone, si accovacciano disperati lungo la strada che riporta all’Italia; oppure dei condomini di Via Tenda che escono di casa guardinghi e infastiditi dalla presenza delle persone sotto al ponte; dei gendarmi che chiedono i documenti; dei bambini che sanno ridere, sempre.

Tutte queste sono facce di confine. Ognuna di queste, se lo vorrà, si racconterà: non sarò io a parlare in nome loro.

Io racconto che ogni volta che mi avvicino a quella linea, che in realtà è fatta a macchie, l’ovatta che avvolge i miei occhi e le mie orecchie va in fumo perché sbatto contro un sistema che si palesa nella sua finzione: che in nome della parola “protezione” lascia tanti nella disperazione, che in nome della parola “sicurezza” uccide, che in nome della parola “identità” mente.

Ogni volta che da questa linea mi allontano, piano piano l’ovatta ricresce come un rovo invasivo. L’ovatta, il rovo, è la vittoria di un sistema che acceca e che è nato, cresciuto e continua ad essere implementato per affinare tecniche di accecamento.

Ventimiglia è uno dei luoghi dove il sistema rischia di fallire perché la sua maschera crolla, e gli occhi potrebbero vedere…

Vedere è però un atto di volontà.

(immagini e testo di)

Daniela M.