Pubblichiamo l’ultimo comunicato di Briser les frontières e traduciamo l’introduzione che ne fa Marseille Infos Autonomes.
Negli ultimi tempi si è sentito parlare spesso della frontiera franco-italiana, tra Bardonecchia e Briançon. Si è sentito parlare del colle di Monginevro e di quello dell’Échelle: dovrebbe essere ormai chiaro che, nonostante la neve e le temperature proibitive, centinaia (forse migliaia?) di donne e uomini migranti continuano a tentare di passare la frontiera. Siamo ormai ampiamente al corrente degli incidenti -anche mortali-, delle mutilazioni causate dai congelamenti, della caccia al migrante messa in atto dalla polizia francese, dell’apparente indifferenza delle autorità italiane. Abbiamo saputo della persecuzione giudiziaria nei confronti di una guida che ha accompagnato all’ospedale, oltre il confine, una donna incinta, che avrebbe partorito di lì a poco. Abbiamo saputo anche del respingimento di un’altra donna, incinta e in gravi condizioni di salute, morta qualche giorno fa all’ospedale di Torino. Evidentemente non tutti traggono le medesime conclusioni dall’analisi di quel che sta succedendo nel cuore dell’Europa, a pochi passi dalle piste sciistiche alpine, a qualche metro dall Riviera, mentre i fatti smentiscono tutti i proclami sull’efficacia di soluzioni militaresche, di controlli, rastrellamenti e respingimenti. Soluzioni criminali che, evidentemente, non hanno altro risultato che aumentare la pericolosità delle rotte migratorie e confinare in condizioni disumane chi prova a raggiungere la propria meta. Chi continua a non capire o chi è disposto a fare propaganda sulla pelle di migliaia di esseri umani fa parte del problema: per questo, alla frontiera, un gruppo di abitanti ha deciso di occupare i locali di una chiesa, per ospitare e supportare le persone in viaggio. Nell’arco di pochi giorni, Chez Jésus ha già ospitato decine di persone.

Notizie dalla frontiera di Briançon, dove la situazione diventa sempre più complessa : un numero crescente di persone cerca di passare, mentre la repressione si intensifica.

I passaggi clandestini degli/delle esiliati/e diventano sempre più difficili al colle di Monginevro, nei pressi di Briançon: le/i migranti provenienti dall’Italia sono più numerose/i che quest’inverno, e non riescono a passare la frontiera francese in tempi brevi. Giovedi’ sera, undici di loro, tra i quali quattro donne e tre bambini, hanno passato la notte nella sala parrocchiale, nel seminterrato della chiesa di Clavières, a dodici chilometri dalla frontiera.

Sono state/i raggiunti da una quarantina di altre/i migranti venerdi’, e da una quindicina sabato, cosa che avrebbe potuto creare una situazione drammatica sotto il profilo umanitario. Una ventina di persone che vivono sui due lati della frontiera li/le sostengono, persone che non appartengono alle associazioni di aiuto ai/alle migranti che sono state spesso citate dai media, parlando di Briançon, a partire da dicembre. Una ventina di esiliati/e hanno deciso di passare in Francia a piedi, durante la giornata, autonomamente. Lo Stato italiano, che quest’inverno è restato piuttosto passivo, ha inviato, nel tardo pomeriggio, la polizia in antisommossa per controllare il passaggio.

da Marseille Info Autonomes: https://mars-infos.org/communique-du-squat-de-l-eglise-de-2934.shtml

Secondo comunicato di Chez Jésus

Da giovedì abbiamo occupato alcuni spazi pertinenti alla chiesa di Claviere.

Alla frontiera la situazione in queste ultime settimane si è complicata. Il flusso di persone che arriva al confine è sempre più forte e le pratiche di solidarietà diretta messe in atto in questi mesi non sono più sufficienti. Per questo sentiamo sempre di più la volontà di sollevare il vero problema, che è la frontiera, con forza maggiore.

Abbiamo occupato i locali sottostanti la chiesa anche perché si è resa sempre più evidente la necessità di avere tempi e spazi per organizzarci e parlare con le persone che a decine ormai ogni giorno cercano di attraversare questo confine.

Al tempo stesso questa occupazione non vuole invocare un intervento da parte delle istituzioni che potrebbero darci una risposta con la solita impalcatura dell’accoglienza dalla quale la maggior parte delle persone con cui ci stiamo confrontando fugge.

Preferiamo organizzarci in modo autogestito. Noi non vogliamo “gestire” delle persone; al contrario del sistema di accoglienza che conosciamo, che non fa altro che legittimare il dispositivo frontiera, vogliamo cercare complicità con chi si batte in prima persona per la propria libertà di movimento.

Invitiamo tutt* i/le solidali a raggiungerci per un pranzo condiviso.

Briser les frontières