Pubblichiamo la traduzione del resoconto del gruppo Kesha Niya di sabato 26 gennaio relativo all’aumento della violenza della polizia francese nei confronti nelle persone migranti detenute nel container di metallo alla frontiera di Ponte S.Luigi in attesa di essere respinte verso l’Italia.
ATTENZIONE: seguono resoconti su violenza e crudeltà della polizia
L’atmosfera al container al confine, che era già una stanza di tortura, è diventata ancora più cupa nelle ultime settimane.
Come menzionato già in altri resoconti, decine di persone vengono tenute dentro a questi container di metallo fino a 24 ore, a volte anche di più, senza accesso a cibo, acqua, cure mediche e a un vero riparo. Il pavimento è tenuto bagnato così nessuno si può sedere o sdraiare. Ovviamente per coloro che sono esausti o hanno problemi fisici questa e’ già una situazione pericolosa.
Noi siamo posizionati 300 metri più avanti, sul lato italiano, per accogliere coloro che escono con cibo, tè, caffè e una postazione per ricaricare i cellulari che non sono stati sequestrati o rotti dalla polizia. In una settimana ascoltiamo centinaia di storie. Nell’ultimo periodo le storie che abbiamo raccolto mostrano un enorme aumento nella violenza della polizia e nell’abuso di potere:
La polizia francese sottrae importanti documenti (come i certificati di nascita dei minori) e quando le persone chiedono di riaverli o di ricevere cibo e acqua vengono colpite con un pugno in faccia (e con l’anello…). Colpiscono i minori che cercano di dichiararsi come tali. Spruzzano lo spray al peperoncino all’interno del container chiuso, a volte direttamente negli occhi e picchiano le persone senza pietà.
Due giorni fa un uomo è uscito dal container con escoriazioni e tagli, aveva sangue sulla giacca e una bruciatura sul dorso della mano. La polizia francese non solo lo aveva pestato e insultato, gli aveva anche spento una sigaretta sulla mano (fotografia allegata). Ci ha raccontato di come lo avessero schiaffeggiato e preso a pugni e uno dei poliziotti gli avesse detto che si sarebbe scopato sua madre. Gli hanno tolto tutti i suoi averi.
Speriamo che non ci sia bisogno di aggiungere che non abbiamo motivo di dubitare di questi resoconti: le persone sono tutte chiuse insieme e confermano indipendentemente i racconti fatti dalle altre.
Non siamo sorpres* ma indignat*. Questo è dove lo stato francese è disposto ad arrivare per “scoraggiare” la migrazione.
Continueremo a a fare la colazione e a cercare di fornire tutto l’incoraggiamento, la solidarietà e il caffè che possiamo.
La frontiera uccide! E’ fondamentale fare tutt* qualcosa, ognuno secondo le proprie possibilità .
Il gruppo Kesha Niya è impegnato dalla primavera del 2017 a Ventimiglia dove si occupa della preparazione e distribuzione serale di pasti. Dall’estate del 2018 porta cibo e bibite calde sul lato italiano della frontiera di Ponte S.Luigi, dove le persone migranti respinte dalla Francia transitano per rientrare a Ventimiglia.
Strada di immigrati, migranti, razzismi e resistenze, Via Tenda è la via di Ventimiglia che parte da Largo Torino, la rotonda posta al centro tra la parte nuova di Ventimiglia e la città vecchia.
Passato il cimitero, si trasforma in corso Limone Piemonte, poi si immette nella Strada Statale 20 che, costeggiando il corso del fiume Roya, svalica in territorio francese, per poi riattraversare il confineportando fino a Cuneo.
Su uno dei suoi lati sta il letto del fiume Roya e, quasi all’inizio, è interrotta dai binari della ferrovia che, seguendo la costa, porta in Francia: “Prochain arrêt Menton Garavan”. (1)
Il passaggio a livello scandisce i tempi della Via: tutti fermi da un lato e dall’altro anche per dieci minuti, un muretto permette la sosta e le chiacchiere dei più socievoli; i meno pazienti sgattaiolano attraverso i binari,mentre i treni si annunciano, sferragliando lenti e rumorosi.
Dopo il passaggio a livello, s’impone l’ombra scura del viadotto della Statale 20, l’architettura che crea il cosiddetto sottoponte: una parte dell’argine del fiume Roya coperta dal viadotto che è stata utilizzata dalle persone migranti come luogo di accampamento.
Un grosso parcheggio comincia poco dopo il passaggio a livello, cui segue un ampio piazzale polveroso di fronte al quale si stagliano il muro e il cancello del cimitero cittadino.
Tutto il lato “a monte” della via, fino al cimitero, è occupato da palazzine popolari, negozi che sono soprattutto bar, alimentari e abbigliamento. Circa a metà sorge la Chiesa di S. Antonio, nota come la Chiesa delle Gianchette.
Via Tenda è abitata da ventimigliesi di ceto popolare, pensionati, operai, lavoratori, piccoli commercianti, disoccupati, una buona percentuale proveniente da famiglie di origine calabrese immigrate al Nord nel dopoguerra. E’ anche abitata da gente di passaggio e, soprattutto negli ultimi tre anni e mezzo, lo è stata dalle persone migranti che, in attesa di riuscire a passare il confine, hanno trovato rifugio tra i canneti, i cespugli e i piloni del viadotto.
Via Tenda 2016 – 2019 : brevi cenni a fatti, situazioni e pratiche
Accampamenti e sgomberi con le ruspe: a partire dalla primavera del 2016, il sottoponte è stato utilizzato come luogo di accampamento dalle persone migranti. I primi accampamenti hanno visto una dinamica politica che riprendeva lo spirito dell’esperienza dei Balzi Rossi (1): autorganizzazione, condivisione, orizzontalità democratica tra persone migranti e solidali. Durante l’estate del 2016 è avvenuto il primo sgombero violento, con l’utilizzo delle ruspe. Le proteste delle persone migranti e dei solidali hanno provocato l’intensificarsi delle pratiche di repressione: l’utilizzo dei fogli di via nei confronti dei solidali e le deportazioni al sud delle persone migranti.
Tra la fine del 2016, per tutto il 2017 e i primi mesi del 2018, moltissime persone migranti (presenze stimate tra le 200 e le 600 persone a seconda dei periodi) hanno continuato a dormire e vivere tra i piloni e i cespugli del sottoponte. La vita sugli argini del Roya è proseguita in condizioni critiche (2), mentre le richieste di collocamento di servizi sanitari, di accesso all’acqua potabile e di presidi medici sono state ignorate dal Comune (3)e fortemente osteggiata da alcuni cittadini del quartiere, sostenitori di posizioni fortemente intolleranti nei confronti delle persone migranti. Si sono susseguite le minacce di sgombero, spesso concretizzatesi in azioni di “pulizia e bonifica” del lungo fiume ed eliminazione degli accampamenti, ad opera delle ruspe e degli addetti della società La Lanterna, ingaggiata dal Comune (4).
A iniziomaggio del 2018, dopo che tra marzo ed aprile l’accampamento si era stabilizzato anche con la costruzione di alcune baracche sul modello della Jungle di Calais (5), è avvenuto lo sgombro definitivo, cui è seguita la presenza costante delle forze dell’ordine nei piazzali limitrofi, con l’obiettivo di fermare chiunque accennasse a volersi accampare (6). A metà luglio, il Comune ha fatto costruire una cancellata per chiudere tutti gli accessi che da Via Tenda portano alla zona del Sottoponte (7).
Ospitalità presso la Chiesa delle Gianchette: Nella primavera del 2016 ha inizio l’esperienza dell’accoglienza all’interno dei locali parrocchiali della Chiesa delle Gianchette, messa a disposizione dal parroco, con il supporto quotidiano dei volontari della parrocchia e della Caritas. Su ordine della Prefettura e del Comune, nell’estate del 2017 si è posto termine all’esperienza, con il trasferimento anche delle donne e dei bambini all’interno del Campo Roya, gestito dalla C.R.I. (1)
Comitato di quartiere: Il comitato di quartiere Via Tenda-Gianchette rinasce nel luglio del 2016. Uno dei suoi principali obiettivi è quello di affrontare la questione della presenza delle persone migranti. Ne fanno parte sia gruppi di abitanti apertamente razzisti e intolleranti, sia abitanti interessati ad affrontare in maniera democratica i problemi comuni. Molto spesso, nelle decisioni e negli atteggiamenti, saranno i primi a prevalere (1). Il Comitato esiste tutt’oggi e ha da poco ottenuto una sede ufficiale dall’amministrazione comunale.
Cortei:Via Tenda è stata attraversata da cortei di segno opposto. Hanno manifestato migranti e solidali insieme per chiedere la fine della repressione e del razzismo istituzionale e sociale e misure di accoglienza dignitose (1), ma anchegli abitanti di Ventimiglia contrari alla presenza dei migranti in città, con la presenza di gruppi con posizioni apertamente razziste, intolleranti e filofasciste (2).
Infopoint Eufemia: l’Infopoint è nato nell’estate del 2017 dalla collaborazione dei solidali del Progetto 20K con il progetto Melting Pot Europe e l’associazione locale Popoli in Arte. Ha avuto la sede in un fondo all’inizio di Via Tenda. A fine dicembre 2018 è stato chiuso a causa del mancato rinnovo del contratto da parte del proprietario dell’immobile. Per due anni è stato un punto di riferimento per la solidarietà nei confronti delle persone migranti e un punto d’incontro per queste ultime, che vi trovavano la possibilità di connessione internet, punto di ricarica per i telefoni, distribuzione di vestiario, scambio d’informazioni e consulenza legale. E’ stato più volte bersaglio d’insulti e minacce da parte dei gruppi di abitanti del quartiere contrari alla presenza delle persone migranti (1).
Distribuzione pasti: Dal 2016, nel piazzale antistante al cimitero sono stati regolarmente distribuiti pasti in orario serale per chi era accampato lungo il Roya, da solidali francesi della Val Roya, organizzati sia in associazioni sia in gruppi informali, talvolta da gruppi religiosi islamici, soprattutto in concomitanza con le festività del calendario islamica, e dal collettivo Kesha Niya (1).
Visite di medici solidali: Alcuni medici, in maniera volontaria, per solidarietà e complicità con le persone migranti, hanno effettuato visite e monitoraggi costanti delle condizioni di vita degli abitanti del sottoponte e degli ospiti delle Gianchette, producendo importanti testimonianze della situazione sanitaria e sociale (1).
(Foto in evidenza: pullman di Riviera Trasporti a Ponte san Luigi: manovre tra confine italiano e francese per prendere posizione per le operazioni di trasferimenti forzati.)
Pubblichiamo il secondo degli articoli per il ciclo di post, qui inaugurato, dedicato a fornire alcune coordinate specifiche e una sintesi delle informazioni su luoghi e dispositivi che caratterizzano la geografia fisica, sociale e politica del territorio di confine di Ventimiglia.
Adesivi di protesta alla compagnia di trasporto pubblico Riviera Trasporti (fonte: Riviera24)
#2 Riviera Trasporti: trasferimenti forzati da Ventimiglia agli Hotspot
Dal 2016 va avanti la procedura dei trasferimenti forzati in pullman dal confine di Ventimiglia agli hotspot del sud Italia. Riviera Trasporti S.P.A. (RT) è l’azienda assegnataria del bando per il “servizio di trasporto dei migranti” voluto dall’ex ministro Alfano e dal capo di polizia Gabrielli.
A seguito della visita di Alfano a Ventimiglia (7 maggio 2016) istituzioni e forze di polizia elaborano una tecnica di allontanamento dei migranti dalla zona di confine. È chiamata “strategia della decompressione” o “alleggerimento del confine” e viene sperimentata per la prima volta il 12 maggio 2016. Nell’estate diventa prassi regolare.
In quasi tre anni di decompressione sono state affinate tecniche, tempi, modi e anche i costi messi in campo. La motivazione ufficiale sarebbe la volontà di scoraggiare il cosiddetto “flusso secondario”: le persone che, raggiunta l’Italia, cercano di spostarsi in un altro paese europeo; prevenire turbative di ordine pubblico; scongiurare crisi igienico sanitarie.
Sequestrando le persone e obbligandole a essere identificate ulteriormente, sebbene la quasi totalità di loro abbia già lasciato impronte e dati all’arrivo in Italia o durante precedenti controlli.
Avvocati e associazioni di Diritto affermano che la procedura sia giuridicamente illegale. Migliaia di persone sono state tenute in stato di fermo non convalidato da nessuno. Sottoponendole alla limitazione della libertà personale in violazione dell’articolo 13 della costituzione. Numerose persone hanno dichiarato di aver ricevuto percosse, minacce e tortura durante le varie fasi di cattura nella zona del confine (con le retate di polizia francese e italiana), durante la detenzione, nel trasferimento al sud e in fase di re-identificazione negli hotspot. Altrettante le persone che dichiarano di non essere state informate di quello che stava loro accadendo: nè della destinazione del trasferimento forzato, né delle motivazioni della detenzione. Chi ha cognizione di cosa gli stiano facendo, è perchè sta affrontando il secondo (o terzo, o …) giro di trasferimenti forzati.
Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, personale medico che opera anche al campo CRI, personale di Riviera Trasporti, cooperano nell’espletazione delle procedure di deportazione.
Pullman di Riviera Trasporti in marcia sull’autostrada ligure, scortato da due blindati e una volante in borghese
EVOLUZIONE DELLA PROCEDURA:
– maggio/settembre 2016: Partono contemporaneamente due pullman da 50 posti. Arrivati a Genova avviene l’imbarco su voli di Mistral Air (Poste Italiane). In un paio di occasioni sono utilizzati traghetti di Sardinia Ferris per portare le persone in Sardegna.
Il noleggio dei voli costa 6.000 euro l’ora. La scorta di polizia all’interno dei pullman RT è nella proporzione di uno a uno coi migranti. Inoltre i convogli sono scortati da diversi blindati e volanti.
– autunno 2016/anno 2017: il trasferimento forzato passa su gomma: parte un pullman alla volta e copre tutto il viaggio. La scorta si riduce a un paio di blindati più auto civetta in borghese. In una prima fase i viaggi sono quotidiani, poi si diradano a cadenza circa bisettimanale. Vengono introdotti i teli di plastica bianca cerata per coprire i sedili sui pullman.
– anno 2018: in concomitanza con la riduzione del numero di persone che arrivano a Ventimiglia, i trasferimenti forzati si assestano a cadenza settimanale. Il pullman utilizzato è sempre da 50 posti. Il numero dei deportati oscilla tra 12 – 25 persone a carico. Attualmente tutti i viaggi sono diretti, salvo emergenze o lavori alla struttura, all’hotspot di Taranto.
Persone caricate sul pullman RT e sottoposte a trasferimento forzato.
I COSTI:
Riviera Trasporti s.p.a (trasporto pubblico per la provincia di Imperia) vince ripetutamente la gara di assegnazione del bando per i trasferimenti (bando 2016-2017: qui e qui. Bando 2017-2018: qui). Il bilancio della compagnia, che segna un debito di circa 25 milioni di euro, è letteralmente stato salvato negli ultimi anni dai finanziamenti per il trasporto delle persone migranti.
Con la proposta di 2,00 euro a km, iva esclusa, per un totale di costi di viaggio che oscilla tra 5.500 e 5.900 euro a settimana, Riviera Trasporti percepisce infatti dalla Prefettura di Imperia:
Per l’anno 2016: incasso 800.000 euro
Per l’anno 2017: incasso 800.000 euro
Per l’anno 2018: incasso 500.000 euro
Bisognerebbe poi aggiungere i costi per uomini e mezzi di scorta al convoglio. Gli straordinari del personale, le spese di manutenzione dei veicoli, i costi autostradali: pertanto non è possibile conoscere l’effettivo ammontare delle centinaia di migliaia di euro spese per mantenere a regime le deportazioni.
In rosso il percorso autostradale attualmente seguito per deportare le persone migranti da Ventimiglia all’hotspot di Taranto
LA LOGISTICA:
Il pullman di Riviera Trasporti arriva al confine italiano di Ponte san Luigi intorno alle 8 – 9 del mattino. Parcheggia innanzi all’edificio di polizia e resta lì per tutta la durata delle procedure, fino alla partenza intorno alle 13 – 14.
Le persone caricate sui pullman vengono sottoposte a una serie di procedure definite “Trattamento dei soggetti ”. Sono i migranti presi nel tentativo di passare il confine, per lo più dalla polizia francese; più quelli catturati a Ventimiglia nelle apposite retate organizzate il mattino del trasferimento.
All’interno della struttura della polizia di frontiera:
Identificazione e rilevazione generalità.
Screening medico: i malati contagiosi, per esempio di tubercolosi o scabbia, vengono rimandati a Ventimiglia. Circa 8 km di strada a piedi.
Perquisizione personale e sequestro di lacci delle scarpe, cinture, braccialetti, collanine e altri oggetti coi quali le persone potrebbero tentare gesti di autolesionismo
assegnazione a ciascuno di un numero di deportazione
Sul marciapiede tra la struttura di polizia e il pullman:
una alla volta le persone caricano zaino/valigia nella pancia del pullman
Un poliziotto esegue una ripresa busto-volto di ciascun migrante, costretto a tenere all’altezza del petto un pezzo di carta con il numero assegnato
Carico. Prima della partenza vengono consegnati panini e acqua. Sono rimossi i tappi delle bottiglie, sempre per evitare tentativi di soffocamento per disperazione o protesta.
Cartina della zona frontaliera tra Ventimiglia e Ponte San Luigi
Zona di Ponte San Luigi (confine di Satao) nel dettaglio: aree di detenzione dei migranti sul versante francese e zona di parcheggio del pullman per i trasferimenti forzati
IL TRASFERIMENTO:
Attualmente i pullman portano le persone a Taranto: 1.188 km in circa 16 – 18 ore (ma le persone restano bloccate sul pullman per 22/23 ore: dal carico del mattino precedente, al mattino successivo quando vengono infine fatte scendere all’hotspot)
Negli anni, sono state utilizzate anche altre strutture come meta per i trasferimenti forzati (sempre verso Hotspot, talvolta Cara): Taranto; Bari; Crotone; Trapani; Cagliari
Procedure per il trattamento: poliziotti scaricano in frontiera, presso gli uffici per espletare la trafila di imbarco su pullman, i migranti catturati nelle retate in città
Procedure per il trattamento: mascherine, guanti, inquisizioni e perquisizioni: il soggetto viene preparato al viaggio.
Procedure per il trattamento: a ciascuna persona viene assegnato un numero di deportazione, e con esso viene filmata da un operatore di polizia prima dell’imbarco
procedure per il trattamento: alcune persone in possesso del giusto documento vengono rilasciate a un certo step della trafila: gli uomini che escono dagli uffici di polizia devono rimettere lacci e cinture che gli sono stati requisiti durante i controlli
Pullman parcheggiato di fronte alla polizia di frontiera, si avvia a partire con la scorta
Il “gioco dell’oca” è stato spesso definito il giro infinito di deportazioni e respingimenti delle persone migranti, varato da Alfano nel 2016 e tutt’ora in vigore come procedura di repressione al confine
Con questo articolo inauguriamo un ciclo di brevi post nei quali cercheremo di dare sintetiche coordinate su alcuni luoghi e dispositivi che caratterizzano la geografia fisica, sociale e politica del territorio di confine di Ventimiglia.
1# Campo Roya, la struttura di accoglienza gestita da C.R.I.
Il campo per l’accoglienza dei migranti in transito a Ventimiglia è gestito da Croce Rossa Italiana.
Il campo dista 3 chilometri e mezzo dai servizi della città. L‘unico modo per raggiungerla è immettersi a piedi su una strada statale senza marciapiedi. Nel 2017 su questo percorso sono state travolte 3 persone e 2 hanno perso la vita.
La capienza iniziale di 100 posti, alla sua apertura nel luglio 2016, è stata progressivamente aumentata fino a raggiungere quella di 500. L’accesso al campo è costantemente presidiato dalle forze dell’ordine che procedono alla perquisizione delle persone al loro primo accesso e al controllo delle impronte digitali.
Nel luglio 2016 tutti i migranti ospitati alla Parrocchia di Sant’Antonio nel quartiere delle Gianchette, a eccezione di donne, minori e famiglie, sono stati trasferiti all’interno del campo. Nell’agosto 2017 la Prefettura ha avviato il trasferimento delle donne e i bambini rimasti presso la Chiesa.
I rastrellamenti che precedono la deportazione al Sud Italia vengono effettuati anche nella zona del campo.
Era agosto, anno 2018, una nave carica di persone aspettava penosamente un’autorizzazione, per attraccare al porto di Catania.
Adesso l’anno è quello nuovo, ma ancora ci ritroviamo a seguire le vicende di imbarcazioni – la Sea Watch e la Sea Eye 3 – che effettuano il soccorso in mare ai migranti e che vengono, quindi, rifiutate dai porti di mezza Europa. Di nuovo, una meschina contesa di potere si gioca sulla vita e la sofferenza di persone in condizioni di assoluta difficoltà.
Pubblichiamo una breve lettera: semplici parole una in fila all’altra, scritte in occasione della “crisi” relativa alla nave Diciotti.
Tornando d’attualità, queste parole ci parlano di come l’Europa continui a morire – e noi, suoi cittadini privilegiati, insieme a lei – ad ogni minuto che una di queste navi, cariche di un’umanità viva e sofferente, resta in balìa delle onde.
Forse è vero che ci si abitua a tutto. Come è vero che dimenticare è più facile che ricordare.
Scriviamo dalla Liguria, una delle regioni che più intensamente ha conosciuto e vissuto la lunga e triste stagione delle oceaniche migrazioni italiane, ma in quanti conoscono la storia del naufragio del Sirio? In quanti si emozionano alle prime battute del canto che ce lo racconta: E da Genova il Sirio partivano per l’America varcare, varcare i confin…?
Avremmo forse più chiaro che, sulle migrazioni, c’è sempre stato qualcuno pronto ad arricchirsi, mentre altre ed altri pagano, anche con la vita. Sapremmo che questa storia è anche la nostra e sentiremmo quanto l’attualità ci riguarda.
Con l’augurio che il 2019 porti quel coraggio di ribellarsi e predere posizione che finora è mancato alle nostre latitudini.
Ho una sorella per la quale, come è quasi scontato, mi butterei nel fuoco, se servisse a salvarla.
Per lei mi preoccupo nei momenti difficili, per lei mi riempio di gioia quando supera un traguardo importante.
Abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto, ci facciamo gli auguri ai compleanni e alle feste comandate, abbiamo fatto assieme delle vacanze e dei viaggi. Ora viviamo lontane e, quando ci telefoniamo, scarichiamo le batterie dei telefoni.
Ci adoriamo e litighiamo. Assieme ridiamo tantissimo e abbiamo pianto (soprattutto io). Parliamo di politica, d’amore, di lavoro, di epistemologia, di stronzate, di ideali, di altre persone, di rimedi naturali e cosmesi…parliamo di noi.
Fa il tiramisu più buono del mondo, con lei mangio il pesto e il berberé (non assieme!). Con lei ho preso sbronze colossali e ho ballato like I’ve never danced before. Cantiamo Battisti, ci batte il cuore con Gilberto Gil, abbiamo consumato un cd di musica del Mali e ultimamente impariamo vecchi canti di lotta e di lavoro.
Mia sorella è eritrea. La determinazione di qualcuno e il destino hanno fatto sì che nascesse in Italia. Se così non fosse stato, adesso, sarebbe potuta essere su una nave, al largo di Catania.
Mi fate pena, voi che non avete affetti che se ne freghino del colore della pelle, che non vi facciano sentire quello che il vostro cervello affaticato e la vostra angustia culturale e politica non vi fanno capire.
Voi che non avete il coraggio di guardare le fotografie dei migranti italiani di neanche un secolo fa. Voi che non vi ricordate del tragico naufragio del Sirio, partito da Genova…
Siete poveri d’animo ed è colpa vostra. Non vi perdonerò mai, perché la vostra meschinità, oggi, in Europa, è una scelta.
C.
Agosto 1906. Prima pagina del Corriere, con illustrazione e notizia del naufragio del piroscafo Sirio presso la costa spagnola di Capo Palos. Oltre 500 persone persero la vita: la quasi totalità dei passeggeri erano emigranti Italiani.