Notizie dalla Francia : attorno ai PRAHDA (centri di smistamento dei richiedenti asilo, funzionali ai respingimenti dei cosiddetti “dublinati” verso il primo paese europeo nel quale sono stati identificati), si organizza un movimento di protesta e solidarietà, contro le espulsioni, contro la trasformazione dei dispositivi di accoglienza in strutture semi carcerarie e l’impoverimento dell’istituto del diritto d’asilo, determinati dalle politiche europee e dal regolamento detto “Dublino”.

Un articolo scritto grazie all’aiuto dei partecipanti alla marcia, alla disponibilità dei solidali del Manba e al lavoro delle fotografe Peggy e Delphine e del collettivo Primitivi .

Partenza dal F1 di Vitrolles, Peggy

Domenica 29 ottobre.

Una chiamata delle/gli esiliati/e raggruppate/i nei PRAHDA di Vitrolles e Gémenos.

Da alcuni mesi, lo Stato ha bloccato l’accettazione di domande d’asilo!

Da alcuni mesi, le prefetture francesi attuano in maniera sempre più sistematica le procedure dette “Dublino”, nei confronti dei nuovi arrivati : poichè avrebbero attraversato altri paesi europei prima di arrivare in Francia, le prefetture rifiutano la registrazione delle loro domande d’asilo e programmano la loro espulsione verso i paesi di entrata in Europa (Italia, Grecia, Bulgaria …), ai quali delegano l’esame delle domande d’asilo. Ora, non soltanto le procedure d’asilo non sono più garantite in Italia, in Grecia o in Bulgaria, ma tali Stati hanno effettuato delle espulsioni verso i paesi d’origine, in Sudan, in Tchad, Niger, Guinea … Si tratta di una politica che ha come scopo quello di impedire l’accesso all’asilo per la stragrande maggioranza delle popolazioni migranti in Francia e costituisce un segnale negativo nei confronti delle/i nuovi/e rifugiate/i, provenienti dall’Africa e dall’Asia e intenzionati a raggiungere l’Europa.

Dietro le porte dei “centri d’accoglienza” dello Stato: smistamento degli/lle stranieri/e, isolamento e accelerazione delle espulsioni!

Come altrove in Europa, si moltiplicano le sperimentazioni di nuove formule e non si tratta più soltanto per lo Stato di rispondere ai propri obblighi di accoglienza d’urgenza. Quest’estate, 62 nuovi centri sono spuntati in giro per la Francia sotto l’acronimo di PRAHDA (programma d’accoglienza e ospitalità d’emergenza dei richiedenti asilo), all’interno di hotel Formule 1 dati in gestione all’associazione ADOMA (precedentemente Sonacotra).

Sgomberati da Parigi e Calais, ma accolti da mesi dagli abitanti delle città e dei paesi della nostra regione, centinaia di esiliati/e in procedura “Dublino” sono stati/e brutalmente trasferiti/e in centri situati a Gémenos, Vitrolles et Villeneuve les Maguelone… in attesa dell’espulsione! Lontano da ogni possibilità di contatto con la popolazione, in zone “idealmente” situate in prossimità delle piste degli aeroporti o della prigione (come a Montpelier): le prime espulsioni non hanno tardato a venire.

Con queste 62 anticamere della politica del respingimento di Stato, viene accelerato in Francia l’insieme del meccanismo di espulsione dei/lle “dublinati/e”.

PRAHDA = PRIGIONE

Le tecniche di sorveglianza e repressione nei confronti degli occupanti confermano il carattere repressivo dei PRAHDA. La polizia è sistematicamente presente. Coloro che vi risiedono hanno l’obbligo di dimora. I lavoratori sociali assumono il ruolo di secondini, agitano la minaccia di un regolamento interno particolarmente repressivo e segnalano alla prefettura ogni sgarro. Per quelli che resistono, le sanzioni consistono in una segnalazione come “persona in fuga”, che permette alla prefettura di espellere dal diritto d’asilo e di rendere irregolare nel lungo termine la situazione di chiunque venga segnalato.

Concepito come un’alternativa alla detenzione, questo dispositivo perverso non ha niente da invidiarle: ha come scopo l’efficacia delle espulsioni “volontarie”, agitando la minaccia della clandestinità e della privazione dei diritti che questa significa. I/le“dublinati/e”, d’altra parte, sono invitati a recarsi all’aeroporto autonomamente!

Rifiuto di accesso alle cure e ai diritti di interpretariato, apertura sistematica della corrispondenza amministrativa dei residenti da parte della direttrice locale: tutte pratiche ricorrenti che ricordano la prigione!

Nei PRAHDA e non solo, gli/le esiliati/e si mobilitano contro questi nuovi

dispositivi di repressione:

– contro DUBLINO e lo smantellamento del diritto d’asilo

– contro i centri d’isolamento e detenzione

– contro le espulsioni e i trasferimenti forzati

– contro le frontiere che ci vengono chiuse davanti alla faccia

– contro il razzismo di Stato e il suo mondo

UNITEVI ALLA MARCIA!

MASSIMA SOLIDARIETA!”

Questo il testo dell’appello che invitava ad una grande marcia regionale, domenica 29 ottobre. Una marcia di 27 chilometri all’incirca: quelli che separano il PRAHDA di Vitrolles dalla prefettura di Marsiglia.

I PRAHDA: novità e continuità nella “gestione degli stranieri” in Francia

Se ritrovare Marsiglia su una mappa non darà problemi a nessuno, puntare il dito su Vitrolles, e per la precisione sul luogo dell’appuntamento scelto dagli organizzatori, potrebbe rivelarsi un’impresa piuttosto ardua: l’hôtel Formule 1, all’indirizzo 2, Draille des Tribales, è una struttura ricettiva low cost, costruita in una zona industriale, tra capannoni semi-abbandonati e cantieri, affianco ad una super strada … e a pochi minuti dall’aeroporto Marseille-Provence.

PRAHDA, invece, sta per “programme d’accueil et d’hebergement d’urgence pour demandeurs d’asile”: programma di accoglienza e ospitalità d’emergenza dei richiedenti asilo. Assonanze e significato edulcorano cinicamente quel che rappresenta questa nuova tipologia di centri d’accoglienza francesi, entrati in funzione a partire dal mese di agosto 2017, ma dei quali si sentiva parlare da quasi un anno[1]. Si tratta di dispositivi dedicati ad una tipologia particolare di migrante: colui o colei che è stato identificato, tramite registrazione delle impronte, in un paese che non corrisponde alla Francia. Cioè coloro sui quali ricade la procedura regolamentati dagli accordi europei di Dublino, che stabiliscono che le domande d’asilo possano essere inoltrate esclusivamente nel primo paese di entrata in Europa. Un regolamento i cui effetti perversi sono ormai noti, primo tra tutti la “consuetudine” delle forze dell’ordine di obbligare i migranti, anche con la violenza, a depositare le proprie impronte. Impronte che restano valide per un numero variabile di mesi (al massimo 18), passati i quali si può depositare domanda d’asilo altrove: lo Stato francese si organizza per non sprecare neanche un minuto di questo conto alla rovescia!

A chi entra nel programma PRAHDA viene chiesto di firmare un contratto nel quale è scritto nero su bianco che la permanenza nel centro ha fine al momento del trasferimento verso un altro Stato. Il regolamento interno prevede l’obbligo di residenza nella struttura, ciò che equivale ad un obbligo di firma in commissariato una volta a settimana. Ogni assenza di 24 ore deve essere segnalata, mentre ogni allontanamento di una settimana deve essere sottoposto all’approvazione della direzione. Il firmatario si impegna a presenziare a tutti gli appuntamenti relativi alla prosecuzione della procedura d’asilo e concede alla direzione il diritto di diffondere alle autorità che ne richiedessero visione tutte le informazioni a suo riguardo. Il rispetto dei locali è l’oggetto di un ulteriore punto del regolamento. Si specifica che ogni infrazione darà adito alla rottura del contratto e all’allontanamento senza preavviso.

Nella gara d’appalto per l’assegnazione dei PRAHDA si legge che, oltre alle obbligazioni comuni ai dispositivi di accoglienza – come garantire un alloggio e seguire le procedure giuridiche degli ospiti-, chi si aggiudicherà la gestione dei PRAHDA dovrà anche preparare il trasferimento dei “dublinati” e comunicare a OFII[2] e prefetti ogni defezione al regolamento.

A guadagnarsi l’onore di gestire strutture per più di 5000 posti, dislocati su 12 lotti territoriali corrispondenti alle regioni francesi – Corsica esclusa -, è stata Adoma, una società “di economia mista” pubblica e privata nell’ambito del “logément social”, vecchia conoscenza dei lavoratori stranieri in Francia. Prima di ritracciarne i nobili natali, va notato che la formulazione stessa dell’appalto ha di fato escluso qualunque attore del settore che non fosse un gigante (data la ripartizione in grossi lotti regionali). E di giganti, su una stessa piazza, pare evidente non ce ne possano stare molti: Adoma ha ottenuto la totalità dei lotti!

Adoma nasce nel 1956 come SONACOTRAL: società nazionale di costruzione per i lavoratori algerini. Lo scopo, all’epoca, era quello di far uscire dalle bidonvilles le masse di lavoratori algerini giunti in Francia a seguito di accordi bilaterali tra i due paesi. I campi informali erano di fatto incontrollabili per le autorità e si imponeva la necessità di costruire degli alloggi funzionali. A partire dagli anni ’60, oltre a costruire e manutenere, SONACOTRAL inizia anche a gestire gli alloggi per lavoratori, imponendo regolamenti durissimi e repressivi. Proprio a causa di un suo cavallo di battaglia, il non concedere la residenza a chi viveva nelle proprie strutture, negli anni ’70 SONACOTRA, che nel frattempo ha perso una L guadagnando pero’ il diritto di alloggiare lavoratori di tutte le nazionalità, fu bersaglio di importanti proteste e contestazioni.

Nel 2007 cambia nome, diventa Adoma ed estende le proprie competenze a vari settori dell’alloggio sociale, diventando una filiale della SNI (società nazionale immobiliare, controllata dalla Caisse de Dépots et consignations) ed entrando, quindi, in un’era di gestione orientata al profitto finanziario[3].

Una volta vinto l’appalto, Adoma ha proceduto all’acquisto di 62 hotel, di proprietà del mega gruppo Accor, della tipologia detta “Formule 1”: un’invenzione dei ruggenti anni ’80: strutture prefabbricate situate in zone di transito, nelle vicinanze di aeroporti e autostrade. Stanze minuscole, bagni in comune, assenza di qualsiasi servizio, prezzi assolutamente low cost. Ma negli ultimi anni il mercato della ricettività si è rivoluzionato e i F1 hanno subito un crollo disastroso … e allora perché non collettivizzare le perdite con un bell’acquisto da parte di una società semi-pubblica?[4]

Chi si ritrova a risiedere in questi luoghi lunari, parliamo di un minimo di 40 persone[5], non ha a disposizione alcuno spazio comune e nessuna connessione ad internet. Le cucine sono inesistenti, al massimo delle stanzette con un microonde. A Gémenos e Vitrolles molti dei bagni sono inutilizzabili : sono stati promessi dei lavori, ma non si è ancora visto nulla. La diaria è di circa 200 euro al mese, ma l’erogazione non è regolare. In più, in alcuni centri le spese di trasporto sono a carico del richiedente asilo e non sempre è garantito l’accesso alle cure sanitarie.

La polizia passa costantemente, per far firmare le notifiche di residenza o per effettuare controlli. Ci sono stati casi di fuga, che si sono conclusi con arresti e detenzione nei CRA[6].

I lavoratori sono pochissimi e, nei PRAHDA di provenienza degli organizzatori della marcia, ci sono già stati due licenziamenti per motivi disciplinari (pare che la motivazione avesse a che fare con l’aver dimostrato troppa vicinanza con i migranti). Rimangono uno o due lavoratori per centro, più la direttrice: viene da sé che l’assistenza giuridica sia pressoché inesistente[7].

Gli inizi della mobilitazione contro il regolamento di Dublino.

Quando, agli inizi di agosto, i primi PRAHDA hanno aperto i battenti, a Marsiglia i membri del collettivo El Mamba hanno iniziato a ricevere telefonate dai solidali organizzati attorno ai CAO[8] della regione. Erano telefonate di allarme: vedendo sparire le persone da un giorno all’altro, ci si chiedeva che cosa ne fosse di loro.

La macchina solidale ha, quindi, iniziato il proprio percorso di mobilitazione. Innanzitutto fornendo supporto legale ai molti che iniziavano a ricevere delle convocazioni in prefettura, durante le quali veniva consegnato un biglietto d’aereo, quasi sempre a destinazione Italia.

Una prima azione collettiva ha avuto luogo il 12 settembre, quando un folto gruppo di richiedenti asilo e solidali è andato in prefettura, per depositare domanda d’asilo per i molti per i quali si avvicinava la scadenza dei 18 mesi. Un’azione pensata anche in vista del fatto che, essendo stati trasferiti improvvisamente da altre città, l’avanzamento dei dossier era in panne. Il risultato non è stato quello sperato: qualche domanda d’asilo è stata accettata, ma la maggior parte ha visto allungarsi i tempi della conclusione della procedura Dublino (motivazione addotta: avrebbero fatto registrare 2 assenze ad appuntamenti con la prefettura durante i primi 6 mesi della procedura). Addirittura, una persona è stata incarcerata nel CRA di Marsiglia, con la scusante di un mancato ritiro di corrispondenza a suo nome e la scarcerazione è avvenuta grazie all’azione di alcuni avvocati.

A questo punto la necessità di mobilitarsi si faceva sempre più pressante, anche perché in tantissimi si ritrovavano nella stessa situazione.

L’occasione per concretizzare si è data ad un coordinamento dei collettivi del sud est francese, durante il quale si sono incontrati in molti, persone residenti nei vari PRAHDA e collettivi solidali. Si inizia a concordare e sincronizzare le azioni, a partire dal pranzo davanti al PRAHDA di Montpellier in contemporanea ad un’azione a Briançon, e si inizia anche a parlare di una marcia regionale.

L’intento comune era, ed è, quello di dar vita ad un’azione e, possibilmente, ad un percorso di lotta nei confronti delle direttive europee, sintetizzate negli accordi di Dublino, che impediscono qualsiasi possibilità di autodeterminazione nelle scelte che riguardano il proprio percorso migratorio e i propri iter giuridici. Imponendo logiche burocratiche e coercitive, spesso contraddittorie, l’Europa e gli stati che ne fanno parte, di fatto, impediscono, o comunque compromettono irrimediabilmente, il pieno esercizio del diritto alla protezione internazionale. Giustamente, in molti decidono di non voler sottostare a questo regime, ritrovandosi, costretti in clandestinità, a percorrere e ripercorrere le medesime rotte. Le traiettorie si fanno sempre più contorte e aumentano i casi di persone che hanno subito espulsioni plurime o che, rientrati in Italia, non possono riaprire le procedure d’asilo, a causa delle assenze durante il periodo passato in Francia[9].

Dall’Italia, inoltre, si registrano numerosi casi di persone che si ritrovano con una richiesta d’asilo depositata contro il loro volere : le impronte vengono prese con la forza e, contestualmente, si procede con la redazione di una domanda d’asilo, della quale, però, il diretto interessato non è a conoscenza: spesso non compare la sua firma e non è riportata nessuna testimonianza.

Ulteriore problematica: poiché l’Italia, durante l’estate 2016, ha espulso verso il loro paese d’origine 48 sudanesi[10], come può la Francia, che considera il Sudan “paese non sicuro”, operare in direzione dell’espulsione dei sudanesi verso l’Italia? Un esempio, che però funziona anche rispetto ad altre triangolazioni tra Stati.

La marcia del 29 ottobre

La testa del corteo, Peggy

Avendo come obiettivo l’organizzazione di un appuntamento il più vasto possibile, si era pensato a scadenze più dilatate. Dai residenti nei PRAHDA, però, è stata avanzata la richiesta di non rimandare oltre la fine di ottobre: in molti avevano ricevuto convocazioni in prefettura per i primi di novembre e il timore era che si potesse trattare di consegne di biglietti aerei o anche di deportazioni tout court. Si trattava di timori pienamente giustificati dai fatti: il 24 ottobre, 3 richiedenti asilo residenti nel PRAHDA di Vitrolles, ai quali se ne è poi aggiunto un quarto, sono stati trasportati e trattenuti in una cella del commissariato di Avignone, per essere poi espulsi in Italia il giorno seguente. Il tutto senza alcun preavviso, nessuna notifica e nessun colloquio con un legale, quindi in violazione della normativa. La direzione del PRAHDA è assolutamente collusa con la prefettura : la direttrice dei due centri ha addirittura accompagnato personalmente in commissariato, con il furgone della comunità, le persone che sono poi state espulse[11].

La Grande Marcia Regionale contro il Regolamento Dublino parte dal cortile del PRAHDA di Vitrolles.

Una trentina di persone arrivano da Marsiglia, in treno, altri in macchina, alla spicciolata.

E’ ancora presto : manca all’incirca un’ora all’orario di partenza, previsto per le 9, 30. Il Mistral ha iniziato a farsi sentire e nei dintorni non c’è traccia di vita : qualche casa circondata da muri e inferriate, qualche capannone abbandonato, presidiato da cani alla catena. La strada che porta al PRAHDA, dalla piccola stazione di Vitrolles, è interrotta da cantieri stradali, ai quali si è costretti a passare nel mezzo. Gli ospiti del PRAHDA ci invitano ad entrare e preparano te e caffè. Comunque restiamo nel cortile : gli unici due grandi tavoli del centro sono all’aperto, mentre l’interno della struttura si sviluppa attorno a corridoi contorti e angusti, sui quali affacciano le piccole stanzette, marchio di fabbrica degli Hotel F1, e i gabinetti.

Quando arrivano i furgoni sui quali viaggiano i “dublinati” del PRAHDA di Gémenos – altro centro di questo tipo nella regione Provence-Alpes-Côte d’Azur- ci si mette in strada. Molti nascondo il volto dietro una maschera che riproduce le linee di un’impronta digitale, materializzazione della violenza che, nella freddezza della visione burocratica, cancella le storie che le stanno dietro, i chilometri di strada percorsi.

La strada nazionale, Peggy

Siamo 120 e, una volta imboccata la super strada, iniziamo a camminare a buon ritmo, seguiti da alcuni giornalisti e scortati da qualche macchina della polizia. Cammineremo a questo ritmo per più di 5 ore, decisi ad arrivare in orario, o comunque con un ritardo ragionevole, a Bougainville, nella periferia nord di Marsiglia, dove ci aspettano le compagne e i compagni che si uniranno agli ultimi chilometri del percorso.

Lungo la strada e nei centri abitati che attraversiamo, vengono distribuiti volantini per spiegare le ragioni di questa insolita e ingombrante presenza domenicale: in molti rallentano e abbassano i finestrini, o si affacciano dalle case, per raccoglierli.

A ritmare e sostenere la marcia, slogan e interventi. Si grida, per innumerevoli volte, « Stop Dublin » e « Non aux expulsions ». E poi : « La France à tout le monde, La place à tout le monde ».

Chi parla al microfono si interroga sul perché del rifiuto netto e senza appello che ricevono dalle autorità francesi. Ci si chiede come sia possibile essere rifiutati da un paese che per molti non è affatto sconosciuto : « siamo tutti francesi , in tanti hanno parenti che hanno vissuto qui a lungo, un nonno che ha fatto il soldato per la Francia ». Ed è vero anche il discorso inverso : « per quanto tempo i francesi sono stati nei nostri paesi ? … e ci sono ancora ! Ma noi non li scacciamo ! ». Un rifiuto che non si può comprendere ed accettare, « pensando alla Francia, un paese di diritti, il paese dell’uguaglianza … ma questa uguaglianza non esiste ! Per noi non esiste ! ».

Ingresso a Marsiglia, Peggy

Gli ultimi chilometri prima della tappa intermedia, quelli fatti attraverso le periferie marsigliesi, li trascorriamo in una strana dimensione, tra entusiasmo e stanchezza. Adesso si inizia a gridare « Nous sommes pas fatigués, noi non siamo stanchi ! ». Chiedo ad un ragazzo che mi cammina affianco : « come va ? Sei stanco ? », la risposta : « Dubliné, pas fatigué ! » … e la risata è impossibile da trattenere per entrambi.

Ingresso a Marsiglia, Peggy

Alla stazione della metro di Bougainville ci aspettano in 200. Arriviamo cantando e gridando e l’accoglienza è altrettanto calorosa. Dopo aver mangiato qualcosa, si riparte, rinfoltiti. Siamo circa 400 all’arrivo, davanti allo sfarzoso palazzo della prefettura di Marsiglia[12].

Arrivo a Bougainville, Peggy

Il corteo in città, Delphine

Tramonto al Vieux Port, Peggy

 

«I sassi nelle scarpe»

Ritratti, Primitivi

Sono le 19 circa. Nella piazza della prefettura fa freddo, il Mistral è ancora con noi. Mentre si “imbandisce” la cena, il microfono resta aperto per chi ha voglia di dire qualcosa. Contenti, infreddoliti, stanchi e soddisfatti. C’è un po’ di tempo per parlare con alcune delle persone al fianco delle quali si è camminato per l’intera giornata.

M.[13] è in Francia da un anno. E’ rimasto 9 mesi nel CAO di Barcellonete e poi, quest’estate, il trasferimento al PRAHDA di Gémenos, che definisce un « ghetto per i dublinati ». Racconta di come, attraverso i contatti del collettivo El Manba, hanno incontrato i residenti dell’altro centro, quello di Vitrolles : entrambi sono lontani da tutto, il collegamento con Marsiglia è stato fondamentale per entrare in contatto. Per adesso è riuscito ad evitare di salire sull’aereo, ma un fatto lo preoccupa : circa un mese fa è stato intervistato da un giornalista del giornale locale La Provence : nell’articolo si parla dei PRAHDA e il titolo recita « Nuova prigione per gli esiliati ». Il problema è che il giornalista ha ritenuto opportuno riportare nome e età di M., il quale ora teme ritorsioni e conseguenze, dato che, a seguito dell’uscita dell’articolo, durante un colloquio in prefettura, è stato sequestrato l’originale del documento che attesta la sua condizione di richiedente asilo. Ma le ostilità nei loro confronti vengono anche dal personale e dalla direzione dei PRAHDA : « in teoria dovrebbero lavorare con noi, invece le strutture sono fatiscenti, i bagni non funzionano … e soprattutto il capo è meschino … cioè, è tranquillo, possiamo uscire, rientrare senza troppi problemi di orari … tranquillo, tranquillo e poi : biglietto d’aereo ! Delle persone sono già state espulse ! » M. si dice soddisfatto della marcia, della partecipazione e soprattutto della disponibilità ad ascoltare e leggere i motivi della protesta da parte di tutte le persone incontrate lungo il percorso e che hanno accettato i volantini. Arrivare fino a qui, nel centro di Marsiglia, era importante per rompere l’isolamento nel quale sono costretti e per far sì che si sappia dell’esistenza di questi nuovi centri. Da Gémenos sono venuti tutti quanti.

B. parla delle problematicità del servizio di assistenza giuridica, che dovrebbe essere garantito dalla direzione dei centri : « i PRAHDA sono pensati contro gli interessi dei migranti. Come sempre, cercano continuamente nuove soluzioni per bloccare e appesantire i dossier e le situazioni delle persone ». Come esempio, spiega cosa gli è successo qualche tempo fa : « Avevo fatto domanda di ricorso contro una notifica del prefetto. Adoma la ha consegnata in ritardo e così non è stata presa in conto ! Succede spesso che tengano nascosto quel che potrebbe esserci utile … il loro ruolo è metterci “il sassolino nella scarpa” ».

L’arrivo in prefettura, Peggy

 

Venerdì 10 novembre: a pranzo in prefettura

Pranzo in prefettura, Primitivi

A conferma del fatto che la volontà è quella di dar vita ad un percorso di lotta che non si esaurisca con la data del 29 ottobre, venerdì 10 novembre ci ritroviamo nella piazza della prefettura di Marsiglia per un pranzo collettivo contro le espulsioni[14]. Il morale è alto e le idee per futuri appuntamenti non mancano. Dal microfono F. dice : « Parlo francese, eppure fino a qualche tempo fa non lo parlavo. Se, dopo essere stati espulsi, ritorniamo 2, 3 volte, è perché abbiamo deciso di stare qui ! Stiamo bene qui e non capiamo perché ci respingano in questa maniera ! ». Domenica 29, all’arrivo della marcia, la prefettura era vuota. Adesso sappiamo che, dietro la facciata decorata da decine di bandiere tricolore per l’anniversario della fine della prima guerra mondiale, qualcuno c’è. Prima di andare via, una delegazione porta al prefetto una lettera. Di seguito il testo tradotto in italiano :

« Popoli di Francia, signor prefetto,

Abbiamo scelto la Francia per la sua reputazione mondiale in quanto a diritti dell’essere umano e accoglienza dei rifugiati.

Per raggiungere la Francia, abbiamo attraversato dei paesi dell’Unione Europea dove stiamo stati obbligati a lasciare le impronte digitali. Abbiamo deciso di depositare domanda d’asilo presso la Repubblica francese ma le nostre procedure sono state bloccate a causa del regolamento « Dublino ». Non possiamo tornare nel paese dove siamo stati obbligati a lasciare le impronte per differenti motivi ; tra noi :

– Alcuni hanno ricevuto dei rifiuti, e sono quindi esclusi dal diritto d’asilo nel primo paese coinvolto.

– Alcuni vi hanno subito atti razzisti e indegni.

– Alcuni sono stati lasciati per strada, a causa dell’insufficienza dei dispositivi d’accoglienza.

Contrariamente al motto della Repubblica, il governo ha messo in atto dei metodi per mettere dei sassi nelle scarpe (dei bastoni nelle ruote) alle persone in procedura « Dublino » e facilitare le espulsioni. Prendiamo come esempio il dispositivo detto PRAHDA, gestito da Adoma, che opera contro gli interessi dei richiedenti asilo in procedura « Dublino » :

– Deposizioni di domande di ricorso oltre scadenza.

– Complicità di Adoma e prefettura nell’attuazione di espulsioni forzate, senza preavviso e in violazione dei diritti.

– Privazione delle condizioni di vita degne di un essere umano.

Per questi motivi, signor prefetto, sollecitiamo la vostra attenzione, al fine di :
– Annullare le nostre procedure « Dublino ».

– Fermare le espulsioni.

– Accettare le nostre domande d’asilo.

– Farla finita con il mostro Adoma-Prahda.

– Permettere l’accesso all’educazione, agli studi e alla formazione professionale.

Sollecitiamo la Repubblica francese e il suo popolo ad avere uno sguardo misericordioso sulle nostre situazioni di rifugiati, che hanno lasciato dietro di loro delle nazioni, delle famiglie.

Dei rifugiati stanchi per un viaggio pieno di pericoli.

Dei/Delle « Dublinati/e »

Marsiglia, 10 novembre 2017 »

Al momento dei saluti, M. mi dice : « ho un biglietto per lunedì (13/11, n.d.a.), ma non partirò ! ».

… nella speranza di camminare ancora affianco a M., a tutti gli altri e a tutte le altre.

C.P.

[1] L’apertura dei PRAHDA era prevista per la primavera 2017, quando le strutture ospitanti i CAO (centri d’accoglienza e orientamento), aperti in moltissime località francesi a seguito dello sgombero della Jungle di Calais, avrebbero dovuto ritrovare le loro funzioni abituali, principalmente quelle di colonie estive per ragazzi. https://passeursdhospitalites.wordpress.com/2016/11/26/des-cao-au-prahda/.

[2] Office Français de l’immigration et de l’intégration.

[3] Lo stesso finanziamento dei PRAHDA fa riferimento alla messa in opera di un fondo d’investimento. Per approfondire la storia di ADOMA, anche attraverso filmati d’epoca: http://iaata.info/Adoma-remporte-le-marche-PRAHDA-et-prepare-l-apres-CAO-2034.html.

[4] La possibilità di colmare le perdite, entrando nel mondo dorato dell’allogio sociale, era già stata intuita dai proprietari di questo tipo di strutture, ben prima dell’acquisto da parte di Adoma : http://abonnes.lemonde.fr/m-perso/article/2017/10/02/les-hotels-formule-1-dans-une-voie-de-garage_5195109_4497916.html?xtmc=formule1&xtcr=8.

[5] Per i PRAHDA nelle Bouches du Rhône : 40 persone a Gémenos e una sessantina a Vitrolles.

[6] Centre de rétention administrative.

[7] Un articolo che spiega lo scopo e il funzionamento dei PRAHDA, riportando testimonianze di donne e uomini costretti in dispositivi di questo tipo in varie parti di Francia. Le problematiche sono simili a quel che abbiamo sentito raccontare e visto a Vitrolles e Gémenos. La sostanza è sempre la stessa : isolare, invisibilizzare, espellere. https://blogs.mediapart.fr/agathe-senna/blog/091117/les-prahda-isoler-invisibiliser-expulser?utm_source=facebook&utm_medium=social&utm_campaign=Sharing&xtor=CS3-66.

[8] Centre d’accueil et orientation.

[9] Una nota del colletivo solidale di Marsiglia El Manba, per riportare le vicende di un richiedente asilo « rimbalzato » tra Italia e Francia.

[10] https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/24/migranti-prima-espulsione-di-gruppo-48-presi-a-ventimiglia-e-rispediti-in-sudan-ma-khartoum-viola-diritti-umani/2993664/.

[11] https://mars-infos.org/prahda-de-vitrolles-expulsion-2682.

[12] Un articolo sulla marcia di domenica 29, nel quale si ritrovano anche stralci di interviste audio ad alcuni residenti dei PRAHDA : https://reporterre.net/Un-an-apres-Calais-la-France-traite-toujours-plus-mal-les-migrants.

[13] Le iniziali si riferiscono a nomi d’invenzione.

[14] Una restituzione video del pranzo, da parte del collettivo marsigliese Primitivi, che si occupa di produzioni video “di strada” per documentare lotte e iniziative dal basso: https://player.vimeo.com/video/243157295.