Pubblichiamo due articoli, tradotti in italiano, dal blog Passeurs d’Hospitalité [1] , in testimonianza dell’attacco ai diritti fondamentali in atto a Calais. Come a Ventimiglia da parte delle istituzioni italiane, nella zona di confine di Calais lo Stato francese adotta misure per impedire l’accesso all’acqua, ai servizi igienici e a qualsiasi forma di supporto ai/alle migranti. Il primo articolo contiene una petizione promossa da un gruppo di abitanti della cittadina sulla Manica, fortemente polemici nei confronti delle posizioni espresse dalla municipalità; il secondo testimonia delle trasformazioni dei dispositivi di “accoglienza” e di controllo delle persone migranti  in Francia.

 

“Noi, abitanti di Calais, non ci riconosciamo in questa retorica del rifiuto”

(dal Blog Passeurs d’Hospitalité, pubblicato lunedì 24 luglio 2017)

A partire dall’autunno 2016, momento dell’evacuazione della più grande bidonville d’Europa, Calais ha assistito al ritorno di centinaia di persone desiderose, per la maggior parte, di andare in Inghilterra. Bambini, donne e uomini che si trovano in una situazione di precarietà estrema. Quotidianamente braccate/i dalle forze dell’ordine, non hanno accesso ai loro diritti.

Il Difensore dei Diritti ne ha preso atto e, il 14 giugno scorso, con un comunicato ha denunciato “attacchi ai diritti fondamentali” delle persone migranti “di una gravità eccezionale ed inedita” nel litorale Nord Pas-de-Calais.

Il 16 giugno, delle persone esiliate e delle associazioni, stanche di non ricevere dallo Stato alcuna risposta ai loro appelli, hanno interpellato il tribunale amministrativo chiedendo di imporre allo Stato stesso di apprestare dei dispositivi che permettano agli/alle esiliati/e di accedere ai diritti fondamentali. Un’udienza, alla quale ha assistito la sindaca di Calais, si è tenuta al TA di Lille il 21 giugno.

Il 26 giugno, il tribunale ha ordinato la messa in opera di dispositivi quali l’accesso a dei punti d’acqua, docce e latrine, a delle unità di strada per le/i minori, e la sospensione delle misure intralcianti il lavoro delle associazioni (violenze poliziesche, controllo dei volontari). La sindaca di Calais, sostenuta dalla maggioranza del consiglio municipale, ha risposto il giorno stesso annunciando che, per lei, le esigenze formulate erano inaccettabili. Il Comune di Calais e la Prefettura, il 6 luglio 2017 hanno presentato un appello al Consiglio di Stato.

Delle/i cittadine/i di Calais hanno deciso di rispondere…

“Siamo abitanti di Calais, siamo indignati/e dalle dichiarazioni della Signora Bouchart, che pretende di parlare a nome di tutti/e gli/le abitanti di Calais. La sua retorica non è intrisa d’altro che disprezzo per l’umano. Noi non ci riconosciamo in questa retorica di separazione e rifiuto.

Mercoledì 21 giugno, anche alcuni/e di noi erano presenti all’udienza del Tribunale amministrativo, per testimoniare dei traumatismi ricorrenti subiti dalle persone in esilio nella nostra città.

Non accettiamo di vedere queste persone, che hanno fuggito la guerra o la misera, in una tale situazione indegna di precarietà e maltrattamento. Abbiamo un cuore e una coscienza. Non accettiamo che dormano per strada, nei boschi. Vogliamo che questa caccia all’Uomo termini. Vogliamo che queste persone possano essere informate dei loro diritti, che chi lo desidera possa essere preso in carico, possa passare legalmente la Manica, allorché questo sia il loro obiettivo, o possa chiedere l’asilo. Vogliamo che l’articolo 13 della dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo e i diritti fondamentali siano rispettati.

Pensiamo agli/alle abitanti che devono, anche loro, subire la violenza delle politiche di non-accoglienza messe in pratica negli ultimi 20 anni, e che obbligano migliaia di persone a sopportare l’insopportabile e gli/le abitanti di Calais a esserne testimoni.

Invocando il traumatismo vissuto dagli/dalle abitanti di Calais e l’economia in difficoltà, Natacha Bouchart punta il dito sui danni che essa stessa ha causato, scegliendo una politica non ospitale.

La causa reale del declino dell’economia e dell’immaginario negativo che condizionano Calais, è la disinformazione: Calais non è in guerra, malgrado quel che la municipalità, il governo e certi media provano a farvi credere.

La Giustizia ha deciso che lo Stato e il Comune debbano mettere in campo misure minime per gli/le esiliati/e presenti nella zona di Calais: dei punti d’acqua, l’accesso alle docce, a dei servizi igienici. Ha chiesto alle autorità di non ostacolare il lavoro delle associazioni. Adesso, la Signora Bouchart afferma che non rispetterà questa decisione, che giudica “inaccettabile”! Che bell’esempio dato ai/alle cittadini/e di Calais e d’altrove!

Quel che è inaccettabile, è la violenza creata da questa frontiera, le barriere e il filo spinato, l’onnipresenza poliziesca.

Pensiamo anche ai morti, troppo numerosi, e agli incidenti, compresi tutti quelli provocati dalla chiusura della frontiera sulla tangenziale autostradale.

La Signora Bouchart lo sa, Calais rappresenta un luogo strategico, data la sua posizione geografica. Calais sarà sempre un punto di passaggio, nessuno può spostarla. Questo significa che le persone che vogliono andare in Inghilterra, con o senza documenti che siano, arriveranno sempre a Calais, ignorarlo è un non-sens.

Chiediamo che il diritto alla libertà di circolazione per tutti e tutte, garantito dall’articolo 13 della dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, sia finalmente applicato.

Vogliamo che il governo e la municipalità trovino delle soluzioni, affinché Calais non sia più un’impasse, per eliminare quelle reti che deturpano la città, per smettere di spendere invano centinaia di milioni di Euro in forze di polizia, barriere, telecamere, riflettori, droni, elicotteri, vigili, reti, per consacrarli, invece, all’accoglienza e alle spese utili alla città di Calais e ai/alle suoi/e cittadini/e.”

 

Verso un’accelerazione dello “smistamento” delle persone

(dal Blog Passeurs d’Hospitalité, pubblicato venerdì 1 settembre 2017)

Il sole è tornato. Asciuga gli indumenti fradici, quelli che non sono stati gettati dalla ruspa municipale mercoledì 31 Agosto, al momento dell’operazione sotto il ponte Mollien. La sera stessa, alcuni esiliati erano già tornati dal luogo dove erano stati condotti: una destinazione a loro sconosciuta, a 2 ore da Calais. Dicono: “non è una città, è un luogo in mezzo al niente”.

In effetti si tratta di un CAES: un Centro d’Accoglienza e Studio delle Situazioni amministrative, alla periferia di Bailleul o di Belval. Questo nuovo dispositivo di Stato costituisce una prima tappa nello “smistamento”degli esiliati con esame accelerato della loro situazione amministrativa. Un soggiorno dalla durata limitata, prima di un trasferimento verso un CAO o un PRAHDA. Lo Stato non è chiaro sui motivi che condizionano l’attribuzione negli uni o negli altri.

Attorno ai CAO esistevano già delle mobilitazioni. Attorno ai PRAHDA si stanno formando numerose inquietudini: dei centri semi-aperti destinati ai dublinati che potrebbero esservi assegnati in residenza con controllo coatto degli spostamenti, facilitando così i rinvii verso altri paesi europei o verso i loro paesi d’origine. [2]

In continuità con il presidente Macron, il Prefetto di Calais ha annunciato venerdì 25 agosto che non ci saranno più esiliati per strada quest’inverno. A settembre, lo Stato sembra pronto a sfoderare qualche sorpresa.

Ci si può quindi aspettare un’accelerazione delle retate e delle procedure di “smistamento”.

E pensare che agli esiliati catturati durante le retate era stata offerta la scelta tra i CAES e il centro di detenzione. L’altro ieri sera, erano almeno una decina ad aver lasciato il dispositivo, per tornare a dormire per strada, senza neanche un sacco a pelo, essendogli stati confiscati dalla polizia.

Sembra chiaro che non sia la prospettiva di depositare una domanda d’asilo in Francia che motiva i nostri viaggiatori, ma piuttosto il fatto di poter prendere una doccia a #Calais. #Douchespourtous #appeldair

[1] https://passeursdhospitalites.wordpress.com/

[2] Per approfondire riguardo ai CAO e ai PRAHDA, diverse forme di centri di transito e accoglienza per persone migranti in Francia, si vedano questi due articoli rispettivamente dal blog Passeurs d’hospitalites e dal sito La Cimade:

https://passeursdhospitalites.wordpress.com/2016/11/26/des-cao-au-prahda/ ; http://www.lacimade.org/dublin-vers-un-durcissement/