Quanto pesano i fiori?

Riceviamo e pubblichiamo una preziosa testimonianza su una giornata di lavoro tipo nell’industria dei fiori nell’entroterra ventimigliese per la raccolta delle mimose che vengono vendute e regalate per l’otto marzo. Ogni ulteriore commento è superfluo: buona lettura.

Quanto pesano i fiori?

Nebulose di globi pulsanti, esplosioni vibranti, straripano da una carezza incensata in un viaggio tra cosmi e dimensioni.
[Il capo] “Metti insieme rami in mazzi da 200 grammi.”
[Io pensando] -Quanto saranno 200 grammi di mimosa?
Ecco, quasi, forse un rametto in più
Non avevo mai pensato che i fiori possano essere pesati.
[Il capo] “Ora lega insieme due mazzetti con l’elastico e poi due da cinque.
Metti il codice a barre intorno agli steli.”

[Il capo] “Tagliati la barba sabato,
se rimani con questa barba lunga fai paura,
sembri uno del tuo paese,
sembri un bangladesh.
Tu vuoi essere solo un bangladesh
o vuoi essere un italiano?”

[Il capo] “Prendi due rami belli e li metti al centro poi ne aggiungi altri scalando.
Giri dall’altro lato e fai la stessa cosa.
Ecco qui ne nascondi un paio brutti che fanno peso.
Ma non hai visto che questi sono rossi?
Butta butta.
Falli belli che se non mi pagano non ho i soldi per pagare voi.”

[L’operaia] “Dal vicino pagavano 6 euro l’ora,
quest’anno hanno aumentato a 6,50.
Il capo mandava gli operai a rubare dai vicini,
tanto erano tutti albanesi o moldavi,
e gli diceva che se fosse arrivato qualcuno
avrebbero dovuto rispondere “Io no parlare italiano”

[La moglie del capo] “Via le foglie più basse,
il manico dev’essere pulito.
Questo mazzo è un po’ abbondante,
tocca togliere qualcosa.
Attenta che i gambi siano in pari.
Non tagliare dopo aver pesato.”

[L’operaia] “Lì i contenitori il capo te li lancia
e sua moglie di prima mattina ti urla
“E muovetele quelle mani!”
E se a casa hai figli a cui dar da mangiare che cosa gli dici?
Niente. Non gli dici niente.
E se lavori dodici ore al giorno i figli non li vedi nemmeno.”

[Il capo] “Leva le foglie fino ai fiori.
Questi sono rossi. Butta butta.
Togli, butta.
Taglia, butta.
Togli, butta.
Taglia, butta, butta, butta, butta.”

[Il capo] “Sei stanca?
Hai lavorato già troppo in campagna per essere una ragazza.
Sai che cosa vuol dire belin?
La prima cosa che si impara venendo in Liguria.
La prima cosa che conoscono le ragazzine.
Le donne si scandalizzano ma intanto gli piace mangiarselo.”

Non lo sapevate che nella paga oraria è incluso l’obbligo di ascolto di opinioni vuote, volgarità urlate?

Il padrone, l’oppressore, ha bisogno di costruirsi una buona immagine da presentare al di fuori ma soprattutto dentro di sé:
è lui che paga più di chiunque altro nella zona,
è lui che pagandoci così tanto a fine giornata non gli rimane niente,
è lui che è così onesto che ha troppe tasse da versare,
è senza di lui che il povero immigrato non saprebbe che fare.
Ha bisogno di sentirsi indispensabile per l’Altro, l’inferiore, quando è proprio quell’altro ad essere indispensabile per lui.

Con ciuffi bianchi ovunque rincorre il lavoro alla disperata ricerca di un senso nella vita vuota. Si aggrappa all’illusione di sentirsi utile:
Producendo
Consumando
Consumandosi.

E poi si arrovella per comprendere la mancanza di docilità, di servilismo, in quelli che pensa inferiori. Non coglie la ribellione al sistema che custodisce, che accresce, nonostante sia incapace di nominare:
[Il capo] “Colo… Cosa?”
[Io] “C O L O N I A L I S M O”
Ma tranquillo, la ribellione arriverà.
La ribellione è già.

Chissà se, come i fiori… Secondo voi quanto pesa la coscienza? Quanto pesa l’umanità che siamo capaci di nutrire e mantenere viva dentro di noi?

Dal confine: monitoraggio in frontiera febbraio-marzo 2025

Riceviamo e pubblichiamo il terzo resoconto dal monitoraggio in frontiera delle violente dinamiche di controllo attuate al confine tra Ventimiglia e Mentone. Per i precedenti report sul monitoraggio al confine: report ottobre-novembre 2024; report novembre-gennaio 2025

Il testo originale è in inglese.

(English version below)

Introduzione:

Questa breve cronologia delle molteplici violenze prodotte dai meccanismi del confine e dai suoi agenti della frontiera europea interna tra Francia e Italia sul Mar Mediterraneo …

… è un resoconto incompleto e situato. Fotografa la situazione dal punto di vista di persone osservatrici (spesso bianche) con cittadinanza europea e quindi tralascia gli innumerevoli episodi di violenza vissuti da coloro che lottano per la propria libertà di movimento. È un’immagine molto parziale e limitata della situazione, che tralascia le prospettive cruciali delle persone in movimento (POM, people on the move) e da quelle sans-papiers (persone senza documenti riconosciuti come “validi” dagli agenti di frontiera francesi).

Anche i numeri dei respingimenti e degli incidenti qui descritti sono semplicemente momentanee della situazione al confine – non rappresentano il numero di respingimenti che osserviamo regolarmente durante il monitoraggio alla frontiera (attualmente circa 30 respingimenti al giorno), né rappresentano adeguatamente tutti gli episodi di violenza che osserviamo al confine.

Monitoraggio in frontiera febbraio-marzo 2025
3 febbraio

Una donna incinta che vive a Parigi stava tornando a casa dall’Italia.
Quando è arrivata a un controllo di polizia alla frontiera, ha spiegato di dover tornare a casa per una visita medica, e ha anche mostrato la sua tessera di assicurazione sanitaria francese e i documenti per la visita medica alla polizia. La polizia l’ha presa in custodia e si è tenuta tutti i documenti che lei aveva mostrato loro e che dimostravano la sua residenza in Francia. Quando la donna ha chiesto alla polizia di riavere i documenti, questi si sono rifiutati e le hanno detto che “doveva restare con il suo uomo”. La donna è stata riportata in Italia con diverse altre persone quel giorno. La polizia non le ha fornito una documentazione sul respingimento. Né le hanno dato le sue carte che si sono tenuti e han rifiutato di restituirle. La donna si è vista togliere dalla polizia ogni prova della sua residenza in Francia. Non si tratta di un singolo caso isolato, ma purtroppo è una pratica regolare della polizia al confine.

5 febbraio

Una persona tra quelle che sono state respinte in Italia dalla polizia di frontiera in quel giorno aveva trascorso due giorni nella stazione di polizia di Nizza. Non gli è stata fornita alcuna documentazione o spiegazione scritta per la sua detenzione.

11 febbraio

Due minorenni vengono respinti in Italia dalla polizia, anche se sarebbe stato loro diritto legale rimanere in Francia.

20 febbraio

Tra le persone che sono state respinte dalla Francia verso l’Italia quel giorno c’erano due amici che hanno aspettato a lungo che una terza persona, incontrata durante il viaggio, uscisse dalla stazione di polizia dopo di loro. Le persone che sono state respinte più tardi hanno solo visto il suo zaino rosso e nero alla stazione di polizia (portato da un poliziotto in un’altra stanza), ma non la persona in sé. I due amici hanno rinunciato ad aspettare dopo ore, poiché non avevano né il nome né il numero di telefono della persona che era scomparsa nella stazione di polizia. Quel giorno la persona a cui apparteneva lo zaino rosso e nero non è uscita dalla stazione di polizia.
È impossibile ricostruire ciò che la polizia ha fatto a quella persona… Questo è solo uno dei tanti esempi di persone che scompaiono violentemente nel tentativo di attraversare il confine e che troppo raramente vengono documentati.

24 febbraio

La polizia di frontiera francese insulta verbalmente le persone che ha rinchiuso in cella e che sta respingendo in Italia.

27 febbraio

Nella stazione della polizia di frontiera francese uomini, donne e altre persone che hanno dovuto passare la notte lì prima di essere rimpatriate sono state messe tutte insieme in un’unica cella. Nessuna separazione tra i generi. Inoltre la polizia ha esercitato pressioni sui detenuti durante un interrogatorio.

5 marzo

Nella stazione di polizia di Nizza una POM è stata ammanettata per per alcune ore senza alcuna spiegazione. Ha dovuto trascorrere dieci ore in diverse stazioni di polizia finché non è stata respinta sul lato italiano. Nessuno di coloro che sono stati respinti in Italia è stato informato dei propri diritti durante la detenzione quel giorno.

7 marzo

Da cosa dipende un passaggio sicuro? Per una donna arrestata dalla polizia al confine, da un involucro di plastica mancante nel suo valido permesso di viaggio. La polizia le ha detto che il documento non era valido senza l’involucro di plastica e che doveva andare in cella con loro. Qui le è stata negata l’acqua durante la permanenza nella stazione di polizia.

Un’altra persona ha detto chiaramente alla polizia di frontiera quando è stata arrestata in Francia che voleva chiedere asilo qui, ma viene semplicemente ignorata e rimandata in Italia. Non si tratta affatto di un caso isolato.

English version

This small chronology of the multiple violences produced by the border mechanisms and its agents of the inner-european border between France and Italy at the Mediterannean Sea …

… is an incomplete and situated account. It pictures the situation from the perspective of (often white) observers with european citizenships and thus leaves out innumerable violent incidents experienced by those who are struggling and fighting for their freedom of movement. It is thus a very partial and limited picture of the situation leaving out the crucial perspectives of people on the move (POM) and sans-papiers (people without documents recognised as “valid” by french border agents).
Also the numbers of push backs and incidents cited here are simply momentary snapshots of the situation at the border – they do neither represent the numbers of pushbacks that we observe when regularily monitoring at the border (currently about 30 per day), nor do they adequately picture all violent incidents that we observe at this border.

3rd of February

A pregnant woman living in Paris was travelling back home from Italy. When she got in a police control at the border, she explained that she needs to go home for a medical appointment, even showed her French health insurance card and the documents for the medical appointment to the police. The police took her into custody and kept all the documents which proved her residency in France that she had showed to them. When she asked the police to get the documents back they refused and told her that she “should stay with her man”. The woman was bushed back to Italy with several other people on that day. The police did not provide her with any documentation about the pushback. Neither did they provide her with a documentation of her papers that they have kept and refused to give back to her. The woman had every proof of her residency in France taken off her by the police. This is not an isolated single case but sadly a regular police practice at this border.

5th of February

One person among those who were pushed back to Italy by the border police on that day had spent two days in the police station in Nice before. He was not given any documentation or written explanation for his detention.

11th of February

Two minors are pushed back to Italy by the police although it would be their legal right to stay in France.

20th of February

Amongst the people who were pushed back from France to Italy on that day are two friends who were waiting long time for a third person whom they met on their journey to come out from the police station after them. The people who were pushed back later just saw his red and black backpack in the police station (being carried by a policeman to another room) but not the person itself. The two friends gave up waiting after hours since they had neither the name nor the phone number of the person who disappeared in the police station. On that day the person to whom the red and black backpack belonged did not come out of the police station. Impossible to trace what the police has done to that person … This is only one of many examples of people violently disappearing in their attempt to cross this border that are too rarely put on the record.

24th of February

French border police is verbally insulting people they locked in a cell and are pushing back to Italy.

27th of February

In the french border police station men, women and others who had to spend the night there before being pushed back were all together put in one cell. No separation of genders. Also the police exerted pressure on detainees during an interrogation.

5th of March

In the police station in Nice a person on the move was handcuffed for some hours without any explanation. He had to spend ten hours in different police stations until he got pushed back on the Italian side. Nobody of the people pushed back to Italy was informed about their rights in custody on that day.

7th of March

What does a safe passage depend on? For a women arrested by the police at the border on a missing plastic wrapper for her valid travel permission. The police told her that the document was not valid without a platic wrapper and that she had to go to the police cell with them. Here she was denied water during her time in the police station.

Another person clearly telling the border police when arrested in France that he wants to claim asylum here, is simply ignored and pushed back to Italy. This is not a singular case at all.

Febbraio 2025 a Ventimiglia

Riceviamo e pubblichiamo un resoconto sulla situazione di Febbraio 2025 a Ventimiglia. Per ulteriori informazioni rispetto ai vari punti citati, invitiamo a consultare i seguenti link di approfondimento:

Commemor’Action; funerale di Yonas, l’ultima persona uccisa dalla frontiera; la lista aggiornata delle persone che hanno perso la vita a causa della frontiera; il viaggio in Italia delle famiglie di Ousmane Sylla e Moussa Balde, uccisi dal sistema CPR; infopoint Upupa di via Tenda.

Testo originale in francese. (Article en langue française en-dessous)

Febbraio 2025 a Ventimiglia

06/01: Commemor’action 2025: come ogni anno, viene chiamata a livello internazionale una giornata di commemorazione in ricordo delle persone morte o scomparse alle frontiere. Si è tenuto un presidio presso il memoriale dedicato alle vittime del confine franco-italiano, con la partecipazione di molte associazioni e gruppi che hanno risposto all’appello. La presenza e le testimonianze dei parenti di Moussa Balde e Ousmane Sylla, entrambi morti nei centri di detenzione amministrativa in Italia, sottolineano la necessità di mobilitarsi per la chiusura dei CPR esistenti (i CRA italiani) e contro l’apertura di futuri centri, in particolare in Liguria.

08/01: Funerale di Yonas H., la cinquataquattresima vittima registrata presso il il confine sud tra Italia e Francia:

L’8 febbraio 2025, Yonas H. è stato sepolto nel cimitero di Ventimiglia, alla presenza di molte persone del luogo, di un membro della sua famiglia e di padre Claudiu, che ha eseguito il rito ortodosso. Yonas aveva 26 anni, veniva dall’Eritrea e il suo viaggio si è fermato a Ventimiglia. È morto il 10 gennaio 2025, mentre tentava di attraversare il confine a Ponte San Ludovico, tra Ventimiglia e Mentone.

Tour nazionale di incontri e mobilitazioni per le famiglie Balde e Sylla:

Arrivati in Italia dalla Guinea all’inizio di febbraio, i membri della famiglia di Moussa e Ousmane hanno toccato diverse città italiane, da Milano a Palermo, per condividere la loro storia, diffondere la loro lotta e incontrare gli attori della solidarietà nei vari luoghi. Sono state organizzate serate di raccolte fondi, proiezioni di film, presentazioni di libri e conferenze stampa. Il loro viaggio è stato caratterizzato dall’intensità delle giornate che hanno affrontato e dalla determinazione che hanno sempre dimostrato nel chiedere verità e giustizia per i loro fratelli, figli e amici.

Rassegna stampa:

mentre i giornali locali di Ventimiglia elogiano gli sgomberi di alloggi occupati, i controlli sempre più frequenti sulle persone “senza documenti” e i benefici del nuovo taser recentemente aggiunto all’armamentario della polizia locale, i giornali francesi spiegano le pratiche e le abitudini degli agenti della PAF nella zona di Mentone: valutazioni affrettate rispetto alla presunta minore età, interrogatori e intimidazioni di “individui potenzialmente radicalizzati”, e alcune cifre edificanti: 15.000 persone fermate nel 2024, cioè circa 40 respingimenti al giorno, nonostante la decisione del Consiglio di Stato del febbraio dello stesso anno di vietare la pratica illegale del respingimento alla frontiera.

Upupa chiude definitivamente:

l’infopoint aperto da circa 2 anni chiude definitivamente, i disegni vengono staccati dai muri e la vernice bianca copre i disegni multicolori di upupe, bandiere e messaggi di ogni tipo. È iniziata la ricerca di un nuovo spazio, ma per il momento senza esito.

Fevrier 2025 a Vintimille

06/01: Commemor’action 2025: comme chaque année, une journée de commémoration en mémoire des personnes mortes et disparues aux frontières est appelée au niveau international. Un rassemblement à eu lieu au mémorial dédié aux victimes de la frontière franco-italienne, de nombreuses associations et collectif ont répondu à l’appel. La présence et les témoignages des proches de Moussa Balde et Ousmane Sylla, tous deux morts dans des centres de rétention administrative en Italie, mettrons l’accent sur la nécessité de se mobiliser pour la fermeture des CPR (les CRA Italiens) existants, et contre l’ouverture de futurs centres notamment en Ligurie.

08/01: Enterrement de Yonas H., 54eme victime recensée de la frontière basse entre l’Italie et la France:

Le 8 février 2025, Yonas H. a été enterré au cimetière de Vintimille, en présence de nombreuses personnes du territoire, d’un membre de sa famille et du Père Claudiu qui a célébré le rituel orthodoxe. Yonas avait 26 ans, il venait d’Érythrée et son voyage s’est arrêté à Vintimille. Il est mort le 10 janvier 2025, dans sa tentative de traverser la frontière de Pont Saint Ludovic, entre Vintimille et Menton.

Tournée nationale de rencontres et mobilisations pour les familles Baldé et Sylla: arrivés début février en Italie depuis la Guinée, des membres de la famille de Moussa et Ousmane se sont rendus dans plusieurs villes italienne allant de Milan à Palerme afin de partager leur histoire, propager leur lutte et rencontrer des acteurs,locaux de la solidarité. Soirées de soutien, projections, présentations de livres et conférences de presse, leurs voyages était marquée par l’intensité de leurs journées et la détermination qu’iels ont montré.es tout du long afin de revendiquer vérité et justice pour leur frères, enfants ou amis.

Revue de presse: alors que les journaux locaux Vintimillais font l’éloge des evacuations de lieux de vie, des contrôles de plus en plus fréquents de personnes “sans-papiers” et des bénéfices du nouveau taser fraîchement ajouté à l’armement de la police locale, les journaux français décryptent les pratiques et usages des agents de la PAF dans le Mentonnais. Évaluations de minorité présumée faites à la va vite, interrogatoires et intimidations pour les “individus potentiellement radicalisés” et des chiffres édifiants : 15.000 interpellations en 2024, soit environ 40 pushbacks par jour, et ce malgré la décision du conseil d’état datant de février de la même année visant à interdire les pratiques illégales de refoulement à la frontière

Upupa ferme définitivement: l’infopoint ouvert depuis 2 ans et quelques ferme définitivement, les dessins quittent les murs et la peinture blanche recouvre les dessins multicolores de huppes, drapeaux et messages en tout genre. La recherche d’un nouvel espace à commencé mais sans aboutir à grand chose pour le moment.

Morti al confine: comunicato per Yonas

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il comunicato diffuso a Ventimiglia sull’ultima vittima della lunga lista di morti al confine. Yonas, ventiseienne dall’Eritrea, è stato trovato il 12 gennaio 2025 in mare, a ridosso della frontiera.

Per Yonas, perchè non si dimentichino le morti al confine, le morti da confine. Perchè, come ricordato alla Commemor’action dello scorso febbraio, si devono onorare le persone morte, si deve lottare con le persone vive.

(Article en langue française en-dessous)

** Per Yonas **

Il giorno 8 febbraio 2025, Yonas H. è stato sepolto nel cimitero di Ventimiglia, in presenza di molte persone del territorio, di un parente e di Padre Claudiu che ha celebrato il rituale ortodosso.

Yonas aveva 26 anni, era arrivato dall’Eritrea e il suo viaggio si è fermato a Ventimiglia. È morto il 10 gennaio 2025, nel tentativo di attraversare il confine di Ponte S. Ludovico, tra Ventimiglia e Mentone, diventando l’ennesima vittima della frontiera italo-francese.

Da allora, associazioni e solidali di vari paesi si sono attivati per rintracciarne i parenti e per poter procedere alla sua identificazione.

Grazie al lavoro di rete di associazioni e attivist* tra Italia e Francia, Yonas è stato identificato. Grazie alla solidarietà attivata è stato possibile pagare i 1250 euro di spese previste per il funerale. Ma la generosa risposta è andata oltre, ci ha letteralmente travolti, superando più del doppio la cifra necessaria a copertura delle spese. I contributi pervenuti ci consentono di provvedere ad una lapide perché il tempo non cancelli la memoria di Yonas. Il resto dei soldi verrà donato alla famiglia in Eritrea.

A Yonas, grazie alla grande mobilitazione e ai contributi raccolti, siamo riusciti a garantire il suo diritto al nome e a una dignitosa sepoltura. Questo è stato possibile solo grazie all’impegno della collettività, senza alcun supporto economico da parte delle istituzioni e dei comuni interessati.

Yonas, come tante altre e altri, è morto per le politiche di frontiere in un mondo che contrasta i movimenti delle persone, criminalizza le attività di soccorso, punisce la solidarietà.

Yonas è ora nel cimitero di Ventimiglia in una tomba tra i fiori, è ora memoria attiva contro tutte le morti e le scomparse alle frontiere lungo le rotte.

A tutte e tutti voi, semplicemente grazie.

In memoria di Yonas e di tutte le vittime delle frontiere

Ventimiglia, data

firme

ANPI Ventimiglia

Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)

Associazione XXV Aprile di Ventimiglia

Baobab experience

Cambio Passo APS-Onlus

Carovane migranti

Cédric Herrou

CSA La Talpa e l’Orologio

Diaconia Valdese

Dima

Emmaüs Roya

Emporio solidale Genova

Enzo Barnabà

Françoise Cotta, avocate

Habitat et Citoyenneté

Imperia solidale

LDH Cannes Grasse

LDH Nice

Les Ami.e.s de la Roya

Lorraine Questiaux, avocate

Pays de Fayence solidaire

Popoli in Arte

MRAP 06

No Name Kitchen

Refugees Welcome Genova

Refuges solidaires

RESF 06

Roya Citoyenne

Sara Tosoni

Scuola di Pace di Ventimiglia

Silvia Costantini

Tous citoyens !

Tous migrants

WeWorld Onlus

_______________________

FRANCAIS

** Pour Yonas **

Le 8 février 2025, Yonas H. a été enterré au cimetière de Vintimille, en présence de nombreuses personnes du territoire, d’un membre de sa famille et du Père Claudiu qui a célébré le rituel orthodoxe.

Yonas avait 26 ans, il venait d’Érythrée et son voyage s’est arrêté à Vintimille. Il est mort le 10 janvier 2025, dans sa tentative de traverser la frontière de Pont Saint Ludovic, entre Vintimille et Menton, devenant la énième victime de la frontière italo-française.

Depuis lors, des associations et des personnes solidaires de divers pays se sont mobilisées pour retrouver ses proches et procéder à son identification.

Grâce au travail en réseau des associations et des activistes entre l’Italie et la France, Yonas a été identifié. Grâce à la solidarité mise en place, il a été possible de payer les 1250 euros de frais prévus pour ses funérailles. La générosité a dépassé les attentes, nous submergeant littéralement, avec plus du double du montant nécessaire pour couvrir les frais. Les dons reçus nous permettent d’installer une stèle afin que la mémoire de Yonas ne soit pas effacée par le temps. Le reste de l’argent sera envoyé à sa famille en Érythrée.

Grâce à la grande mobilisation et aux contributions collectées, nous avons pu garantir à Yonas son droit à un nom et à une sépulture digne. Cela n’a été possible que grâce à l’engagement de la communauté solidaire, sans aucun soutien économique de la part des institutions et des municipalités concernées.

Yonas, comme tant d’autres, est mort à cause des politiques de frontières dans un monde qui s’oppose à la liberté de circulation des personnes, criminalise les activités de secours et punit la solidarité.

Yonas repose désormais dans le cimetière de Ventimiglia, dans une tombe entourée de fleurs. Il fait désormais partie de la mémoire vivante contre toutes les morts et disparitions aux frontières et sur les routes migratoires.

À toutes et à tous, simplement merci.

En mémoire de Yonas et de toutes les victimes des frontières.  

Ventimiglia, [date]  

Signatures

ANPI Ventimiglia

Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)

Associazione XXV Aprile di Ventimiglia

Baobab experience

Cambio Passo APS-Onlus

Carovane migranti

Cédric Herrou

CSA La Talpa e l’Orologio

Diaconia Valdese

Dima

Emmaüs Roya

Emporio solidale Genova

Enzo Barnabà

Françoise Cotta, avocate

Habitat et Citoyenneté

Imperia solidale

LDH Cannes Grasse

LDH Nice

Les Ami.e.s de la Roya

Lorraine Questiaux, avocate

Pays de Fayence solidaire

Popoli in Arte

MRAP 06

No Name Kitchen

Refugees Welcome Genova

Refuges solidaires

RESF 06

Roya Citoyenne

Sara Tosoni

Scuola di Pace di Ventimiglia

Silvia Costantini

Tous citoyens !

Tous migrants

WeWorld Onlus

Report sull’osservazione della frontiera novembre ’24-gennaio ’25

Riceviamo e pubblichiamo un secondo report di monitoraggio di ciò che accade in frontiera tra Ventimiglia e Mentone. Il periodo di osservazione va da Novembre 2024 a Gennaio 2025. (report originale in inglese)

English Below

REPORT OSSERVAZIONE FRONTIERA NOVEMBRE-GENNAIO

Questa è la seconda parte di una corta cronologia delle molteplici violenze prodotte dai meccanismi di confine e dai agenti della frontiera interna tra Francia e Italia sul mar Mediterraneo. Si tratta di un resoconto incompleto e situato. Fotografa la situazione dal punto di vista di osservatorx bianchx con la cittadinanza europea, tralasciando così gli innumerevoli episodi di violenza vissuti da coloro che stanno lottando e combattendo per la loro libertà di movimento. Si tratta quindi di un quadro molto parziale e limitato della situazione, tralasciando le prospettive cruciali delle persone in movimento (POM_ people on the move, ndr) e delle persone sans-papiers (persone prive di documenti riconosciuti “validi” dagli agenti di frontiera francesi). Anche i numeri dei respingimenti citati sono semplicemente istantanee della situazione alla frontiera.

– non rappresentano il numero di respingimenti che noi osserviamo regolarmente quando monitoriamo il confine, né rappresentano i numeri effettivi dei respingimenti, che stimiamo ancora intorno ai 15-30 al giorno.

18 novembre al confine italo-francese presso Ventimiglia

Un minore viene rilasciato dalla stazione di polizia italiana subito dopo la partenza dell’autobus per Ventimiglia.

Ha con sé i documenti che attestano la sua età ed è stato respinto dalla Francia. Dopo aver trascorso diverse ore in fermo di polizia sia sul versante francese che su quello italiano, decide di tornare a piedi alla stazione di polizia dove aveva appena trascorso ore in cella. 

Ai poliziotti alla frontiera dice di essere minorenne, ha in mano i suoi documenti e dice di essere stato appena respinto dalla Francia e di volerci tornare.  Il poliziotto gli dice: “Va t’en!” (Vai via!) e indica la direzione dell’Italia. 

Giuridicamente i minori hanno il diritto di rimanere nel paese in cui sono entrati.  Questo respingimento è stato illegale per svariati motivi, ma i diritti delle persone in movimento non interessano tanto alla polizia alla frontiera.

Nella stessa notte viene rilasciata dalla stazione di polizia italiana una persona che ha trascorso due giorni in detenzione dal lato francese –  più di dieci volte la durata delle 4 ore consentite dalla legge in Garde A Vue (la “regolare” detenzione francese).

27 novembre

Più i passaggi sicuri attraverso le frontiere per le persone in movimento vengono chiusi e controllati dalla polizia, più i loro tentativi di attraversare i confini diventano pericolosi e rischiosi.

Nella notte apprendiamo da una persona che è stata respinta in Italia che un’altra persona che era stata respinta con lui ha deciso di camminare lungo i binari verso la Francia. Questi binari sono costruiti in aria (cioè scorrono lungo un ponte sospeso sul vuoto, ndr), non c’è quasi spazio per camminare accanto al treno (che passa ogni 30 minuti, un tempo insufficiente per arrivare dall’altra parte).

2 dicembre

Dieci persone vengono rilasciate dalla stazione di polizia italiana dopo essere state respinte dalla Francia alle ore 11:00. Due di loro sono minorenni che sono stati registrati come ventiduenni a Lampedusa. Hanno detto alla alla polizia di avere meno di 18 anni, di voler rimanere in Francia, ma agli agenti non importava.

Nessuno dei dieci rilasciati ha ricevuto documenti che consentano di risalire a ciò che è accaduto o per contestarlo. A nessuno di loro è stata offerta una traduzione nella loro lingua alla stazione di polizia francese (un diritto legale di tutti coloro la cui prima lingua non è il francese). È stato semplicemente chiesto loro il nome e la firma.

5 dicembre

Un poliziotto apre la porta della stazione di polizia di frontiera francese durante la notte per fumare. “Siete voi i più coraggiosi, vero?”, grida a tutti noi, tutto contento e pronto a scherzare.

Più tardi veniamo a sapere che in questa notte a una donna rinchiusa tutta la notte nella cella della polizia è stato negato il diritto di andare in bagno. Aver torturato delle persone nel seminterrato nella stazione di polizia, a quanto pare, ha messo quel poliziotto di buon umore quella notte.

6 dicembre

I respingimenti alla frontiera italo-francese sono sempre violenti e a volte anche assurdi: una persona che accompagnava sua madre all’aeroporto è stata respinta in Italia alla frontiera. A quanto pare in questi giorni il regime di frontiera deve produrre un numero maggiore di respingimenti. Nessuna delle persone “riammesse” in Italia riceve alcuna documentazione di ciò che è successo, quindi questa pratica rimane incontestabile anche a livello legale.

Durante i controlli di polizia sui treni dall’Italia alla Francia, anche alle persone bianche sedute accanto a una persona sottoposta a un controllo basato su profilazione razziale viene chiesto di mostrare il documento. In questo senso, anche la palese profilazione razziale diventa più difficile da contestare a causa del costante perfezionamento delle tattiche violente della polizia. Le ONG stimano che ci siano almeno 20 arresti dovuti a controlli razzisti della polizia ogni giorno al confine.

Queste detenzioni superano regolarmente la durata legale di quattro ore. Ad esempio, in questi giorni di inizio dicembre una persona è stata è stata trattenuta per 14 ore senza ricevere alcuna informazione sui suoi diritti fondamentali.

17 dicembre

Nei giorni di metà mese 6 minori non accompagnati (termine legale) sono stati respinti in Italia in violazione del loro diritto di soggiorno in Francia.

Durante la detenzione dalla polizia francese, a una persona sono state poste molte domande private:  se mangiano carne di maiale, quanto spesso pregano, ecc. Le condizioni di detenzione (due celle nel seminterrato) non permettono una separazione di genere.

La polizia francese scaccia dai luoghi di controllo della frontiera anche coloro che osservano le loro pratiche.

18 dicembre

Segnalazioni di violenza all’interno del container della polizia francese: sono stati spruzzati gas lacrimogeni nella cella.

20 dicembre

Diverse persone, trattenute in una stazione autostradale a qualche chilometro dalla Francia, vengono respinte in Italia.

Erano state portate prima in una stazione di polizia di Nizza, dove hanno dovuto dormire per terra, senza riscaldamento e con una finestra aperta. Al mattino sono state portate alla polizia di frontiera di Mentone e sono state respinte in Italia un giorno e mezzo dopo il loro arresto (anche in questo caso senza alcuna documentazione del loro arresto).

30 dicembre

Una persona che viene rilasciata dalla stazione di polizia italiana dopo essere stata respinta, ha trascorso quasi 24 ore nella stazione di polizia francese poco prima.

7 gennaio

L’anno inizia con una violenta esternalizzazione del confine sulla spiaggia di Ventimiglia: polizia e militari camminano lungo la spiaggia e perseguitano le persone che non hanno un altro posto dove riposare, né un tetto o una casa privata, sedute sulla spiaggia. Controllano e perquisiscono gli effetti personali e tasche delle persone costringendole a mostrare i pochi oggetti che hanno davanti a sé.

La parte della spiaggia di Ventimiglia vicino al fiume è uno degli ultimi spazi dove le persone che non hanno un altro posto dove stare, non si nascondono alla vista nell’ambiente urbano quando vogliono riposare. Ma a quanto pare la spiaggia non è per tutti.

12 gennaio

Il corpo di un giovane ragazzo in viaggio viene ritrovato annegato in mare al confine.

17 gennaio

Le statistiche sui respingimenti alla frontiera franco-italiana tra Mentone e Ventimiglia sono state pubblicate dalle autorità per il 2024: 15.000 respingimenti a Mentone. Nel 2023 erano stati 38.000. Purtroppo questi numeri non significano che un maggior numero di persone riesca ad attraversare la frontiera senza esser intercettata dalla polizia, ma che meno persone sono in grado di provarci. La fortezza Europa rafforza le sue mura esterne mentre ogni anno sempre più persone sono costrette a fuggire da dove si trovano per salvarsi la vita.

This second part of a small chronology of the multiple violences produced by the border mechanisms and its agents of the inner-european border between France and Italy at the Mediterannean Sea is an incomplete and situated account. It pictures the situation from the perspective of white observers with european citizenships and thus leaves out innumerable violent incidents experienced by those who are struggling and fighting for their freedom of movement. It is thus a very partial and limited picture of the situation leaving out the crucial perspectives of people on the move (POM) and sans-papiers (people without documents recognised as “valid” by french border agents). Also the numbers of push backs cited here are simply momentary snapshots of the situation at the border. They do neither represent the numbers of pushbacks that we observe when regularily monitoring at the border, nor do they represent factual numbers of pushbacks which we still estimate at round 15-30 per day.

18th November at the french-italian border near Ventimiglia

A minor gets released from the italian police station just after the bus to Ventimiglia has left in the evening. He has papers stating his age with him and has been pushed back from France. After having spend several hours in police detention on the french and on the italian side he decides to walk back to the police station where he had just spent hours in the cell. He tells the policemen at the border that he is a minor, holds his papers and says that he has just been pushed back from France and wants to return there. The policeman tells him: „Va t‘en!“ (Go away!) and points in the direction of Italy. Juridically minors have the right to stay in the country that they have entered. This pushback was illegal in a double sense – but the rights of people are not of interest to the police at the border.

In the same night a person gets released from the italian police station who has spend two days in french police detention – more than ten times the duration of the legally allowed 4 hours in GARDE A VUE (the “regular” french custody).

27th November

The more safe passages across borders for people on the move are closed and controlled by police, the more lifethreatening and desperate their attempts to do so become:

In the night we learn from a person who was pushed back to Italy that another person who was pushed back with him decided to walk along the railtracks towards France. These railtracks are constructed up in the air, there is almost no space to walk next to the train (that passes every 30 minutes, not enough time to have already reached the other side).

2nd December

Ten people get released from the italian police station after having been pushed back from France at 11:00 am. Two of them are minors who have been registered as 22year olds in Lampedusa. They have been telling the police that they are under 18, that they wanted to stay in France, but the officers did not care.

Nobody of the ten people who got released has received any documents to be able to retrace what has just happened to them or to contradict it. None of them had been offered a translation into their language at the french police station (also a legal right of everybody whose first language is not french). They have simply been asked for their names and signatures.

5th December

A policeman opens the door of the french border police station at night to smoke. “You are the very courageous ones, aren‘t you?!” he shouts to us all self-contented and up for a joke. Later we learn that in this very night a women who was locked all night in the police cell was denied the right to go to the toilet. Having tortured people in the basement of his police station apparently had put that policeman in a good mood on that night.

6th December

The pushbacks at the french-italian border are all the time violent and sometime even absurd: a person accompanying his mother to the airport was pushed back to Italy from the border. Apparently in these days the border regime need to produce higher numbers of pushbacks. None of the people “readmitted” to Italy receives any documentation of what has happened to them so this practice remains uncontestable for them at a legal level, too.

In the racist police controls on the trains from Italy to France the white people sitting next to a person racially profiled by the border police are asked to show their documents, too these days. Even the very blatant racial profiling becomes more difficult to contest due to the constant refinement of violent police tactics. NGOs estimate that there are at least 20 arrests due to racist police controls daily at this border.

Regularily these detentions exceed the legal time frame of four hours. For example, in these days in the beginning of December a person has been detained 14 hours without receiving any information about their rights.

17th  December

In the days in the middle of this month 6 unaccompanied minors (a legal term) have been pushed back to Italy in violation of their right to stay in France.

In french police detention a person has been asked many private questions: If they ate pork, how often they pray, etc. The conditions of detention (two cells in the basement) do not allow for a separation along different genders.

The french police also chases those away from the places of border controls who observe their practices.

18th December

Reports of violence inside the police container on the french side: tear gas had been sprayed into the cell.

20th December

Several people get pushed back to Italy who have been detained at a highway station some kilometres into France. They had been brought first to a police station in Nice where they had to sleep on the floor with no heating and an open window. In the morning they were brought to the border police in Menton and were pushed back to Italy one and a half days after their arrest (also without any documentation of their arrest).

30th December

A person who is released from the italian police station after having been pushed back there has spent almost 24 hours in the french police station just before.

7rd January

The year starts with a violent externalisation of the border to the beach of Ventimiglia: police and military walk along the beach and harrass the people who have no other place to rest, no roof or private house, sitting on the beach. They control and search the belongings and pockets of people forcing them to display the few objects they have in front of them. The part of the beach of Ventimiglia next to the river is one of the last spaces where people who have no other place to stay do not hide from view in the urban environment when they want to take a rest. But apparently the beach is not for everyone.

12th January

The body of a drowned young person on the move is found in the sea at the border.

17th January

The statistics of pushbacks on the french-italian border between Menton and Ventimiglia are published by the authorities for 2024: 15.000 pushback in Menton. In 2023 it was 38.000. Sadly these numbers do not mean that more people make it across the border without violent police contact but that less people are capable to try for it. Fortress Europe reinforces its outer walls while every year more and more people have to flee from where they are in order to save their lifes.

Commemor’action: le frontiere uccidono

onoriamo le persone morte, lottiamo con le persone vive

Riceviamo e pubblichiamo il testo del comunicato letto a Ventimiglia il 6 febbrio 2025 in occasione della mobilitazione per la chiamata internazionale Commemor’Action, presso il memoriale per le persone uccise dal confine. A seguire, testo in francese. Per ulteriori informaioni sulla Commemor’Action: pag 51 del report Resistere al Confine e in questo articolo.

Il 6 febbraio 2025, a Ponte San Ludovico, tra la Francia e l’Italia, ci siamo ritrovatə per prenderci cura del memoriale dedicato alle persone vittime della frontiera, delle politiche migratorie europee e del razzismo sul nostro territorio. Abbiamo inserito questo momento nell’ambito del movimento internazionale Commemor’action, nato dall’impegno dei familiari delle persone scomparse o decedute in migrazione, per riunirsi nel lutto ma anche per rivendicare giustizia e libertà di circolazione.

Insieme, abbiamo reso omaggio alle persone che hanno perso la vita a causa della violenza della frontiera che attraversa il nostro territorio.

Da 10 anni, questa frontiera è chiusa alle persone che non hanno i giusti documenti. Da 10 anni, pratiche illegali e razziste si svolgono quotidianamente.

Questo confine ha già ucciso in passato. Tuttavia, i decessi sono aumentati drammaticamente a causa dell’intensificazione dei rischi nel tentativo di attraversarla e del deterioramento delle condizioni di vita delle persone ostacolate dalle politiche migratorie europee.

Infatti, la violenza del confine non risiede solo nei sistemi di controllo lungo il suo tracciato geografico, ma anche nel modo in cui vengono trattate le persone in migrazione su tutto il territorio. Per questo motivo, abbiamo deciso di includere nel nostro lavoro di memoria non solo le persone decedute tentando di attraversare la frontiera, ma anche quelle che hanno perso la vita a causa di incidenti, conflitti o problemi di salute legati alle condizioni di vita indegne a cui sono state costrette.

Non dimentichiamo come questa terribile violenza si incarni nei luoghi di privazione della libertà. Quest’anno, la nostra commemorazione ha avuto l’onore di svolgersi alla presenza delle famiglie di Moussa Balde e Ousmane Sylla, entrambi deceduti nei centri di permanenza per il rimpatrio italiani.

Constatiamo che l’Europa si sta dirigendo verso un orizzonte pericoloso.

Constatiamo l’ingiustizia subita dalle persone in migrazione da decenni.

Constatiamo il disprezzo degli stati europei nei confronti delle famiglie delle vittime.

Ma vediamo anche la forza delle persone sopravvissute, la dignità delle famiglie, l’amore di coloro che le sostengono.

Vediamo la diversità e la molteplicità delle lotte.

Vediamo che siamo qui anche oggi e che non ci arrenderemo.

Il regime delle frontiere schiaccia la speranza. Non lasciamo né la vita né la morte nelle sue mani.

Appropriamoci della morte e mettiamoci dentro tutta la potenza della nostra tenerezza, per trovare insieme il coraggio di continuare a lottare con le persone vive.

Uniamo le nostre forze insieme a tutte le persone che lottano affinché le frontiere smettano di uccidere, mutilare, traumatizzare e far sparire esseri umani che esercitano la loro libertà di circolazione.

Uniamo i nostri pensieri insieme a tutte le persone che sostengono le famiglie delle vittime nella loro lotta per la verità, la giustizia e la riparazione.

Uniamo i nostri cuori insieme a tutte le persone che desiderano che le persone morte e disperse non cadano nell’oblio. Che siano riconosciute e onorate.

Abbiamo compilato un elenco dei decessi legati a questa frontiera tra Ventimiglia e Mentone. Ci sono 49 persone, tra le quali 28 hanno perso la vita nel tentative di passare il confine e 21 in altre circonstanze legate alle condizioni di vità sur territorio.

Questo elenco presenta lo stato attuale delle nostre conoscenze riguardo ai decessi legati alle conseguenze fisiche e psicologiche della chiusura del confine, delle politiche migratorie europee e del razzismo su questo territorio.

È stata realizzata incrociando informazioni provenienti da diverse fonti: abitanti, abitante, attivist’, persone in migrazione, lavoratori sociali, ricercatrici, stampa, municipalità, banche dati ufficiali…

Non avendo accesso alle fonti poliziesche e giudiziarie, non abbiamo sempre la certezza dei mezzi che hanno portato a stabilire i nomi. Supponiamo che provengano da dati che le persone hanno dovuto dichiarare alle autorità nel contesto del sistema di controllo delle frontiere, lo stesso che ha portato alla loro morte. Pertanto, nei casi in cui non ci sia una conferma da parte dei familiari, non consideriamo l’identificazione di queste persone con assoluta certezza. Tuttavia, pubblichiamo queste informazioni che possono essere un punto di partenza per ritrovare le famiglie.

D’altra parte, in questo memoriale non sono menzionate le numerose persone gravemente ferite, ma non dimentichiamo che le frontiere traumatizzano i corpi e le menti, oltre a uccidere.

Dobbiamo anche considerare che con molta probabilità non siamo a conoscenza di tutte le morti legate alla violenza di questo confine. Ma insieme, continueremo a lavorarci per iscrivere la loro esistenza nella nostra memoria.

Se desiderate maggiori informazioni o se ne avete, non esitate a contattare l’indirizzo email borderkills@riseup.net. Grazie.

Onoriamo le persone morte, lottiamo con le persone vive.


Article en langue française

Le 6 février 2025, à Pont Saint Ludovic entre la France et l’Italie, nous nous sommes retrouvé.es pour prendre soin du mémorial dédié aux personnes victimes de la frontière, des politiques migratoires européennes et du racisme sur notre territoire. Nous avons inscrit ce moment dans le cadre du mouvement international de Commemor’action né de l’engagement des proches de personnes disparues ou décédées en migration afin de se réunir dans le deuil mais aussi dans une revendication de justice et de liberté de circulation.

Ensemble, nous avons rendu hommage aux personnes qui ont perdu la vie à cause de la violence de la frontière qui traverse notre territoire.

Depuis 10 ans, cette frontière est fermée aux personnes qui n’ont pas les bons papiers. Depuis 10 ans, des pratiques illégales et racistes s’y jouent quotidiennement.

Cette frontière a tué avant. Mais les décès ont dramatiquement augmenté à cause de l’intensification des risques pour la traverser ainsi que de la dégradation des conditions de vie des personnes entravées par les politiques migratoires européennes.

En effet, la violence de la frontière ne tient pas seulement aux dispositifs de contrôles placés sur son tracé géographique mais aussi à la manière dont sont traitées les personnes en migration sur tout le territoire. C’est pourquoi nous avons décidé d’inclure dans notre travail de mémoire non seulement les personnes décédées en tentant de traverser mais aussi celles ayant perdu la vie à cause d’accidents, de conflits ou de problèmes de santé liés aux conditions de vie indignes auxquelles elles ont été contraintes.

N’oublions pas l’incarnation terrible de cette violence dans les lieux de privation de liberté. Cette année, notre commémoration a eu l’honneur de se tenir en présence des familles de Moussa Balde et d’Ousmane Sylla, qui ont tous les deux perdu la vie dans des centres de rétention en Italie.

Nous constatons que l’Europe se dirige vers un horizon dangereux.

Nous constatons l’injustice faite aux personnes migrantes depuis des décennies.

Nous constatons le mépris des états européens envers les familles des victimes.

Mais nous voyons également la force des personnes survivantes, la dignité des familles, l’amour de celles et ceux qui les soutiennent.

Nous voyons la diversité et la multiplicité des luttes.

Nous voyons que nous sommes là aujourd’hui et que nous ne nous rendrons pas.

Le régime des frontières écrase l’espoir. Ne laissons ni la vie ni la mort entre ses mains.

Saisissons nous de la mort et mettons-y toute la puissance de notre tendresse pour trouver ensemble le courage de continuer à lutter avec les personnes vivantes.

Unissons nos forces à toutes les personnes qui se battent pour que les frontières cessent de tuer, de mutiler, de traumatiser et de faire disparaître des êtres humains exerçant leur liberté de circulation.

Unissons nos pensées à toutes les personnes qui soutiennent les familles des victimes dans leur combat pour la vérité, la justice et la réparation.

Unissons nos cœurs à toutes les personnes qui désirent que les mort.es et les disparu.es ne tombent pas dans l’oubli. Qu’ils et elles soient reconnu.es et honoré.es.

Nous avons établi une liste des décès liés à cette frontière entre Vintimille et Menton. S’y trouvent 49 personnes, parmi lesquelles 28 ont perdu la vie en tentant de passer la frontière e 21 à cause des conditions de vie sur le territoire.

Cette liste présente l’état actuel de nos connaissances concernant les décès liés aux conséquences physiques et psychiques de la fermeture de la frontière, des politiques migratoires européennes et du racisme sur ce territoire.

Elle a été réalisée par le recoupement d’informations provenant de diverses sources : des habitant.es, des activistes, des personnes en migration, des travailleurs et travailleuses sociales, des chercheureuses, des journaux locaux, des municipalités, des bases de données officielles…

N’ayant pas accès aux sources policières et judiciaires, nous ne savons pas toujours par quels moyens certains noms ont été établis. Nous supposons qu’ils viennent de données que les personnes ont dû déclarer aux autorités dans le cadre du dispositif de contrôle des frontières, celui-là même qui a mené à leur décès. Ainsi, tant qu’il n’y a pas eu de confirmation par des proches, nous ne considérons pas que les personnes sont identifiées avec certitude. Cependant, nous publions ces informations qui peuvent être un point de départ pour retrouver les familles.

D’autre part, n’y sont pas mentionnées les nombreuses personnes gravement blessées mais nous n’oublions pas que les frontières traumatisent les corps et les esprits, en plus de tuer.

Il faut également considérer que nous ne sommes certainement pas au courant de toutes les morts liées à la violence de cette frontière. Mais ensemble, nous continuerons d’y travailler pour inscrire leur existence dans nos mémoires.

Honorons les mort.es, luttons avec les vivant.es

Per Moussa e Ousmane, contro tutti i CPR

Moussa Balde, 22 anni, nasce nel 1998 in Guinea. Nel maggio 2021 muore in isolamento nel centro per rimpatri di Torino. Due settimane prima aveva subito un linciaggio ad opera di tre uomini italiani nelle strade di Ventimiglia, ricevendo in cambio un decreto di espulsione dall’Italia.

Ousmane Sylla, 21 anni, nasce nel 2002 in Guinea, nel 2024 muore rinchiuso nel centro per rimpatri di Roma. Due mesi prima aveva denunciato maltrattamenti e violenze nella casa famiglia presso cui era in accoglienza a Cassino, ricevendo in risposta un decreto di espulsione dall’Italia.

Ormai in tantx conoscono la storia dei due ragazzi guineani. Ma ripercorrere i loro ultimi mesi di vita in Italia ci aiuta a capire meglio dove siano collocate le colpe di queste due morti e dove indirizzare una lotta che chieda non solo verità e Giustizia per loro (non la giustizia dello stato che ha buttato Moussa in isolamento anzichè proteggerlo come testimone del suo stesso pestaggio. O quella che ha portato Ousmane dritto in un cpr anziché offrirgli sostegno per aver denunciato abusi e corruzione nel sistema dell’accoglienza) ma soprattutto che promuova lo smantellamento e la distruzione di tutti i CPR con ogni mezzo possibile e necessario. Da dentro, da fuori, da ovunque si riescano ad attaccare questi lagher.

La riapertura delle frontiere, la fine delle politiche criminali con cui la “fortezza europa” gestisce i confini e porta la gente a morire continuamente, non devono essere considerate utopie. Ma battaglie concrete che portino passo dopo passo a rimettere la solidarietà prima dello sfruttamento e le vite delle persone sopra al denaro. Chiedere il conto di queste morti, indicarne i responsabili e attaccare i dispositivi di annientamento di altri esseri umani è un percorso reale che possiamo e dobbiamo portare avanti.

Per queste ragioni le famiglie Sylla e Balde sono arrivate a Roma a inizio febbraio. La sorella e il fratello di Ousmane e la madre, il fratello e la sorella di Moussa sono qui per ripetere che non si arrenderanno ai soprusi che gli hanno ammazzato i figli. Con grande forza e determinazione hanno deciso non solo di venire a seguire nei tribunali i percorsi giuridici legati alla morte dei loro parenti, ma anche di assumersi un intenso viaggio che toccherà più città attraverso l’Italia per incontrare chiunque voglia ascoltare la loro testimonianza e proseguire una lotta contro confini e cpr.

Quando Moussa perse la vita a Torino, Thierno Balde, già in Italia per il processo contro i tre miserabili che hanno massacrato suo fratello in mezzo alla strada a Ventimiglia, disse: sono qui perchè non debba mai più succedere a nessuno quello che è successo a Moussa.

E invece è successo di nuovo.

Dobbiamo unire ancora più voci e ancora più mani per sostenere le voci e le mani di chi paga questo sistema sulla propria pelle.

Mettere in gioco i nostri privilegi e sfidare il progressivo aumento di leggi e decreti che colpiscono chiunque combatta le ingiustizie, le frontiere, le carceri, i centri di espulsione per migranti è una scelta che non può essere rimandata.

Ousmane e Moussa non sono dati virtuali nella narrazione mediatica. Sono corpi reali finiti in una bara e sogni annichiliti a vent’anni che lasciano affetti straziati e vite interrotte. Sono cappi alle sbarre per uscire da una prigionia di cui non vedevano la fine che interrogano le nostre coscienze.

Abbiamo già fatto tanto, tutte e tutti assieme, unendo gli sforzi e le energie per permettere alle famiglie di affrontare le spese dei visti, del viaggio tra Guinea e Senegal dove si trova l’ambasciata italiana, della permanenza a Dakar in attesa della partenza, dei voli per arrivare in Italia e tornare a Conakry, i costi di vitto e alloggio per l’intero mese di permanenza in Italia e tutte le spese di spostamento tra le tante città e realtà pronte ad accoglierle.

Ma la sfida non finisce sostenendo questo importante viaggio e ascoltando le parole dei familiari di Ousmane e Moussa.

Piuttosto, da qui si deve ricominciare. Dalla minaccia del nuovo decreto “sicurezza” in attesa di approvazione, dalla promessa di aprire un cpr in ogni regione (nella regione da cui scriviamo, a un’ora di distanza da Ventimiglia sono iniziati lavori di ristrutturazione nell’ex caserma Camandone di Diano Castello, dove si minaccia da un anno l’apertura di un cpr), dall’ostinazione di portare avanti centri di reclusione e tortura in territori extraeuroopei, dall’ennesimo ragazzo trovato morto a gennaio alla frontiera di Ventimiglia, caduto in mare mentre cercava di passare il confine dagli scogli dei Balzi Rossi.

Allungate voi che leggete la lista di ciò che non si può ulteriormente sopportare:

c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Ci vediamo al tribunale di Torino il 12 Febbraio ore 9 per l’inizio del processo per omicidio colposo contro ex medico ed ex direttrice del cpr torinese, dipendenti privati dell’azienda multinazionale francese Gepsa.

Non confondiamoci: i colpevoli sono tanti, tanti di più.

Ma quelli che rappresentano lo stato sono abili a non rendere mai conto del sangue sulle loro mani.

Una seconda indagine parallela a quella per l’omicidio colposo di Moussa Balde, scaturite entrambe in seguito alla sua morte, ha infatti portato a un’accusa per sequestro di persona contro il personale del cpr ma soprattutto contro poliziotti e dirigenti dell’ufficio immigrazione di Torino, responsabili della vigilanza nel centro di espulsione. Il reato contestato era l’uso continuativo della sezione di isolamento denominata “ospedaletto”, in cui è morto Moussa e altri prima di lui, per aver segregato in quelle gabbie 14 persone per la durata di settimane e mesi nel biennio 2020/2021.

A Novembre 2024, la giudice ha deciso per l’archiviazione di tutte le accuse.

Non perchè effettivamente questi personaggi non abbiano commesso illeciti e abusi, infierendo sui corpi e sulla salute mentale di persone che già si trovavano recluse solo per non avere i giusti documenti. Ma perchè

uno: siccome nel cpr di Torino si era sempre fatto così anche negli anni precedenti, gli imputati in questione non potevano sapere, secondo il tribunale, che stavano compiendo un sequestro di persona.

due: siccome un cpr è terra di nessuno senza leggi o regolamenti (a differenza del carcere), a livello giuridico non si può neanche dire che lì dentro si stessero effettivamente violando delle norme, visto che la detenzione amministrativa è un non luogo dove palesemente tutto è permesso.

Non importa cosa dicono i tribunali: sappiamo benissimo che le morti di Moussa e Ousmane sono due omicidi di stato, visto che prima di morire sono passati tra accoglienze e ospedali, prefetture e questure, polizie e vigilanti, magistrati che hanno firmato decreti di espulsione e medici che ne hanno firmato l’idoneità alla reclusione.

L’appuntamento al tribunale di Torino il 12 è solo uno dei tanti passi che ci aspettano nel cammino di questa lotta: teniamoci aggiornatx. Teniamoci prontx.

Solidarietà alle compagne e ai compagni per il processo al Brennero

Solidarietà alle persone sotto processo per il Corteo del 7 maggio 2016 al Brennero contro la costruzione di un muro di confine tra Austria e Italia

Con questo contributo vogliamo portare la nostra solidarietà alle compagne e ai compagni che hanno lottato contro la costruzione del muro di confine al Brennero, tra Italia e Austria

Il 5 marzo prossimo la Cassazione deciderà se confermare o meno oltre 125 anni di carcere. In vista di questa scadenza, hanno fatto un appello alla solidarietà presente in un opuscolo in cui sono raccolti una parte dei testi scritti durante quegli anni e che sviluppa in maniera più approfondita quanto accaduto. In questo appello ricordano che il 2 marzo a Trento e il 3 marzo a Bolzano ci saranno due cortei in solidarietà con gli imputati e le imputate del Brennero e con la popolazione di Gaza.

Le compagne e i compagni hanno creato una cassa di solidarietà. Non solo un numero di conto a cui far arrivare contributi economici, ma anche un contatto per avere materiale informativo (anche in francese, inglese e tedesco), organizzare interventi a concerti o altre iniziative di solidarietà, uno spazio in cui confrontarsi.

 “La questione non sono tanto gli anni di carcere che dovremo scontare, ma il rischio che questa condanna porta in sé per la libertà di tutti e tutte”.

Se volete ulteriori informazioni o aggiornamenti, potete consultare il blog all’indirizzo abbatterelefrontiere.blogspot.com 

Qui il link a una panoramica che le compagne e i compagni hanno scritto sulla situazione alle frontiere in quel periodo, la scelta di fare il corteo e degli accenni alla situazione attuale in Italia.

Qui gli opuscoli in italiano, inglese, tedesco e francese 

L’opuscolo costa 2 euro che verranno versati nella Cassa di solidarietà Brennero.

Qui gli opuscoli impaginati per la stampa in italiano (sono pagine in A4, quindi da stampare su A3), inglese, tedesco e francese (sono pagine in A5, quindi da stampare su A4).

Per ricevere gli opuscoli in carta e inchiostro, scrivere a cassasolidarietabrennero@riseup.net

Diamo forza alla solidarietà!

Le ragioni per cui tutte e tutti eravamo il 7 maggio al Brennero non hanno fatto che moltiplicarsi

Estate a Ventimiglia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Estate a Ventimiglia: ci sarà mai limite al peggio?

Le contraddizioni della città-confine Ventimiglia si percepiscono quotidianamente. Una dinamica che può portare in qualche caso a normalizzare un contesto surreale, anche a causa della narrazione capovolta che viene fatta. Colpevolizzando i soggetti più fragili, piuttosto che i responsabili dell’esasperarsi di condizioni di marginalità. Ma nonostante questo luogo possa sembrare già saturo di ingiustizie, arriva sempre qualche novità pronta a sorprenderti, a ricordarti che non c’è limite al peggio, che il concetto di umanità che ti eri figurato è relativo e continuamente sotto attacco. Mi sento di aprire con questa immagine il racconto su quest’estate a Ventimiglia. Quel momento in cui tutti e tutte ci siamo guardate e chiesti: avrà mai fine il peggio?

Proprio a causa dell’esasperarsi della situazione era stata convocata una manifestazione il 21 maggio, contro il Decreto Cutro, i suoi nuovi CPR e le modalità criminali di respingimento continuamente messe in atto dalla paf (police aux frontières) in accordo con la polizia italiana. In quell’occasione è stato anche espresso lo sdegno verso il candidato della Lega alle elezioni cittadine, Flavio Di Muro, noto per l’approccio ultra-securitario sbandierato in campagna elettorale e dato favorito nei sondaggi. Non si è fatta mancare la patetica solidarietà dello sfidante del PD che, compartecipe nel teatrino elettorale, ha manifestato supporto a Di Muro in riferimento a delle scritte contro di lui. Altrettanto celere è stata la risposta della questura che il giorno dopo ha identificato in stazione uno dei partecipanti alla protesta, denunciandolo per imbrattamento e dimostrando così la propria efficienza nell’acciuffar colpevoli e ripagare il leso onore dell’onorevole.

Così come preventivato, il 19 giugno si insedia il nuovo sindaco della coalizione di destra Di Muro. Il primo consiglio comunale si apre con un minuto di silenzio in memoria di tre vittime di un incidente d’auto dell’anno precedente: un mezzo militare si era capovolto nei pressi del confine. In quella stessa area dove altre decine di persone sono morte negli ultimi anni, il più recente da quel momento risaliva a 4 mesi prima. A loro non sarà dedicato alcun pensiero, anzi. I primi provvedimenti della nuova giunta porteranno ad una terribile escalation. Il giorno seguente infatti ha avuto luogo lo sgombero dell’accampamento all’addiaccio sotto il ponte di via Tenda, dove decine di persone in transito trovano riparo dalla pioggia e tentano di raccogliersi per stabilire qualche legame comunitario. Lo sgombero era già in programma ma era necessario l’insediarsi di un nuovo sindaco per autorizzarlo, dato che nei mesi precedenti la giunta dell’uscente sindaco Scullino era stata sfiduciata.

Non è la prima volta che l’accampamento informale è stato attaccato da irruzioni e sgomberi, la novità sta nel nuovo provvedimento “anti-bivacco” che, in riferimento al decreto Minniti, ha introdotto sanzioni per i senza tetto che stanziano in luoghi cittadini, prevedendo fino al daspo urbano. Nei giorni seguenti si è palesato un presidio di polizia fisso nei pressi dell’area, in aggiunta ad una cancellata che ne impediva l’accesso. Il risultato è stato un ovvio sparpagliarsi delle persone che vivevano in strada, divise in piccoli gruppi nei vari punti più nascosti della periferia e nella spiaggia più isolata, laddove il fiume Roja confluisce in mare generando una pericolosa corrente. A pochi giorni dallo sgombero riceviamo la notizia che un giovane era stato trovato deceduto sulla spiaggia. In breve capiamo che il ragazzo era una conoscenza nota a buona parte dei solidali e dei migranti stabili sul territorio da più tempo. Non ci sono parole sufficienti per descrivere l’orrore e la rabbia conseguenti alla notizia. La settimana seguente si verifica un episodio simile. Un altro corpo trovato in spiaggia, un altro ragazzo che nel tentativo di lavare i propri indumenti nel fiume ne viene travolto. Un bagnino della zona dice di aver denunciato alle autorità la mancanza di guardia spiagge in quel lato della riviera. Ma tutte le risorse del comune sono concentrate a coprire la parte più turistica. La risposta dell’amministrazione a questo secondo morto è l’istallazione di un cartello che segnala il divieto di balneazione, in una misera operazione di auto-assolvimento da ogni responsabilità. “Il razzismo uccide” era stato denunciato con lo spray sulla sede della Lega durante la manifestazione, sfregiando il sorridente volto del sindaco entrante, che in tutta risposta aveva presentato denuncia per diffamazione contro ignoti.

A inizio luglio mentre in Francia avevano luogo le proteste contro la violenza della polizia, in seguito all’uccisione di Nahel Merzouk, abbiamo assistito a delle anomalie nei pattugliamenti al confine. Infatti per un’intera settimana in zona di frontiera l’esercito ha assunto funzioni di polizia regolare, effettuando controlli e respingimenti. Questa novità è presumibilmente da imputare all’imponente dispiegamento di forze sul fronte interno per reprimere le proteste diffuse in tutto il paese, che ha avrebbe lasciato scoperta l’area di frontiera. E’ anche il risultato di 8 anni di militarizzazione del confine: quella settimana è stata eccezionale solo per come sistematicamente l’esercito ha svolto ruolo autonomo di polizia. Ci sono frequenti racconti di soldati che arrestano persone nelle montagne per poi detenerle illegalmente fino all’arrivo della polizia, una pratica anticostituzionale.

Nelle settimane seguenti nella via dove ha sede la base solidale “Upupa” cresce la tensione con il vicinato, intento a cacciare il collettivo dallo spazio per vie legali. Il pattugliamento della polizia con luci blu accese è costante, sguardi inquisitori fissi sull’infopoint, sul parcheggio dove vengono distribuiti i pasti, la pressione è alle stelle. Il pomeriggio del 25 luglio una colonna di fumo sovrasta la città. Un vasto incendio brucia l’intera area sotto il ponte dove ha sede l’accampamento informale delle persone in transito. Dove alcune settimane dopo lo sgombero erano, come sempre, lentamente tornate a stabilirsi. Immediatamente il dito viene puntato contro i migranti, contro chi cucinando avrebbe fatto sfuggire qualche fiamma. A chi conosce il contesto la dinamica risulta subito strana. I focolai scoppiano in tre punti diversi, distanti e contemporaneamente, coprendo un’importante area. A chi non vuole far finta di niente risulta evidente la natura dolosa. Quando le fiamme sono già alte e diffuse risuonano alcuni forti scoppi e successivamente vengono trovate bombole da campeggio usate per giustificare l’incidente. Il timore che questo episodio venga usato strumentalmente per una stretta securitaria è immediato.

Nei giorni seguenti notiamo che la guardia del cimitero situato di fronte al parcheggio sopra descritto ha degli atteggiamenti particolarmente spavaldi e prepotenti, naturalmente razzisti. Durante il caos dell’incendio era già arrivato a minacciare di sparare ad una solidale che si era recata nei bagni interni, e di chiamare i suoi amici ndranghetisti per completare l’opera ripulendo la zona dai neri. Da notare che stiamo parlando di una persona che non solo mentre parla è armata, ma che si permette addirittura di fare con la mano il segno di una pistola e puntarla in faccia alla ragazza. Gli atteggiamenti aggressivi aumentano fino a quando il sindaco pochi giorni dopo annuncia l’insediamento nel cimitero di una vigilanza privata con l’obiettivo di impedire l’accesso alle persone in movimento che si recavano nei bagni per prendere l’acqua dall’unico rubinetto pubblico rimasto, utilizzando la retorica della sacralità del luogo. Già da tempo tutte le fontane della città erano state sigillate proprio con l’obiettivo di respingere chi era alla ricerca di questo bene primario. La vigilanza viene presto estesa anche ai giardini pubblici cittadini, uno sparuto insieme di aiuole tra cemento e il lungomare. Mentre viene annunciato il ripristino del poliziotto di quartiere, dedito a pattugliamenti a piedi. Un altro provvedimento di riqualifica urbana sbandierato dalla giunta è la rimozione di una grande panchina rossa (simbolo contro la violenza sulle donne). Il sindaco lamenta essere frequentata soprattutto da migranti e accusa presunti no border di averla imbrattata, mentre a suo dire il vero scopo era quello di offrire ai turisti un bel palco per i selfie.

In agosto, in concomitanza con l’aumento degli sbarchi nel sud Italia, c’è stata un’impennata di persone in movimento a Ventimiglia. Data la completa assenza di presidi assistenziali statali l’aggravarsi delle condizioni umanitarie è fisiologico. Le persone alla ricerca di un pasto offerto da collettivi e associazioni hanno raggiunto le centinaia. Si moltiplicano le violazioni dei diritti, come aggressioni fisiche e detenzioni arbitrarie, più facilmente denunciabili riguardo i minori. Infatti la legge internazionale prevede per i minori non accompagnati la libertà di movimento tra gli stati membri dell’unione e protezione in ogni stato membro. Spetterebbe all’ASE (Aide Sociale à l’Enfance) valutare la loro minore età, invece il loro respingimento avviene regolarmente falsificando la data di nascita. Lunedì 21 agosto erano trattenut* illegalmente 68 minori in condizioni igienico-sanitarie deplorevoli: dentro un container, ammassati, dormendo per terra, senza avere accesso ad assistenza legale o a traduttore/traduttrice. Il 23 agosto erano in 78! Privati della libertà fino a 5 giorni, in chiara violazione della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, di cui la Francia è firmataria. Da gennaio abbiamo anche riscontrato l’utilizzo dell’OQTF (obligation de quitter la France) per respingere minori. Si tratta di un documento creato per criminalizzare persone in movimento inserendole in un database e rendendo così loro impossibile cercare una casa, un lavoro, ottenere una visa in ogni paese europeo. Questa nuova modalità di utilizzo è un preoccupante segnale che rientra nelle sperimentazioni repressive, una tecnica per diffondere la paura proprio perché è un provvedimento amministrativo particolarmente difficile da contestare e si può rischiare di essere deportati prima che le pratiche legali siano concluse, o che venga raggiunta la maggiore età prima che si riesca a dimostrare il contrario.

Quest’estate a Ventimiglia suona proprio come le parole di William Butler Yeats: “I migliori mancano di ogni convinzione, mentre i peggiori sono pieni di intensità appassionata”

 

Resistere al Confine

Condividiamo con piacere il risultato di un lavoro di collaborazione tra questo blog e il sito Osservatorio Repressione. Al link sottostante è possibile scaricare in formato pdf il quaderno informativo Resistere al Confine: un compendio sulla situazione al confine di Ventimiglia tra il 2015 e il 2023 e sulle conseguenze che questo confine causa nelle vite di chi tenta di resistere e attraversare la frontiera franco-italiana.

Per scaricare il quaderno integrale in versione pdf (a singola pagina o a doppia pagina):

Resistere al Confine-Ventimiglia 2015/2023

 

L’introduzione al lavoro di Osservatorio Repressione:

Continua il nostro viaggio tra quell’umanità che il 14 giugno le autorità greche hanno lasciato consapevolmente morire nel mare Egeo, così come hanno fatto le autorità italiane per la strage di Cutro, così come accadde a Lampedusa nell’ottobre del 2013 distante nel tempo ma vivo nella memoria. Non sapremo mai il numero degli annegati: sappiamo che una nuova strage si è compiuta. E non sapremo mai quante, quanti, non riescono a correre il rischio di sopravvivere al mare. I nuovi desaparesidos. Con Resistere al confine, grazie al collettivo «Parole sul confine» raccontiamo le lotte di resistenza e di speranza, e gli avvenimenti che dal 2015 si sono succeduti sugli scogli di Ventimiglia e lungo i sentieri della frontiera tra Italia e Francia

Dalla quarta di copertina:

In una città di frontiera come Ventimiglia si dispiega tutta la forza oppressiva e repressiva delle politiche migratorie: persecuzione, annientamento, riduzione in schiavitù, condanna all’isolamento e alla marginalità delle persone migranti. «Parole sul confine» nasce per raccontare le pratiche di resistenza e di lotta contro la violenza istituzionale e contro tutti i dispositivi che negano il diritto a migrare e ad una vita migliore.

 

Per scaricare la versione pdf integrale della graphic novel La Bolla di Emanuele Giacopetti: La Bolla

Home page Osservatorio Repressione

Ringraziamo anche il collettivo Progetto20k per aver accettato di curare due articoli pubblicati in questo lavoro.

Per Ahmed Safi

Ahmed Safi è un ragazzo afghano di diciannove anni. Lunedì 7 novembre è morto attraversando il confine a Ventimiglia. Pubblichiamo il testo del comunicato che è stato letto e distribuito ieri, domenica 13 novembre, dalle persone solidali del territorio che si sono radunate proprio davanti al confine tra Italia e Francia per commemorare e portare un saluto ad Ahmed. (1, 2)


Per Ahmed

Alcuni giorni fa, lunedì 7 Novembre, Ahmed Safi, un ragazzo afghano di 19 anni è morto sull’autostrada A10 a Ventimiglia, investito mentre provava a raggiungere la Francia.

Ahmed è l’ennesima vittima delle politiche di discriminazione e respingimento della fortezza Europa. Come lui sono più di cinquanta le persone morte dal 2015 ad oggi nel tentativo di attraversare la frontiera italo-francese.

Chi crede nella libertà di circolazione deve oggi fare i conti con un aumento esponenziale delle vittime ai nostri confini. Ogni volta il primo tentativo è quello di ricostruire, dare un nome, documentare, raccontare e, malgrado tutto, contare. Il numero dei morti, questa triste contabilità, perde però di significato se non riflettiamo come ciascuna di questa persone morte fosse una vita, una storia personale che si è interrotta e i cui affetti sono spesso lontani dal luogo della fine.

In ogni società alla morte di una persona la comunità risponde con un rituale nel quale si intende salutare chi se ne è andato e rinnovarne il ricordo. Crediamo sia giusto che questo accada anche qui in frontiera, per quelle persone che se ne sono andate lontane dai propri affetti, dopo aver attraversato migliaia di chilometri ed essersi trovate davanti l’ennesimo muro.

Crediamo che salutare e commemorare ogni singola vittima della frontiera sia tanto più importante oggi, nel momento in cui i governi di Italia e Francia gareggiano a chi riesce a garantire il trattamento più inumano a chi è in viaggio, l’una chiudendo i porti l’altra aumentando gli effettivi alle frontiere. A questa inumanità oggi rispondiamo con il più umano dei gesti, salutare chi se ne va.

Siamo quindi qui per Ahmed, per la sua famiglia, per i suoi amici e per le sue amiche.

Per dirgli addio e rendergli omaggio.

Per Ahmed Safi, ragazzo di 19 anni, morto lunedì 7 novembre a Ventimiglia

Italia-Francia… e migranti: tra i due litiganti, il terzo muore

Italia-Francia diventa un’espressione unica in questi giorni vibranti di tensioni, ricatti e giochi politici. Italia-Francia è un binomio che tiene insieme, in pochi mesi, un viaggio che parte dall’acclamata squadra mista di gendarmi e polizia “per la sicurezza transfrontaliera” per arrivare in picchiata alle velenose dichiarazioni delle ultime ore.

In tempi ormai sospetti e guasti, Italia-Francia suona come una minaccia di guerra.

Migranti, crisi Italia-Francia. Meloni: “non siamo più in grado di occuparcene”; Crisi Italia-Francia, in arrivo altre misure di ritorsione; Scontro tra l’Italia e la Francia, Parigi blinda i confini 500 agenti alla frontiera; Migranti, scontro aperto Italia-Francia; La crisi diplomatica tra Italia e Francia per la nave Ocean Viking.  Questo è ciò che stanno scrivendo in queste ore di litigiosa contesa geopolitica tutte le testate giornalistiche di qualsiasi schieramento politico. (1,2,3,4,5)

Ecco: povera Italia quindi. Ma soprattutto, poveri italiani…  Addirittura, su queste sponde italiche di rivoltamenti narrativi di convenienza, siamo riusciti a raggiungere nelle ultime dichiarazioni lo stadio del ‘poveri migranti!’ (che però non dovete sbarcare, crepate pure in mare, anzi gli uomini li rimandiamo direttamente in Libia perchè la pacchia è finita ).

Quello che accade è spiacevole, ma quello che si dice ha dell’incredibile.

In queste bieche ore di faide internazionali e minacce politiche, si stanno scalando inedite vette di ipocrisia, mentre si scava a piene mani dagli abissi più profondi dell’indecenza umana.

Una prima riflessione, per chi conosce Ventimiglia e le sue dinamiche di frontiera, è che una dichiarazione francese che annuncia torva la blindatura dei confini fa ridere. Una risata amara e lunga come la lista delle persone decedute a Ventimiglia nel tentativo di attraversare il confine dal 2015 ad oggi. Già, quante sono le persone morte sul confine Italia-Francia a Ventimiglia? C’è qualcuno che lo sa? Forse trenta. Forse quaranta. Probabilmente di più.

Era così aperto e accogliente prima questo confine, con la legione straniera con cani e infrarossi sui monti, i pattuglioni nelle stazioni francesi coi piedi di porco in una mano e i gas lacrimogeni nell’altra, i checkpoint lungo le strade e le autostrade, le detenzioni per donne uomini e bambini per ore infinite senza acqua e cibo in scatole di metallo, ma era così una festa che la gente decideva da sola di finire precipitata nei dirupi che portano in Francia, travolta sulle autostrade, bruciata sui tetti dei treni francesi.

L’ultima vita rubata dal confine Italia-Francia è quella di Ahmed Safi, diciannove anni, investito lunedì 7 novembre da tre diversi automezzi presso il casello autostradale che divide Italia-Francia: un corpo distrutto a causa di questo confine e raccattato in un macabro simbolismo proprio sulla linea della frontiera.

Che se non dicevano due giorni fa che vogliono blindarla, sta frontiera Italia-Francia, allora mica la gente se ne era accorta che si rischia l’osso del collo per raggiungere quella desiderata libertà in Europa.

Una seconda ovvia riflessione sorge leggendo certe grottesche dichiarazioni di certi amministratori regionali che scelgono, nel dubbio di un momento già abbastanza sinistro di per sé, di rincarare la dose di follia sostenendo che la gente che migra muoia di fame per strada a Ventimiglia per colpa della Francia.

A prescindere dai tuonanti titoli dei giornali e dalle scornate che si danno i politici italiani e i cugini d’Oltralpe in queste ore, quale che sia la posta in gioco nelle beghe per l’egemonia in Europa, il governo Italiano avrebbe il dovere di adoperarsi in ogni modo possibile per evitare che la gente finisca a morire lentamente, spegnendosi lungo i marciapiedi di una città.

Un dovere umano prima ancora che politico. E invece è proprio nell’anno del rinnovo della presidenza di regione di un certo personaggio, che oggi si straccia le vesti per i poveri migranti che languono nelle vie della città di confine, che si è deciso di sbaraccare qualsiasi centro d’accoglienza e ristoro per le persone in viaggio verso l’Europa: dal 2020 non c’è trippa per gatti, eppure gli oltraggiosi francesi erano, all’epoca, validi alleati per la sicurezza del territorio.

Per chiarezza: la gente moriva in strada col Pd (non ci si dimenticherà mai del divieto di portare da mangiare a chi aveva fame) come con la Lega. Con chiunque a qualsiasi livello politico, dagli amministratori locali agli apici delle posizioni in parlamento, negli ultimi sette anni la gente ha perso la vita certamente camminando sul confine, così come ha perso la vita nelle strade di Ventimiglia. Con Fratelli d’Italia, che il cielo scampi la popolazione migrante, le persone continueranno a morire in strada di fame, di freddo, di infarto, di abbandono, di malattie, annegate lungo il fiume dove sono costrette a dormire senza altre soluzioni. Queste sono responsabilità tutte nostrane, checchè abbia la faccia tosta di dichiarare chi è presidente per la regione Liguria, per ironia o forse no, proprio dal 2015.

È obiettivamente agghiacciante e impossibile prendere le parti di uno o dell’altro paese in questo rombare di accuse reciproche. Fate tutti veramente schifo, diciamolo un po’ fuori dai denti. Diciamolo serenamente che tra i due litiganti il terzo non gode, e chi ha sempre e da sempre pagato il conto più amaro è proprio la gente senza un documento europeo che viene dall’Africa e dal Medio Oriente.

Gente che viene definita “clandestini” quando serve alla politica italiana per far mambassa di voti per i partiti di estrema destra e che viene definita “persone che cercano solo di ricongiungersi ai parenti” quando bisogna fomentare il popolo, elmo di Scipio ben stretto sulla testa, a scagliarsi contro i nemici francesi.

Italia-Francia suona come una minaccia di guerra e in ogni guerra fatta a regola a versare il sangue è il capro espiatorio che si butta là davanti nel tritacarne: le persone migranti. Mentre chi dietro tiene le poltrone ci sprofonda saldamente ancora più dentro.

Inumani lo siete tutti, inumani e perversi, e fa veramente disgusto il modo in cui da anni riuscite a utilizzare i corpi e le vite delle persone per fare i vostri teatri di politica, le gazzarre elettorali italiane e i circhi dell’ipocrisia europea. Mentre fate a chi strilla più forte per potere e per soldi, per rivalsa e per orgoglio, la gente continua a camminare, a scappare da guerre, povertà, persecuzioni, cambiamenti climatici, mancanza di chance e prospettive di vita soddisfacenti. Le persone arrivano a centinaia al mese lungo il confine di Ventimiglia. A centinaia vengono catturate, vessate, rinchiuse e umiliate. Dalle polizie di qui come dalle polizie di là. Con o senza rinforzi di ulteriore gendarmeria, che essere fermati da quindici o trenta divise forse fa oggettivamente più brutto, ma il risultato è che le persone vengono comunque bloccate a morire nel corpo e nelle speranze nelle strade di un’Italia che dice che “non ce la fa”, ma che effettivamente nemmeno vuole provare a farcela.

Perchè infine bisogna dire anche che al confine di Ventimiglia continuano ad arrivare tante persone che sono appena sbarcate da queste navi di soccorso che fanno rizzare altre piume e scuotere altre scornate, quante altrettante (e negli ultimi anni sempre di più) sono quelle che stanno scappando da un’Italia in cui non riescono a trovare un proprio posto e continuano a rimbalzare contro muri di gomma e di razzismo fino a uscire di senno, suicidarsi o correre il rischio di perdere la vita per valicare questo confine maledetto che riempie la bocca di giornali, opinionisti e politici che di cosa sia la guerra per sopravvivere a Ventimiglia, che cosa sia la sfida a non soccombere a Italia-Francia, ma non ne hanno la più pallida idea.

Una manifestazione transfemminista contro i confini

Riceviamo e pubblichiamo il resoconto dei fatti accaduti in occasione di una manifestazione transfemminista sul confine tra Ventimiglia e Mentone nelle giornate di sabato 5 e domenica 6 giugno.

*pour la version française

*for the English version

Una manifestazione transfemminista contro i confini:

Ventimiglia/Mentone sabato 5 e domenica 6 giugno

Tuoutes aux frontierès: manifestazione transfemminista in solidarietà con le persone detenute alla frontiera franco italiana di Ventimiglia, un primo vittorioso passo del movimento transfemminista europeo contro le frontiere dell’Europa, contro Frontex e la polizia, contro il sessismo e il razzismo … ovvero come le persone manifestanti sono riuscite a incastrare per ore gli ingranaggi discriminatori e razziali dei dispositivi di frontiera.

Nel pomeriggio di sabato 5 giugno 2021 si è tenuta a Nizza una manifestazione transfemminista europea contro i confini e le politiche migratorie.

Nella stessa giornata, persone solidali che vivono e attraversano la zona di frontiera italo-francese hanno pensato di condividere una mattinata di protesta contro i confini anche nel territorio di Ventimiglia e Mentone, per dare a tuttx la possibilità di unirsi in una giornata contro le frontiere, anche per chi poteva avere problemi a causa dei controlli covid o per la distanza da Nizza.

Un appuntamento improvvisato per la mattinata di sabato 5 giugno, immaginato e condiviso come saluto solidale alla manifestazione transfemminista di Nizza, e momento di lotta e sostegno alle persone recluse dentro ai container della Paf (Police aux frontieres), ulteriore scintilla di protesta proprio sul confine.

La manif al confine

Dopo essersi radunate alle 10:30 in frontiera italiana, le persone solidali si sono spostate a protestare direttamente davanti agli uffici della Paf ed ai container dal lato francese, dove erano recluse diverse decine di persone senza documenti. Alla manifestazione hanno deciso di partecipare anche alcune persone senza documenti arrivate da Ventimiglia. Striscioni, cartelli, grida, cori, interventi, canti, saluti alle persone rinchiuse, si sono susseguiti per oltre un’ora, a pochi centimetri dalle strutture di reclusione francesi, da dove le persone imprigionate nel tentativo di attraversare il confine hanno mandato saluti e risposte ai richiami di chi manifestava.

La polizia italiana è rimasta a guardare a distanza cercando di capire cosa stava succedendo, e successivamente schierando un gruppo di carabinieri in antisommossa; la polizia francese si è mostrata in difficoltà, impreparata a una manifestazione transfemminista partecipatissima e non annunciata, che è riuscita a spingersi oltre il confine senza che le autorità riuscissero a ostacolarla o reagire.

Sono arrivati rinforzi dal lato francese e hanno provato a far arretrare la gente, ma la forza collettiva della rabbia contro i confini ha risposto con ancora più rumore e cori. Quando la complicità e l’entusiasmo delle persone chiuse dentro ha iniziato a crescere, la Paf è entrata nei container e ha gasato chi si trovava dentro con spray urticante: all’interno è calato un improvviso silenzio, un forte odore chimico ha infiammato gli occhi di chi stava protestando fino a un centinaio di metri intorno alle gabbie di lamiera.

Nel pomeriggio, le persone rilasciate hanno poi raccontato che decine di loro erano collassate nei container sotto i gas. Nonostante questo, si sono mostrate felici per la manifestazione del mattino chiedendo entusiaste di portare più spesso saluti e solidarietà.

Verso mezzogiorno la manifestazione è risalita verso il lato italiano, superando gli uffici di polizia per poi disperdersi.

A Ventimiglia, sul treno per Nizza

Numerose persone hanno deciso di proseguire la protesta, andando a prendere un treno alla stazione di Ventimiglia, per raggiungere nel pomeriggio la manifestazione transfemminista a Nizza. Sul binario italiano in direzione Francia le persone sono state affrontate dalla solita presenza di polizia italiana e vigilanza privata, che ha il quotidiano compito di bloccare e controllare, in cima al sottopassaggio, tutti i passeggeri non bianchi, prima che riescano a salire sul treno fermo al binario. Il gruppo ha semplicemente continuato ad avanzare, facendo retrocedere la polizia che ha tentato di fermare alcune persone, ma si è poi fatta da parte lasciando infine che le manifestanti salissero sul treno delle 13:55, e lasciando piuttosto che se la vedessero i colleghi francesi all’arrivo a Menton Garavan. Una volta a bordo, si sono unite al vagone “manif Nizza” anche alcune persone già presenti sul treno.

Una decina di minuti più tardi, all’arrivo alla prima stazione in Francia, Menton Garavan, la polizia francese che controlla ogni convoglio da sei anni in cerca di tutte le persone senza documenti, si è avvicinata al treno per il consueto blitz. Ma ha trovato ad attenderla un vagone di grida, cori e percussioni contro le frontiere. Ad ogni tentativo di mediazione o di richiesta dei documenti di identità, è stato risposto protestando e suonando ancora più forte. A un certo punto il capotreno ha detto “se state tranquille e lasciate passare i controlli, proseguiamo fino a Nizza senza problemi”.

Controlli vuol dire rastrellamenti razziali, vuol dire gente che non ha commesso nessun reato trascinata a forza nei furgoni della Paf o della gendarmerie e sbattuta per ore senza cibo e acqua in una scatola di metallo. Vuol dire che le persone vengono insultate e umiliate, gasate e picchiate, uomini, donne, persone trans, intersex, o minori che siano. I cori contro i confini non si sono fermati.

Blocco sul treno a Menton Garavan

A un certo punto l’interfono del treno ha avvertito i signori e le signore passeggere che il treno era fermo, e che avrebbero trovato un altro treno per proseguire, in arrivo sul binario opposto, quello che normalmente copre la linea inversa, dalla Francia a Ventimiglia. Anche le persone che volevano raggiungere la manifestazione a Nizza si sono mosse allora per uscire assieme agli altri passeggeri e passeggere, così da cambiare treno e riprendere il viaggio.

Energumeni della Paf e della gendarmerie si sono lanciati alle due uscite del vagone, per bloccare chi voleva raggiungere la manifestazione transfemminista a Nizza. Hanno schiacciato con violenza le persone, gridando, spintonando, prendendo a pugni, insultando e provocando con la minaccia di usare il gas o ricorrendo a molestie verbali sessiste.

Per tutto il tempo che le persone sono state bloccate in attesa dell’arrivo dei rinforzi dall’aeroporto di Nizza, la polizia ha investito le persone con rabbia e feroce aggressività, cercando lo scontro con i pochissimi uomini etero cis presenti come unica soluzione ad una situazione che non sapevano affrontare. Quando i rinforzi sono arrivati con i furgoni, le persone sono state allora costrette a scendere con la forza, tra calci, pugni e spintoni, qualcuna con la testa tenuta abbassata a forza, qualcuna presa e quasi sollevata per il collo, sono state caricate sui mezzi e deportate nuovamente sull’altro lato del confine, proprio davanti agli uffici di polizia italiana.

Alla fine sono state trattenute solo una persona solidale, accusata di aggressione a pubblico ufficiale, e due persone senza documenti. Queste due sono state spostate nei container e rilasciate dopo alcune ore in direzione Italia, assieme a tutte le altre persone fermate nei precedenti controlli.

La persona accusata di aggressione è invece rimasta negli uffici di frontiera francesi in stato di fermo per 24 + 24 ore, chiamate in Francia garde à vue e prolungabili fino a 48 ore salvo casi più gravi.

La polizia italiana, indignata e innervosita per un pushback illegale di persone comunitarie, scaricate dai colleghi francesi in suolo italico senza nemmeno identificazione, ha deciso di sospendere il lavoro per il resto del pomeriggio, entrando in “sciopero riammissioni”. Se al mattino il ricatto del potere davanti a una manifestazione con cui non trovava dialogo è stato gasare persone chiuse in trappola, al pomeriggio la ripicca dell’autorità italiana ha deciso di bloccare sul ponte che separa il territorio italiano da quello francese, Ponte San Luigi, tutte le persone migranti respinte dalla Francia

Schierati all’inizio del ponte, un gruppo di poliziotti italiani in divisa e altri in borghese che filmavano, hanno proseguito per ore rifiutando l’ingresso alle persone, mentre alla fine del ponte poliziotti francesi nervosissimi controllavano la situazione e mantenevano fermo il rifiuto anche per l’ingresso in Francia.

Tutte le persone che erano dirette alla manifestazione transfemminista a Nizza si sono radunate tra le due frontiere, aspettando di conoscere notizie delle persone fermate e di sbloccare quella situazione di stallo per le persone senza documenti, innescata da una questione di orgoglio e ripicca puerile tra le forze armate dei due paesi.

Dopo circa quattro ore di sollecitazioni, una poliziotta in borghese è andata a negoziare dentro gli uffici francesi coi colleghi, per tornare sul ponte raggiante, spiegando che c’era solo stato un “problema di comunicazione” e che era tutto risolto: le persone comunitarie potevano andare liberamente in Francia o in Italia a piacimento, “invece loro li prendiamo noi che li dobbiamo trattare”, ha affermato indicando le persone migranti bloccate per tutto il pomeriggio dalla polizia italiana.

Alla conferma che la persona solidale sarebbe stata trattenuta in garde à vue, e una volta che tutte le persone sono state autorizzate a rientrare in Italia e, per quelle confermate minorenni, è stato riconsiderato il riaccompagnamento in Francia dopo intervento dell’avvocato, la giornata di 12 ore alla “frontiera alta” di Ponte San Luigi si è conclusa con un appuntamento per il giorno successivo, nello stesso luogo.

Domenica, ritorno in frontiera (a Ventimiglia)

Domenica 6 verso le ore 14, quando l’avvocato ha confermato che i poliziotti francesi avevano trovato uno stratagemma per prolungare le 24 ore di garde à vue della persona solidale fermata il giorno prima, con l’escamotage della richiesta tardiva di acquisizione delle telecamere del treno e della stazione di Menton Garavan, il gruppo di solidali si è avvicinato nuovamente ai container, gridando per un paio di minuti cori e saluti a tutte le persone rinchiuse in quel momento, che a loro volta hanno nuovamente risposto; mentre dalla finestra del commissariato francese alcuni poliziotti mostravano lo spray urticante rivolgendolo ai container, come minaccia di ulteriore vendetta sulle persone prigioniere.

In pochi secondi, quando ormai le persone solidali se ne stavano andando, la Paf è uscita di corsa dagli uffici, chi sfoderando manganelli, chi agitando lo spray, fermandosi in schieramento sulla linea del confine per alcuni secondi, prima di ottenere probabilmente un’autorizzazione a sconfinare da parte della polizia italiana: un movimento rapido di cellulari tra un lato e l’altro del confine, ha fatto rompere gli indugi della polizia francese, che è corsa rabbiosa a circondare su suolo italiano un’auto delle persone solidali che stava facendo manovra per andarsene via.

Cinque persone sono state aggredite e tirate fuori a forza dall’auto, portate dentro gli uffici di frontiera francesi con le braccia bloccate dietro la schiena. La polizia italiana, a qualche centinaio di metri di distanza, ha osservato e filmato ogni cosa. Dopo alcune ore, tutte le persone sono state rilasciate con un refus d’entrée (rifiuto d’ingresso) dalla Francia, uguali a quelli che ogni giorno vengono dati a decine di persone rimandate in Italia, e una multa di 135 euro per ingresso in Francia -di circa cinque metri- senza test covid.

Lunedì, toutes aux frontières!

Al terzo giorno di presenza contestatrice alla frontiera, dopo ulteriori saluti da parte delle persone nei container, che si sono arrampicate dalla grata posta a chiusura sul tetto, per salutare con le braccia la presenza solidale, e dopo 45 ore di garde à vue, è stata rilasciata anche l’ultima persona presa sul treno diretto a Nizza.

I rastrellamenti razziali sui due lati del confine e il trattenimento per ore di persone senza documenti dentro prigioni di lamiera, continua giorno dopo giorno. Assieme al traffico di esseri umani, alla vendita del corpo delle donne come biglietto per attraversare il confine, agli accordi sottobanco tra guardie e ladri, alle aggressioni fisiche sempre più frequenti contro le persone non bianche.

Continua tuttavia anche la loro lotta quotidiana per la sopravvivenza in un territorio ostile, pericoloso, violento, razzista, sessista, omofobo, transfobo e patriarcale. Come femministe, non smetteremo di aiutarle con ogni mezzo necessario ad esercitare la loro fondamentale libertà di movimento.

Gli stati europei vanno mano per mano coi trafficanti !

Le frontiere in Europa sono uno stupro !

Vogliamo la chiusura di tutti i centri di detenzione amministrativa !

Vogliamo l’apertura di tutte le frontiere e la fine del business di armi e polizia !

 

Tou.te.s aux frontières!

Sabato 5 e domenica 6 giugno, Ventimiglia-Mentone

version française ici

Une manifestation transféministe contre les frontières :

Ventimiglia/Menton Samedi 5 et dimanche 6 juin 2021

Toustes au frontières : manifestation transféministe en solidarité avec les détenu.es à la frontière italo-française de Vintimille. Les personnes détenues son gazées dans les containers lors de l’action. L’action se poursuit vers Nice : violence policière raciste sur le trajet. Les personnes migrantes sont relâchées, 5 autres arrestations d’activistes en solidarité, dont une relâchée au terme d’une garde-à-vue de 48 heures. Amorce victorieuse d’un mouvement européen transféministe contre les frontières de l’Europe, Frontex, la police, le sexisme et le racisme… Ou comment les féministes sèment la discorde entre les polices frontalières.

Dans l’après-midi du samedi 5 juin 2021, une manifestation transféministe européenne contre les frontières et les politiques migratoires a eu lieu à Nice.
Le matin-même, les personnes solidaires qui vivent et traversent la zone frontalière franco-italienne ont elles aussi voulu partager une matinée de protestation. Ce rendez vous improvisé aux confins des territoires entre Vintimille et Menton émanait du désir de voir renaître une nouvelle étincelle de contestation et de lutte sur la frontière et de témoigner du soutien aux personnes emprisonnées à l’intérieur des containers de la PAF (Police aux frontières).

Manifestation à la frontière
Solidarité à travers les tôles. Détenu.es lacrymogené.es.

Après s’être rassemblées à 10h30 à la frontière italienne, des dizaines de personnes concernées et de féministes solidaires se sont déplacées pour protester directement devant les bureaux de la PAF et devant les containers, côté français. Pendant plus d’une heure on manifeste avec force, cris, chants, banderoles, discours, slogans et salutations aux dizaines de personnes emprisonnées à l’intérieur de ces containers à la suite de leur tentative de passer la frontière. La kyrielle protéiforme et décidée a réussi à franchir la frontière sous le regard hagard de la gendarmerie italienne et de la police française anti-émeute. De toute évidence, prise au dépourvu face à une manifestation transféministe non annoncée.

Les renforts arrivent du côté français et tentent de faire reculer les gens, mais la force collective de la colère contre les frontières répond par encore plus de bruit et de chants. Lorsque la complicité et l’enthousiasme des personnes enfermées à l’intérieur se font entendre plus fort, les agents de PAF entrent dans les containers et gazent les gens qui s’y trouvent avec leurs sprays lacrymogènes : le silence est soudain tombé à l’intérieur, une effluve chimique a piqué les yeux de celleux qui protestaient jusqu’à une centaine de mètres autour des cages métalliques.

Dans l’après-midi, les personnes libérées racontent que des dizaines d’entre elles s’étaient effondrées dans les containers sous l’effet du gaz. Malgré cela, iels se sont montrées heureu.ses de la manifestation du matin et ont demandé avec enthousiasme à ce que soient portés plus souvent des salutations et de la solidarité.

Vers midi la manifestation se disperse.

 

À Ventimiglia, dans le train pour Nice
Féministes véneres contre les frontières !

Une partie d’entre nous a décidé de continuer la journée d’action en allant prendre un train direction Nice, la grande manif. Sur le quai italien en direction de la France, présence habituelle de la police italienne et de la sécurité privée qui ont pour tâche quotidienne de bloquer et de contrôler toustes les passager.es non blancs avant qu’iels ne parviennent à monter dans le train. Nous avons simplement continué à avancer, amenant la police à reculer et finalement à laisser les manifestant.es monter dans le train de 13h55. Une fois à bord, un certain nombre de personnes déjà présentes dans le train rejoignent le wagon “manifestation de Nice”.

Une dizaine de minutes plus tard, à l’arrivée à la première gare de France, Menton Garavan, la police française qui, depuis six ans, contrôle chaque convoi à la recherche de tous les sans-papiers, s’approche du train pour la descente habituelle. Elle y découvre un wagon rempli de cris, de chants et de tambours anti-frontaliers. À chaque tentative de médiation ou de demande de papiers d’identité, on répondait en protestant et en jouant encore plus fort. Les contrôles, ce sont des rafles racistes, ce sont les personnes qui n’ont commis aucun crime traînées de force dans les fourgons de la PAF ou de la gendarmerie et jetées pendant des heures sans eau ni nourriture dans une boîte métallique. Cela signifie que des personnes sont insultées et humiliées, gazées et battues, qu’il s’agisse d’hommes, de femmes, de personnes trans, intersexes ou mineures. Les chants contre les frontières n’ont pas cessé.

 

Blocage du train à Menton Garavan
Les transféministes déroutent les polices

À un moment donné, les hauts-parleurs du train ont averti les passagers, mesdames et messieurs, que le train était arrêté, et qu’ils trouveraient un autre train pour continuer leur voyage sur la voie opposée. Des agents de la PAF et de la gendarmerie ont bloqué la sortie de celleux qui voulaient rejoindre la manifestation transféministe à Nice.

Dans une mêlée de coups de poing et d’insultes sexistes, les policier-es visiblement embarrassé.es par cette situation cherchaient la confrontation avec les rares hommes cis présents. Au final, deux personnes sans papiers sont arrêtées, emmené.es dans les containers et renvoyé.es vers l’Italie après quelques heures. Une personne solidaire est accusée de violences sur agent public et détenue.

La police italienne, déconcertée par le refoulement illégal de citoyen.nes européen.nes non-identifiées décide alors de suspendre son travail pour le reste de l’après-midi, entamant une “grève des réadmissions”.

Nous toustes qui voulions aller à la manifestation transféministe de Nice, on se rassemble entre les deux frontières.

Après environ quatre heures de sollicitation, arrive la « gentille policière » en civil, qui est allée négocier à l’intérieur des bureaux français. Revenant rayonnante sur le pont, elle explique qu’il n’y avait eu qu’un “problème de communication” et que tout était résolu : les citoyen.nes européen.nes pouvaient aller librement en France ou en Italie à leur guise, « par contre, eux, on les emmène parce qu’on doit les traiter » (sic), en indiquant les personnes bloquées tout l’après-midi par la police italienne.

 

Dimanche, retour à la frontière (Vintimille)
Liberté, égalité, refus d’entrée!

Le dimanche 6, vers 14 heures, les personnes emprisonnées répondent à nouveau à nos refrains, tandis qu’à la fenêtre, des policiers nous montrent leurs sprays lacrymogènes, comme une menace de vengeance supplémentaire sur les personnes emprisonnées dans les containers.

Cinq personnes du groupe sont attaquées et sorties de force de leur voiture qui manœuvrait pour partir.

Après quelques heures, toutes seront libérées avec un ̈refus d’entrée ̈, comme ceux qu’ils donnent chaque jour à des dizaines de personnes renvoyées en Italie, et une amende de 135 euros pour être entrées en France -sur environ cinq mètres- sans test Covid!

 

Lundi, toustes aux frontières!
Les frontières violent – nous les tuerons

Au troisième jour de la présence protestataire à la frontière, les personnes enfermées grimpent jusqu’à la grille posée entre les toits des containers pour saluer de leurs bras la présence solidaire. Après 45 heures de garde à vue, la dernière personne arrêtée dans le train pour Nice est libérée.

Le harcèlement raciste des deux côtés de la frontière et la détention pendant des heures des personnes sans papiers dans des prisons en tôle se poursuivent jour après jour sans que nous, vous, les voisins, ne protestent. Cela fait l’affaire de la traite des êtres humains, le business de la vente des corps des femmes en échange du passage de frontière. Cela n’est rendu possible que par des accords en sous-main entre gardiens et voleurs, et donne lieu à des agressions de plus en plus graves et fréquentes contre les personnes migrantes.

Cependant, leur lutte quotidienne pour la survie dans un territoire hostile, dangereux, violent, raciste, homophobe, transphobe et patriarcal se poursuit. En tant que féministes, nous ne cesserons pas de les aider par tous les moyens nécessaires à exercer leur liberté fondamentale de circulation.

États Européens, main dans la main avec les trafiquants !

En Europe, les frontières, c’est du VIOL !

Nous voulons la fermeture de tous les centres de rétention administrative !

Nous voulons l’ouverture de toutes les frontières et l’arret du business des polices et des armes !

 

Tou.te.s aux frontières !

Samedi 5 et dimanche 6 juin 2021, Vintimille-Menton

 

 

English version here:

A TRANSFEMINIST DEMONSTRATION AGAINST BORDERS:

Ventimiglia/Mentone Saturday 5th and Sunday 6th of June

Tuoutes aux frontierès: transfeminist demo in solidarity with the people detained at the French-Italian border of Ventimiglia, a first victorious step of the European transfeminist movement against the european borders, against Frontex and the police, against sexism and racism … or how the people demonstrating managed to jam the discriminatory and racial gears of the border devices for hours.

A transfeminist demonstration against borders and migration policies was held in Nice in the afternoon of Saturday 5 June 2021

In the same day, people in solidarity who live and cross the Italian-French border area decided to spend the morning protesting against borders in the territory of Ventimiglia and Mentone as well, to give everyone the possibility of gathering in a day against borders, even for those who might have problems because of the covid checks or for distance from Nice.

An impromptu appointment for the morning of Saturday 5th of June, imagined and shared as a solidarity greeting to the transfeminist demonstration of Nice, and moment of fight and support for people imprisoned inside the containers of the PAF (Police aux frontieres), further sparked protests right on the border.

 

The demonstration at the border

After gathering at 10:30 at the Italian border, the people in solidarity moved to protest directly in front of the PAF offices and the containers on the french side, where several dozen undocumented people were reclused. Some people without documents from Ventimiglia have decided to participate as well. There have been banners, signs, shouts, choirs, speeches, songs, greetings to locked up people for more than an hour, a few centimeters far away from the french prison structures, from where people imprisoned trying to cross the border have sent greetings and responses to the calls of those demonstrating.

Italian police watched from distance trying to understand what was happening, subsequently deploying a group of riot police; French police showed themselves in trouble, unprepared for a very participatory and unannounced transfeminist demonstration, that managed to go beyond the border without the authorities being able to obstruct or react.

Reinforcements arrived from the French side and tried to get the people back, but collective rage against borders responded with even more noise and chants. When the complicity and the enthusiasm of the people locked inside has begun to grow, Paf entered the containers and gassed those inside with stinging spray: a sudden silence fell inside, a strong chemical smell inflamed the eyes of those who were protesting up to a hundred meters around the sheet metal cages.

In the afternoon, released people have then reported that dozens of them were collapsed in containers under gas. Despite this, they showed themselves happy for the demonstration that has taken place in the morning, enthusiastically asking to bring greetings and solidarity more often.

Around noon the demonstration climbed towards the Italian side, passing in front of police offices and then dispersing.

 

In Ventimiglia, on the train to Nice

Many people have decided to continue the protest, going to get a train at Ventimiglia station, to reach in the afternoon the transfeminist demonstration in Nice. On the Italian rail towards France people have faced with the usual presence of Italian police and private security, which has the daily task to stop and control, at the top of the underpass, all non-white passengers, before they can be able to get on the train which is still at the platform. The group has simply continued to advance, pulling back the police who tried to stop some people, but then stepped aside and finally let the protesters board the 1:55 pm train, rather leaving it to the French colleagues upon arrival in Menton Garavan. Once on board, some people already present on the train joined the “Manif Nizza” wagon.

Ten minutes later, upon arrival at the first station in France, Menton Garavan, French police who have been checking every convoy for six years looking for all the people without documents, approached the train for the usual blitz. It found though a wagon of shouts, choirs and percussion against borders awaiting. To any attempt of mediation or request for identity documents, it was answered protesting and ringing even louder. At one point, the conductor said “if you are quiet and let the controls to be, we continue to Nice without problems ”.

Controls means racial roundups, it means people who have not committed any rime dragged by force into the containers of the Paf or the gendarmerie and beaten for hours without food and water in a metal box. It means that people are insulted and humiliated, gassed and beaten, men, women, intersex, trans persons, or minors who are. The choirs against the borders did not stop.

 

Blockage on the train at Menton Garavan

At one point the intercom of the train warned people that the train was still, and that another train to continue would have been found, arriving on the other platform, which normally covers the reverse line, from France to Ventimiglia. People who wanted to reach the demonstration in Nice then moved as well to go out with the other passengers, so as to change train and be back on the travel.

Army ginks of the PAF and of gendarmerie went to the two exits of the wagon, to block those who wanted to reach the transfeminist demonstration in Nice. They violently crushed people, shouting, throwing up their hands, grabbing, punching, insulting and provoking by threatening to use gas or resorting to sexist verbal harassment.

For the whole time when people have been blocked waiting for reinforcements to arrive from Nice airport, the police hit people with anger and ferociousness aggression, encounter the confrontation only with the very few straight men cis present as the only solution to a situation they did not know how to face. When reinforces arrived with vans, people have been then forced to get off by force, between kicks, punches and shoves, some with her head held down by force, some taken and almost lifted by the neck, they were loaded onto the vehicles and deported again on the other side of the border, right in front of the Italian police offices.

In the end, only one person in solidarity was detained, accused of assault to public official, and two people without documents. These two have been moved to the container and released after a few hours in the direction of Italy, together with all the other people stopped in previous checks.

The person accused of assault, on the other hand, remained in the border offices French in custody for 24 + 24 hours, called “garde à vue” in France and extendable up to 48 hours except for more serious cases.

The Italian police, outraged and nervous about the illegal pushback of community people, downloaded by his French colleagues on Italian soil without even identification, decided to suspend work for the rest of the afternoon, entering a “readmission strike”. If in the morning the blackmail of power in front of a demonstration with which could not find dialogue has been gassing trapped people, in the afternoon the spite of the Italian authorities has decided to block on the bridge that separates the Italian territory from the French one, Ponte San Luigi, all migrants rejected by France.

Lined up at the beginning of the bridge, a group of Italian policemen in uniform and others in plain clothes who were filming, continued for hours refusing people from entering, while at the end of bridge nervous French policemen controlled the situation and held the refusal to entry in France.

All the people who were directed to the transfeminist demonstration in Nice have gathered between the two borders, waiting for news of the people stopped and for unlocking the stalemate for people without documents, triggered by a question of pride and childish spite between the armed forces of the two countries.

After about four hours of soliciting, a plainclothes policewoman went to negotiate inside the French offices with colleagues, to return to the beaming bridge, explaining that it was there it was only a “communication problem” and that it was all solved: the community people could freely go to France or Italy at will, “instead we take them ‘cause we have to deal with them ”, she said pointing at the migrants blocked for the whole afternoon by the Italian police.

Upon confirmation that the person in solidarity would have been detained in garde à vue, and once that all people have been authorized to return to Italy and, for those confirmed minors, the return to France was reconsidered after the intervention of the lawyer, the 12-hour day at the “high border” of Ponte San Luigi ended with an appointment for the next day, in the same place.

 

Sunday, return to the border (Ventimiglia)

Sunday 6th around 2 pm, when the lawyer confirmed that the French policemen had found a trick to extend the solidarity person’s 24 hours of garde à vue stopped the day before, with the ploy of the late request for acquisition for the cameras of the train and the station of Menton Garavan, the group of solidarity people has approached the containers again, shouting for a couple of minutes choruses and greetings to all the people incarcerated at that time, who have in turn again answered; while from the window of the French police station some policemen showed him stinging spray aimed at containers, as a threat of further revenge on people recluse.

In a few seconds, when the people in solidarity were leaving, the PAF came out running from the offices, some pulling out batons, some waving the spray, stopping in line up on the border line for a few seconds, probably before getting an authorization to trespass from the Italian police: a rapid movement of mobile phones between one side to the other of the border, has broken the delay of the French police, who ran angrily to surround a car of supportive people on Italian soil which was maneuvering to leave.

Five people were attacked and forcibly pulled out of the car, taken inside the French border offices with their arms locked behind their backs. Italian police, a few hundred meters away, observed and filmed everything. After a few hours, all people were released with a refus d’entrée (refusal of entry) from France, the same as those that are given to dozens of deferred people every day in Italy, and a fine of 135 euros for entry into France – of about five meters – without testing covid.

Monday, all at the borders!

On the third day of protesting at the border, after further greetings from the people in the containers, who climbed from the closing grate on the roof, to greet the presence of supportive people, and after 45 hours of garde à vue, it was released as well the last person taken on the train to Nice.

The racial roundups on both sides of the border and the detention of people for hours without documents in sheet metal prisons, continues day after day. Together to human trafficking, to the sale of women’s bodies as a ticket to to cross the border, to under-the-table agreements between cops and thieves, to physicals assaults everyday more frequent against non-white people.

However, their daily struggle to survive in an hostile, dangerous, violent, racist, sexist, homophobic, transphobic, and patriarchal territory keeps going. As feminists, we will not stop helping them by any  necessary way to exercise their fundamental freedom of movement.

 

European States, hand in hand with the traffickers !

In Europe, borders are Rape !

We want all administrative detention centers to be closed !

We want the opening of all borders and the end of the police and arms business!

 

Tou.te.s aux frontières!

Saturday 5th and Sunday 6th June, Ventimiglia

La polizia di frontiera e il Covid 19, un anno dopo

Pubblichiamo la traduzione del report di marzo del collettivo Kesha Niya, attivo alla frontiera di Ventimiglia dalla primavera del 2017. Il resoconto mette in luce come la polizia di frontiera francese continui a utilizzare in modo strumentale l’emergenza Covid 19 per inasprire i controlli, mentre continua contestualmente a detenere in luoghi insalubri e affollati le persone da respingere, spesso illegalmente, in Italia. La traduzione del precedente report (febbraio 2021) è disponibile qui.

Cari amici! La situazione alla frontiera continua ad essere intollerabile. Le ultime settimane sono state caratterizzate da un buon numero di persone che ogni sera si fermano alla nostra postazione, sia per passarci la notte, sia per percorrere il Passo della Morte (sentiero per la Francia) durante la notte.

Le notti sono ancora molto fredde, cerchiamo di fornire coperte e vestiti caldi. La situazione è ulteriormente aggravata dalla pioggia.

Ci sono pochissime strutture coperte/tetto per dormire a Ventimiglia. La settimana scorsa, quasi tutti i treni per la Francia erano già controllati a Ventimiglia, quindi era quasi impossibile salire sul treno. Dato che così tante persone sono bloccate qui in questo momento, sorgono tensioni, che sentiamo anche alla postazione della colazione (postazione del colletivo Kesha Niya a qualche centinaia di metri dalla frontiera di ponte San Luigi) Tutte le persone respinte che arrivano alla nostra postazione hanno cercato di passare a piedi. Come risultato un minor numero di persone è arrivato dalla polizia di frontiera mentre il maggior numero è arrivato in autobus o a piedi da Ventimiglia.

I dati della scorsa settimana saranno pubblicati nel prossimo rapporto. La gente continua a raccontarci di insulti da parte della polizia. In diverse occasioni, le persone in movimento sono state insultate dalla polizia. Le donne sono state chiamate “puttanelle” e gli uomini “figli di puttana”. Il Covid è ancora molto presente e continua a creare problemi. Non sono solo i documenti mancanti a impedire (l’ingresso in Francia ndt), ma anche la mancanza di un test PCR impedisce l’ingresso e viene giustificato sul “refus d’entrée” (documento consegnato dalla polizia francese al momento del respingimento in Italia ndt) come “pericolo per il paese”.

Il Bar Hobbit è ancora chiuso, e non è ancora chiaro quando o se riaprirà.

Da un lato, il Covid porta a maggiori controlli con il pretesto della salute, di fatto però, solo le persone BIPOC (Black Indigenous People of Color, persone nere, indigene e e di colore ndt) vengono controllate. Il profilamento razziale è praticato qui al più alto livello. La conseguenza diretta dei controlli è la detenzione di troppe persone in container dove non si può mantenere la distanza. La condizione molto poco igienica aggrava la situazione. Come già raccontato in un precedente rapporto, il tribunale di Nizza ha definito illegale questo modo di gestire le persone alla frontiera. Ciononostante, la situazione rimane invariata. Le foto di seguito ci sono state inviate da una persona che è appena uscita dai container. Invierà queste foto anche al ministro della salute francese.

 

 

 

 

polizia di frontiera
Interno dei container di detenzione utilizzati dalla polizia francese

 

esterno dei container usati per la detenzione prima del respingimento in Italia

La settimana scorsa, un numero insolitamente grande di donne e bambini è venuto da noi. Molti di loro hanno deciso di non essere ospitati dalla Caritas in una casa per donne e famiglie. Una possibile ragione potrebbe essere che sono intrappolati nei circoli della tratta delle donne. Dormire in uno spazio sicuro potrebbe essere visto come un tentativo di fuga che potrebbe essere punito dai trafficanti e quindi è un pericolo per le donne e i loro bambini.

C’è uno squat a Ventimiglia dove i trafficanti offrono alle persone in fuga un posto per dormire in cambio di soldi. Secondo i racconti, non ci sono strutture adeguate per dormire lì, i vestiti vengono usati per fare il fuoco e la casa è piena di spazzatura e feci a causa della mancanza di servizi igienici. Scriveremo e pubblicheremo un articolo sulla situazione del traffico di donne nella zona di confine il più presto possibile.

Inoltre, un incidente ci ha accompagnato negli ultimi giorni. Un bambino di 11 anni è stato separato da sua madre mentre cercava di attraversare il confine in treno. Molto probabilmente i contrabbandieri avevano precedentemente nascosto la famiglia sul treno in luoghi diversi e solo un bambino non è stato scoperto dalla polizia. Ha viaggiato non accompagnato fino a Nizza. Nel frattempo, è stato accompagnato a Parigi da una persona conosciuta dalla madre. La madre è ancora in Italia.

Oltre alle famiglie, abbiamo incontrato molti minori non accompagnati. Alcuni di loro sono stati respinti più di 5 volte. Ci hanno anche detto che la polizia ha distrutto i documenti che provano la minore età dei minorenni.

Fino a sei mesi fa, un documento per i minori poteva essere rilasciato tramite il nostro avvocato con una procedura d’urgenza. Questo doveva essere preso in considerazione dalla polizia di frontiera e permetteva loro di attraversare la frontiera legalmente. Nel frattempo, la situazione in cui i minori sono costretti a vivere per strada è stata dichiarata come non urgente. Pertanto, le procedure urgenti non sono più attuabili e l’attraversamento legale della frontiera è quasi impossibile. Molti dei minori non hanno alcuna prova della loro età.

A causa di questo, sono privati dell’accesso ad alcune strutture come i posti letto qui sul posto (Ventimiglia ndt), poiché in molti casi questi possono essere richiesti solo con documenti ufficiali. Ecco le cifre delle ultime due settimane. Come sempre, vogliamo ricordarvi che queste cifre sono incomplete e possono dare solo una panoramica approssimativa della situazione al confine. Per il 19 marzo i numeri si sono persi.

Altri avvenimenti: 4.03.: Molte persone sono state rilasciate dopo l’ultimo autobus e hanno deciso di rimanere alla postazione della colazione per dormire. 10.03.: Alla postazione della colazione è arrivato un uomo dal Sudan che aveva lividi e ferite aperte al ginocchio. Ci ha detto che stava camminando sul sentiero di montagna (passo della morte). Quando è arrivata la polizia, voleva scappare ma un poliziotto lo ha afferrato per la caviglia e lo ha spinto a terra. E’ dovuto rimanere 15 ore nel container, senza cure mediche, cibo o acqua.

Grazie a tutti coloro che seguono continuamente i nostri reportage e si interessano alle persone che incontriamo.

Anche se siete lontanə, date nuova visibilità a tuttə coloro che sono statə lasciatə solə dal governo italiano e francese, maltrattatə e spesso oggetto di violenza da parte della polizia di frontiera francese. Per maggiori informazioni o per qualsiasi domanda contattate l’e-mail qui sotto. Siamo anche sempre felici di ricevere donazioni in denaro, per continuare il nostro lavoro e per l’arrivo di nuovi volontarə. restate ribelli! a presto – kesha niya <3

kesha-niya@riseup.net keshaniyakitchen@gmail.com Bank account:
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Respingimento e Controllo a Ventimiglia

Il respingimento dei minori, la violenza fisica e verbale della polizia francese, la nuova cooperazione tra la polizia francese e quella italiana alla stazione di Ventimiglia, raccontate da chi quotidianamente incontra e raccoglie i racconti delle persone in viaggio, in direzione ostinata e contraria al meccanismo disumanizzante della frontiera.

Pubblichiamo di seguito la traduzione del report di febbraio del collettivo Kesha Niya, attivo alla frontiera di Ventimiglia dalla primavera del 2017.

La traduzione del precedente report (dicembre 2020 – gennaio 2021) è disponibile qui.

Cari amici, ci scusiamo per l’intervallo di tempo tra questo aggiornamento e l’ultimo di gennaio. Recentemente, ci sono stati alcuni cambiamenti nel nostro gruppo, volontari* che se ne sono andat* così come nuov* che sono arrivat*.

Siamo a febbraio e anche se giorno dopo giorno le temperature sta aumentano, le notti restano ancora fredde. Ogni giorno incontriamo dalle 10 alle 20 persone che sono tenute per tutta la notte nei container di detenzione al confine francese. Riferiscono che all’interno dei container non c’è alcuna possibilità di dormire e che la polizia si rifiuta di distribuire coperte, tè, acqua o cibo.

Tutto considerato, rispetto alle settimane precedenti, durante le ultime due sono arrivate meno persone al posto di frontiera di Kesha Niya. Questo potrebbe essere collegato al fatto che gruppi della polizia francese e italiana (nuova cooperazione) stanno controllando la stazione ferroviaria di Ventimiglia. Chiedono documenti di viaggio validi alle persone che vorrebbero in raggiungere la Francia con il treno, non proibendo di fatto altro che un viaggio sicuro. A seguito di questo infatti, le persone in movimento sono costrette a cercare modi non sicuri per attraversare il confine, come camminare su un sentiero di montagna o dipendere da trafficanti che approfittano della situazione di vulnerabilità dei migranti.

La distribuzione di cibo a Ventimiglia è meno frequentata, stiamo ancora cercando di capire se c’è una ragione particolare per questo.

I controlli della polizia rimangono simili a quelli delle ultime due settimane. La novità è che la polizia francese ha iniziato a respingere le persone con documenti di viaggio validi a causa di una “mancanza di un test PCR (test per COVID-19 con risultato disponibile in 24 ore n.d.t.)” – trattenendoli per più di 4 ore nei container quindi in maniera illegale (come d’altronde è la stessa procedura di respingimento).

A causa del passaggio da zona gialla a zona rossa (Covid-19) a Ventimiglia devono chiudere anche importanti servizi per migranti in città (come il “Bar Hobbit” che è un locale aperto a tutti).

Il bar Hobbit

Dalla seconda settimana di febbraio c’è stato un numero significativo di minori respinti (ne abbiamo incontrati 63). Anche se queste persone avevano con se documenti che provano la loro minore età, la polizia li ha registrati un anno di nascita più basso per non essere responsabile della loro sicurezza. Alcuni dei minori che abbiamo incontrato non hanno più di 13 anni. Ad oggi non esiste a Ventimiglia un singolo centro di accoglienza per minori anche questi ragazzi quindi, come tutte le altre persone, sono costretti a dormire per strada.
Molte delle persone detenute dalla polizia ci hanno raccontato che la polizia francese si comporta in modo razzista e usa un linguaggio razzista (come ad esempio chiamarli “schiavi”). Il 14 gennaio, le persone che abbiamo incontrato ci hanno riferito che la situazione nel container di detenzione è degenerata e la polizia ha usato violenza fisica e spray al peperoncino contro 35 persone che erano all’interno. Due migranti sono svenuti e sono stati portati all’ospedale in ambulanza.

In altri giorni al nostro posto di frontiera sono arrivate persone con un braccio rotto, un labbro rotto o un dito rotto. La maggior parte delle persone ci dice di aver passato “di peggio” ma che speravano che sarebbe stato meglio in Francia e in mezzo all’Europa. Stiamo incontrando molte persone che hanno sperimentato avversità disumane nei campi di Malta o Lampedusa. Molti descrivono la loro frustrazione per la mancanza di consapevolezza della situazione lì. Altri raccontano della violenza in altre frontiere in Europa (per esempio in Croazia). “Abbiamo rischiato la vita attraversando questo mare… E ora questo”. – si sente spesso.

Nelle scorse settimane abbiamo incontrato famiglie e donne con bambini che sono state trattenute nei container per molte ore. All’inizio di febbraio, la polizia ha dovuto chiamare un’ambulanza per un bambino di 11 mesi, indebolito da queste pratiche disumane di respingimento. La maggior parte dei bambini che incontriamo sono sopraffatti dalla situazione e dallo stress fisico ed emotivo in cui sono messi sia loro che i loro genitori.

Di seguito trovate i numeri delle persone sottoposte a respingimento dalla fine di gennaio. Vogliamo ricordarvi che la nostra documentazione non è completa perché mancano le capacità per registrare tutte le persone che arrivano al posto di frontiera. Inoltre, è importante per noi non ridurre la situazione ai numeri, ma tenere presente che ogni “numero” è una persona con la sua storia e la sua vita:

                 Data/Persone Respinte/Uomini/Donne/ Bambini/Minori non accompagnati

Non possiamo e non vogliamo chiudere gli occhi di fronte alla violazione quotidiana dei diritti umani e siamo solidali con le persone! No borders, No problems

Kesha Niya

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Un momento a Ventimiglia, ottobre 2020

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente contributo, istantanea amara e precisa di come si presenti, in questo momento, il territorio di frontiera tra Ventimiglia e Mentone.

Un momento a Ventimglia

Non andavo al confine da mesi, ci abito abbastanza vicino da trascurarlo, come quando non rispondi a tua madre perché sai che comunque puoi chiamarla dopo. Pensi che in qualche modo sia sempre lì, fermo sulla carta geografica, più immobile delle rocce sulle quali è stato disegnato.

Mi sono e ci siamo persi nella nostra piccola città, si è riempita anche lei di piccoli confini, di marginalità. Barriere una dentro l’altra nate dove prima lo sguardo era libero. Si sono distese come il filo spinato anche sotto casa mia ste stronze. Un colpo di forbice e le ho viste apparire simili ad omini di carta che si tengono per mano. Ho e abbiamo trascorso gli ultimi mesi tra quei muri, senza il coraggio ed il tempo di guardare a ponente, verso il far west un poco ‘ndrangheta, un poco Biamonti che è un pezzo della mia/nostra storia: Ventimiglia.

Pare che a ponte San Luigi, il confine alto, la polizia e l’Anas (o meglio la polizia con la scusa dell’Anas) vogliano cintare la piccola piazzola a bordo strada in cui vengono distribuiti generi di prima necessità alle persone respinte. Arriviamo che c’è il sole, al mattino poca pioggia svogliata, diversa dall’acqua che ha aperto Ventimiglia come un libro la settimana scorsa, quando il Roya era un ferro da stiro impazzito che trascinava tutto giù dal tavolo. Ci sono molte persone. Alcune 20k e kesha niya cercano di aiutare, danno cibo, caffè, informazioni. Non ci sono forze dell’ordine, si vedono solo gli alpini dormire sulle jeep in dogana, mentre la spiaggia delle baracche è bellissima, nonostante sia un centinaio di metri sotto di noi sembra lì, a portata di mano.

Ci sono molte persone, troppe, hanno facce stanche sotto le mascherine, banale dirlo, ma meglio ricordarselo, perché equivalgono a ore di container, di garde à vue, di strattonamenti. La CRS non si fa problemi, usava l’amuchina dopo che alzava le mani ancora prima del covid.

alcune persone respinte dalla polizia francese sostano a bordo Aurelia il tempo necessario a rifocillarsi e attendere il bus in direzione Ventimiglia.

Io dal 2011 qualcosa qui l’ho vista: i tunisini, i sudanesi, gli afgani, le somale, la tratta; tanti corpi, corpi pestati come lattine, disidrati, abbattuti, fieri, infreddoliti, poi madri sole, madri male accompagnate, anche farabutti, santi e bambini, ma quello che vedo oggi no, non l’avevo mai visto. C’è gente di ogni etnia ed età, alcuni vestiti male, altri che hanno imparato ad essere alla moda anche nella difficoltà, più o meno capaci di parlare le nostre lingue. Molti non sanno che fare, molte non sanno dove andare, pensano ad arrivare a domani forse, qualcosa nella pancia, senza infettarsi, giusto la possibilità di avere qualche sogno, senza esagerare però, che con i sogni in Europa ci si avvelena, che i sogni non realizzati diventano ossessioni. Non è più quello che i sociologi definiscono un flusso migratorio, queste sono persone che finita la musica al gioco della sedia non hanno trovato posto, partecipando così tante volte al gioco fino a che è diventato orrendo. La musica partendo è ormai il raccapricciante carillon di un film horror.

Il sole si fa più forte, andiamo al supermercato a prendere quello che serve. Io ed i miei amici abbiamo i capelli bianchi ed un cazzo di cane che mi lecca sempre, a me non piace il contatto fisico, mediamente antispecista, neanche da parte degli animali.

Portiamo i vestiti a Delia, che come sempre ha da fare: una famiglia, una distribuzione, un caffé. Sembra ancora più combattiva del solito e questo mi tira su, anche se il cane prova a leccarmi di nuovo. C’è un bambino con sua madre, dorme con la testa appoggiata al tavolo e molte altre persone che vanno e vengono, sono appena più decisi, voglio sperare che sia così.

Ventimiglia è devastata, c’è ancora un camion accartocciato sotto il ponte e cumuli di detriti ammassati in città. La passerella Squarciafichi rotta a metà rappresenta questa storia che non si chiude, una linea che non combacia.

Qui ci sono rimasti i non europei, i ventimigliesi, le guardie, i 20k, le keshaniya e le mie amiche, quelle senza più collettivo, ma con le braci sempre accese in petto. Torno a casa e mi chiedo se continuare a pensare a quale tipo di momento sia questo, non renda tutto difficile. Forse semplicemente questo è il momento, mica solo a Ventimiglia.

un solidale

Un momento della distribuzione di cibo serale, nella piazza antistante al cimitero della città: dopo l’alluvione, lo spazio è stato adibito a discarica di tutto il materiale trascinato e distrutto dalla piena del fiume Roja

Un gruppo di persone si incammina verso il Passo della Morte, il sentiero di montagna che attraversa il confine e arriva in Francia

Fermati i bus per la frontiera: sullo sciopero di Riviera Trasporti

Sullo sciopero autisti di Riviera Trasporti: fermati i bus per la frontiera.

Nei giorni scorsi gli autisti di Riviera Trasporti hanno indetto per oggi, martedì 15 settembre, uno sciopero dei bus sulla tratta Ventimiglia/Ponte San Luigi, una linea assicurata da un numero già esiguo di corse (quattro al mattino e altrettante al pomeriggio, che si riducono a una e una di domenica), con un minibus a posti ridotti, circa una ventina, rispetto ai normali bus di linea della tratta Ventimiglia/Sanremo.

Dai giornali si apprende che una cordata di sigle sindacali aveva già raccolto e segnalato le lamentele degli autisti, inviando missive al prefetto imperiese Intini e al questore Milone.
Quali sarebbero dunque i problemi di tanta agitazione?
A leggere giornali e social, gli autisti denuncerebbero di essere quotidianamente vittime di aggressioni, minacce e insulti da parte della gente respinta dalla Francia, che violerebbe anche le regole del trasporto pubblico e delle procedure anticovid, mettendo in pericolo gli autisti e persino l’utenza.

Vediamo le parole usate per raccontare lo sciopero della linea1 di Riviera Trasporti: il comunicato di RT parla di “gravi eventi lesivi della incolumità e della sicurezza dei lavoratori e dell’utenza.” e ancora di “personale alla guida che si vede oggetto di minacce e aggressioni verbali”.
La carta stampata e i siti online amplificano l’eco: “i passeggeri della linea per Ponte San Luigi non rispettano le normative anti Covid”; “Minacce e aggressioni verbali da parte dei passeggeri che non vogliono rispettare le regole anti covid”; “Bus: troppi migranti senza mascherina, autisti in sciopero”.
Se però persino le sigle sindacali, per evitare una scivolata troppo palese nello stigma razziale, non hanno osato scrivere “migranti”, lasciando intendere il problema con la locuzione più gentile: “un gruppo di persone”, gli organi di stampa e i politici locali non si sono posti limiti, aggiungendo il fomento discriminatorio che mancava alla narrazione.

Che cosa succede lungo la linea Ventimiglia/Ponte San Luigi? È vero quanto dichiarato da giornalisti e autisti della Riviera Trasporti?
Visto il clima e i toni che istigano la caccia al capro espiatorio, è bene specificare che le persone rigettate in Italia, prima di salire sui bus, si muniscono tutte di mascherina e di regolare biglietto: entrambi gli oggetti sono infatti assicurati dal punto di distribuzione solidale in frontiera, che si premura di mettere a disposizione della gente scatoloni di mascherine chirurgiche e biglietti RT per chi voglia prendere l’autobus (chi ha i soldi lo compra, chi non li ha, ne riceve comunque uno gratis, pagato grazie alle sempre più esigue raccolte fondi fatte da persone solidali).
Al contrario, non è affatto raro incrociare qualche utente locale o francese che tiene invece la mascherina abbassata, senza che questo disturbi troppo gli autisti.

Durante tutta l’estate, con numeri variabili da qualche unità a qualche decina, le persone hanno preso l’autobus per coprire i nove chilometri di Aurelia che riportano a Ventimiglia. E così è stato anche per tutto l’anno precedente. Sono passati mesi e mesi, da quando la gente solidale, di monitoraggio lungo il confine, ha iniziato a supportare chi esce dalla doppia detenzione con acqua, cibo e informazioni, incluse quelle per tornare in città col bus, risparmiandosi ore di stanchezza e cammino, avanti e indietro tra i due paesi.

In questi anni non si sono mai verificate grosse problematiche, situazioni di pericolo per gli autisti o il resto dell’utenza, né aggressioni fisiche, verbali o alcun tipo di atto violento. Così come puntualmente, dopo la quarantena, sono state piuttosto rispettate tutte le misure sanitarie per il Covid: alla postazione solidale vicina alla frontiera viene distribuito gel disinfettante, e le persone fanno volentieri una scorta di mascherine nuove, visto che lungo il loro viaggio si trovano spesso forzate a decine in luoghi di reclusione e uffici di polizia, dove non si curano certo di assicurare a tutte e tutti corrette misure di prevenzione. E anche queste persone hanno paura di ammalarsi.

D’altronde gli stessi autisti dei mezzi, infastiditi dal numero crescente di persone migranti alle fermate, nei mesi scorsi han domandato la scorta per le corse da Ponte San Luigi, dichiarando situazioni di pericolo e violazioni delle norme. Alle fermate “critiche”, dunque, i poliziotti di scorta si assicuravano che la gente che saliva sulla navetta avesse effettivamente mascherina e biglietto (che gli veniva strappato anziché consentirne la normale obliterazione). Dopo alcune settimane di vigile vaglio poliziesco, era chiaro che le persone rispettavano tutte le regole del trasporto pubblico, e la scorta (non si sa se ufficiale o ufficiosa) si era quasi del tutto fermata.

Nonostante non ci fossero quindi particolari situazioni critiche, qualche autista ha più volte provato a saltare a piè pari le fermate dove attendono le persone respinte dalla Francia.
È capitato così che, per cercare di far accostare il bus alla regolare fermata, alcune persone si siano messe in mezzo alla strada, visto che allungare il braccio per richiedere lo stop non è sufficiente.
Capita anche che, dopo ore di attesa, le persone che non son salite sull’autobus perchè esauriti i posti, ci mettano un attimo per capire e tradurre cosa sta succedendo, e smettere di provare ad accalcarsi attorno alla porta del bus. A volte questo causa, effettivamente, un rallentamento di qualche minuto, prima che tutte le persone capiscano di doversi rimettere ad aspettare altre ore, fino all’arrivo della corsa successiva. Vedere venti, trenta persone assieme (ma dipende dai giorni e dalle stagioni, e spesso ci sono tre/cinque persone al massimo) che aspettano di salire sull’autobus e si affollano per riuscire ad aggiudicarsi uno dei pochi posti, forse, può fare impressione.
Ma questo non vuol dire che ci siano mai stati blocchi stradali, minacce o situazioni pericolose.

Bisognerebbe guardare alla realtà tenendone in considerazione complessità e contraddizioni, senza dover per forza ridurre tutto a spot mediatici e campagne elettorali.

 Flavio Di Muro, deputato leghista nonché commissario della Lega per la provincia di Imperia, non ha perso l’occasione per sfoderare le abituali armi della sua compagine politica, affilate di odio, falsità e luoghi comuni. Diffondendo la notizia dello sciopero, pubblica sulla sua pagina facebook il video di quello che viene presentato come un assalto terrificante. Nel montaggio, contornato dalle scritte “clandestini respinti dalla Francia, autista disperato” e “-ora chiamo la polizia! zero regole e lasciato solo. Solidarietà! Condividiamo!”, si ingrassa l’ansia dello spettatore grazie all’uso di una musichetta angosciosa e incalzante.
Ma se si guarda il video mettendo da parte la narrativa pregiudiziale, quello che si vede sono solo tante persone, in attesa in ordine sul marciapiede, che vorrebbero legittimamente usufruire di un servizio pubblico, per il quale hanno regolare titolo di viaggio (nonostante le malevoli supposizioni che fanno seguito nei commenti al video postato, e che si spingono a incitare l’omicidio con le frasi “ma caricali tutti e togli il freno” e ancora: “tutti sul bus e buttalo dalla scarpata“).
Si sentono voci che chiedono spiegazioni all’autista, un uomo che dice all’autista, “mi dispiace”. E poi si percepisce un’agitazione indomabile nel conducente, che inizia a minacciare di chiamare la polizia, e sbraita senza che nessun altro presente nella scena stia urlando nè intraprendendo azioni violente o aggressive.

Il problema è perciò che i clandestini-migranti sono cattivi per essenza genetica, aggrediscono la gente a caso e scroccano passaggi, oppure il problema è che tante persone vogliono solo fare nove chilometri in bus e la RT non si organizza con mezzi più grandi e corse più frequenti?
Perchè da questo punto di vista, la fonte delle tensioni non è tanto la gente riammessa dalla Francia, ma semmai l’incapacità della compagnia di trasporti di assicurare un servizio adeguato alla domanda.

Vero è che i proventi della vendita dei biglietti regolari non sono paragonabili con il guadagno incassato dalla compagnia, negli anni passati, per le deportazioni di persone migranti al sud, ma in ogni caso fruttano alcune migliaia di euro al mese (stimando, al ribasso, una media di cinquanta persone al giorno che utilizzano la corsa).

Si dovrebbe a questo punto fare una pausa, per riflettere sul paradosso di uno sciopero indetto per prendersela con la troppa utenza, anziché con una dirigenza aziendale inetta, che sta sfasciando il servizio pubblico del ponente ligure… E sul paradosso nel paradosso che trattasi della stessa utenza per la quale Riviera Trasporti faceva settimanale servizio di deportazione a Taranto, per la prefettura imperiese (servizio sospeso per covid e strutture affollate al sud a causa di sbarchi e quarantene). Pullman dedicati -e incellophanati- per trasportare migranti sì, autobus misti guai: fanno tremare i cittadini italiani e addirittura temere per la propria incolumità.

Si potrebbe perfino azzardare una riflessione ancora più ampia, e ricordarsi che il motivo per cui tante persone hanno bisogno di prendere un autobus in frontiera, riempiendo la corsa che torna indietro, è perchè tutte loro sono state catturate nel tentativo di andare avanti. E che non ci vorrebbero proprio restare, lì, tra le invettive e gli insulti della gente nostrana, ad aspettare un pulmino che nemmeno si vuol fermare per farle salire.

Ciò che dovrebbe davvero mettere angoscia, in questa storia, è quanta paura sia stata seminata nella testa delle persone. Paura ignorante e antica, quanto attuale e pericolosa, che fa risorgere richieste di apartheid sui mezzi pubblici, manco fossimo nell’Alabama degli anni ’50.

Paura che si mescola alla diffidenza; ansia per la salute che si allunga nel sospetto per le genti straniere; intolleranza verso persone considerate un po’ meno umane perchè clandestine, che si espande nell’intolleranza per persone considerate un po’ meno umane perchè attiviste e solidali.
In epoca di pandemia gli allarmismi hanno gioco facilissimo, ma suscitare lo spauracchio del contagio gettando la gente nel fango della calunnia e di accuse infondate, è un gesto di una bassezza umana che fa vergogna.

Ma bisogna pure saperla provare, questa vergogna.

La Redazione

Estate 2020 al confine: respingimenti e solidarietà. Parte 3

Respingimenti e solidarietà (Parte 3)

Abbiamo detto che, a ben vedere, le persone migranti non hanno mai smesso di attraversare il confine: persino durante il pieno dell’emergenza Covid, su rotte secondarie e a numeri ridotti al minimo, la gente ha continuato ad arrivare. E sono schizzati alle stelle i prezzi per passare una frontiera serrata a doppia mandata, non solo davanti alle migrazioni, ma anche per contrastare la diffusione del virus. Nei mesi di Marzo e Aprile, il normale costo di un passaggio auto coi trafficanti è arrivato a 500 euro a testa, rispetto ai soliti 150/200. Non si sono mai fermati i respingimenti da parte della Francia, e si sono aggiunti i respingimenti inversi della polizia italiana, con la nuova sanatoria.

Il procedimento è rimasto invariato: i rastrellamenti, l’arresto al confine, poi il giro ai container della polizia francese a Ponte san Luigi, dove le persone vengono tenute anche oltre dieci ore. Poi si torna indietro, ripassando dalla polizia italiana. Dentro ai container, che ora sono forni a 40 gradi, così come negli uffici italiani, dove la gente passa forzatamente prima della riammissione su territorio ventimigliese, non viene fornito alcun tipo di servizio. Per loro solo insulti, violenze, prese in giro. Le persone non ricevono quasi mai cibo o acqua, non possono parlare con un avvocato, non gli viene spiegato quello che sta loro accadendo, né cosa c’è scritto sui fogli che la polizia gli ficca in mano. Trattamento uguale per donne, uomini o minori che siano. Anche se sarebbe illegale respingere i minorenni, e anche se sono state fatte diverse battaglie giuridiche per impedire che questo avvenisse, appena le persone sono aumentate e gli sguardi si son girati altrove, la polizia italiana ha ricominciato ad accettare minorenni, facendo finta che vadano bene i dati falsificati dei colleghi francesi.

Un centinaio di metri prima del confine italiano di Ponte San Luigi, sull’Aurelia in direzione Italia, il gruppo di solidarietà Kesha Niya mantiene da un paio di anni una presenza giornaliera di supporto alla gente respinta e di monitoraggio sulla situazione e sui vari abusi, che sono diventati usi quotidiani. Per anni, a Ventimiglia, le istituzioni e le varie forze dell’ordine hanno perseverato nel tentativo di isolare le persone migranti dal supporto della solidarietà. Hanno cercato di spezzare i contatti tra persone europee e persone migranti, a suon di denunce, identificazioni, ordinanze, retate e caccia alle streghe, spingendo la gente in viaggio a nascondersi verso zone sempre più periferiche. Perciò la postazione in frontiera, uno slargo sterrato in cui rifiatare dopo ore e ore di detenzione, è diventata punto di riferimento per tutte le associazioni, ong, chiesa, giornaliste, fotografi, ricercatori, giuriste, documentaristi e via dicendo. Tuttavia il vicinato della zona, benestante frazione ventimigliese di Grimaldi, ha sempre mal sopportato la presenza di solidali e migranti.  E lo ha dimostrato con giri di insulti, telefonate alle forze dell’ordine, raid notturni per buttare nella scarpata rocciosa i tavolini pieghevoli su cui viene appoggiato il cibo, escrementi di sconosciuta provenienza spalmati sui muretti dove siedono le persone a riposare, delazioni e minacce.

Lex spazio di solidarietà in frontiera, recitanto durante il lockdown

Col favore dello stop alle attività durante il lockdown, è stato recintato lo slargo in cui per due anni si è potuto sostare, impedendo quindi alla solidarietà di tornarvi, una volta revocate le misure sanitarie. Mentre il vecchio spazio si sta ripopolando di rovi, è stato individuato un altro slargo, sempre a bordo Aurelia, dove portare avanti una presenza solidale.  Dovendo tuttavia retrocedere di un chilometro circa rispetto agli uffici di frontiera di Italia e Francia, e da quel che lì dentro accade. La nuova postazione è in un tratto di strada privo di abitazioni, lontano dagli occhi della cittadinanza e dai turisti, che, perlopiù, passano da lì solo sfrecciando su un motore verso la Costa Azzurra. Eppure è partito l’attacco incrociato di privati cittadini, polizie e sindaco, già dalla prima settimana di ripresa della presenza di monitoraggio e supporto. Un mantra ripetuto alla noia: “dovete andare via, qui non si può stare”.

La gente che si ferma, sosta il tempo necessario per rifocillarsi, riprendersi dal fallimento del passaggio frontaliero e dalle ore di detenzione, raccogliere informazioni e contatti utili (avvocati, domande su permessi e documenti vari, dubbi sulla propria posizione giuridica, ecc), e medicarsi le ferite (i boschi, le botte della polizia, la Libia, le aggressioni lungo la rotta balcanica…). Quindi le persone aspettano l’autobus locale (sempre Riviera Trasporti) che fa la spola, ogni tot ore, tra Ventimiglia e Ponte San Luigi, per evitare di camminare altri nove chilometri, e risparmiare energie da spendere in un nuovo tentativo contro il confine.

Lo spazio curato dai Kesha Niya è un presidio basilare di solidarietà, dalle nove del mattino alle venti circa di sera, quando escono le ultime persone detenute dai francesi e la polizia italiana chiude i battenti. Qualche ora di respiro tra persone che si danno una mano: un oltraggio al regime di intolleranza che si è instaurato in tutta la zona di frontiera, e quindi deve essere spazzato via.

Nelle ultime due settimane, pattuglie, auto in borghese e digos, si sono presentati decretando che lo spazio, “attrezzato” con due taniche d’acqua, frutta, pane, biscotti, cerotti e powerbank (ogni sera ripulito e lasciato vuoto), rappresenta occupazione di suolo pubblico. Hanno detto che è vietato “dare da mangiare agli stranieri” -letteralmente-, che è in vigore un’ordinanza che vieta la distribuzione di cibo in strada, che ci sono altri luoghi dove “fare volontariato coi migranti, come la Croce Rossa”, che la distribuzione di cibo è autorizzata solo nel parcheggio cittadino di fronte al cimitero di Ventimiglia, che o si sgombera tutto o arrivano le denunce, che o si sgombra tutto o buttano tutto giù per la scarpata, che portano tutti in commissariato, che il sindaco stesso ha chiamato le forze dell’ordine per far sloggiare la gente da lì, che lì non ci si può stare perchè non serve che lo dica una legge, ma basta il verbo di un signore in divisa che dice “non serve nessun papier che dimostri che state occupando, il papier sono io che vi dico di andarvene!”.

Per capire meglio la tragicomicità della situazione, bisogna spulciare oltre all’ipse dixit della polizia. Nell’agosto del 2015, poi rinnovata nel 2016, l’allora sindaco Ioculano firmò un’ordinanza che vietava la somministrazione di cibo ai “profughi” per “mero spirito di solidarietà”. L’associazionismo informale ingaggiò una battaglia di resistenza a oltranza, senza interrompere le distribuzioni di cibo in giro per la città, e impugnando denunce e multe (fino a 2.000 euro). Ioculano fece la figura del razzista affamatore (si raccoglie quello che si semina) e nei mesi, l’ordinanza fu criticata da avvocati, associazioni umanitarie, dalla chiesa. La polemica si propagò, fino alla mobilitazione di certi personaggi dello spettacolo, noti intellettuali e compagnia, che promossero una raccolta firme per chiederne la revoca. Per scongiurare l’assalto di una protesta nazionale, l’ordinanza fu revocata nell’aprile 2017.

Da allora né Ioculano, né il nuovo sindaco Scullino, hanno più avuto la faccia di firmare una nuova ordinanza che vieti il cibo a chi ha fame.

Eppure secondo la polizia, che visita regolarmente lo spiazzo solidale in frontiera, è vietato farlo perchè lo dice l’ordinanza: quale, non si sa. E ovviamente non ci sono altri luoghi per le persone respinte, dal momento che il centro della Croce Rossa è chiuso, anche se gli operatori dell’ordine suggeriscono il contrario. L’unico punto di riferimento per recuperare qualche vestito, cibo e due informazioni, sarebbe la Caritas, che però apre solo due ore al mattino, risultando già chiusa quando la gente rilasciata dai francesi raggiunge di nuovo Ventimiglia.

Dalla Francia arrivano giornalmente almeno un centinaio di persone respinte, e nello spiazzo solidale dei Keshaniya vengono messe a disposizione mascherine, guanti e gel disinfettante. Nonostante questo, nonostante non esista nessuna ordinanza, nessun altro punto di appoggio per la gente che esce barcollando dai container, nonostante non ci sia alcun condominio né alcuna villetta che si affacci in quel pezzo di strada e a cui possa storcersi il naso davanti alle genti straniere, quella postazione è perennemente sotto attacco e minaccia. Con argomentazioni più o meno sconclusionate, quando non proprio false. E se la polizia dice, in frontiera alta, che la distribuzione di cibo è autorizzata solo nel parcheggio del cimitero; al parcheggio, durante la cena, si è recentemente presentato il sindaco in persona, a dire che lì la distribuzione non si può più fare, perchè lo dice lui.  Tutti dicono la propria, insomma. Cercando intanto di fare un po’ d’effetto, presentandosi col blindato in un’aiuola dove una ventina di persone mangia crackers e aspetta il bus.

Nelle due foto: polizia di scorta all’autobus di Riviera Trasporti

E siccome i tentativi di far sloggiare la gente sfoderando ordinanze inesistenti e minacce non è andato a buon fine, si escogitano innovative misure di stalking e fantasiose dimostrazioni di forza.  Come seguire con un’auto in borghese, per un’intera mattinata e a meno di un metro di distanza, l’automobile delle persone solidali, impedendogli di parcheggiare lungo l’Aurelia, poi di scaricare cibo e acqua, e persino alle persone dentro la macchina di scendere prendendo almeno il proprio zaino con gli effetti personali. Oppure presentandosi con un blitz alla fermata dell’autobus, per controllare -la polizia, non il personale di Riviera Trasporti- che tutte le persone abbiano il biglietto del bus.  Poichè tutte hanno sia biglietto che mascherine, si passa di grado nel bullismo: da una settimana l’autobus gira scortato da una volante a lampeggianti accesi, talvolta saltando pure a piè pari la fermata a cui aspettano le persone respinte. Quando invece il bus ferma, un poliziotto della scorta si piazza alle porte d’ingresso, stile body-guards, supervisionando che tutte le persone siano docili e mascherinate, quindi strappa i biglietti mano a mano che salgono.  Non si capisce perchè alle persone classificate come “non dei nostri“, come dice qualche autista, non viene permesso di obliterare il biglietto, così da poter usufruire della normale validità di 100 minuti del ticket. Le genti migranti, parrebbe, non sono in grado di timbrare un pezzo di carta. Sia la polizia che gli autisti stessi, che usano la stessa procedura quando qualche volta salta la scorta, assicurano che non sono razzisti e che riservano anche alle persone italiane lo stesso servizio.

Biglietti dell’autobus strappati dalla polizia: le persone “non nostre” non possono obliterare

La gente migrante non ha diritto a farsi nove chilometri in bus in santa pace, nemmeno pagando quell’euro e mezzo di biglietto (per un guadagno giornaliero dell’RT di oltre cento euro, considerati i numeri di persone) alla stessa compagnia di trasporti che pure la deporta al sud da anni, stavolta a carico dello Stato.

Per tutto luglio sono arrivate dai respingimenti decine di donne, molti minori, bambini e bambine sotto ai cinque anni, intere famiglie, gente ferita o malata; più volte si è dovuta chiamare l’ambulanza, e infinite volte, vista la collaborazione degli autobus, si è fatta la spola tra la frontiera e la città, per accompagnare giù chi non era in grado di camminare. Come le persone recuperate in elicottero dal Passo della Morte, rimaste aggrappate solo per le braccia a un tronco d’albero sospeso nel vuoto per tutta la notte, quindi smollate sul lato italiano che ancora non riuscivano a muovere gli arti o usare le mani, per lo sforzo prolungato nel tentativo di salvarsi la vita.

Rifocillare le persone, regalare biglietti del bus a chi non può permetterseli, accompagnare gente in ospedale e cercare un riparo per la notte alle tante ragazze in gravidanza; litigare con turisti razzisti e proprietarie di ville a picco sul mare, indignati per lo sconcio spettacolo della povertà; monitorare i rastrellamenti nelle due stazioni di frontiera; tradurre alla gente papiri inutili di espulsioni su espulsioni su espulsioni: quello che si fa, è ancora troppo poco.

È insufficiente remare contro il vento dell’intolleranza e della persecuzione razziale, mettendo qualche pezza ai danni e agli sfregi inflitti alla gente. Questo posto è insopportabile, ed è insopportabile provare a renderlo un po’ migliore, anziché farne deflagrare tutti gli orrori che cova, lasciando che accada quel che deve accadere. E lasciando che coloro che sono responsabili di tutto ciò, paghino un prezzo senza sconti per il palcoscenico che hanno voluto approntare: è troppo comodo lasciare che sia il volontariato (a patto che sia mansueto e invisibile) a non far morire le persone di fame, incidenti, malattie e indifferenza.

Non importa se l’autobus si ferma o no, alla fine: le persone dormiranno comunque in mezzo ai rifiuti, in qualche angolo nascosto della città di frontiera. Non c’è un posto sicuro da raggiungere. La polizia continuerà ad ammassare decine di persone in una fetida scatola di metallo, in barba a qualsiasi emergenza virus, a falsificare dati, a brutalizzare le persone solo perchè senza documenti validi. I trafficanti continueranno a ingrassare le proprie tasche e quelle della ‘ndrangheta locale. Il confine continuerà a seminare disagio e violenza, a raccogliere corpi feriti e cadaveri.

Nonostante l’impegno e il cuore che vengono messi, le energie nel tempo si consumano, la gente si dimentica dell’orrore incontrato, magari stando qui in visita una settimana per scoprire cos’è sto fantomatico confine, e colpo dopo colpo ci si abitua a qualsiasi cosa. A pensare persino che sia normale, che sia in ogni caso inevitabile, quello che succede, e che si stia facendo comunque tutto il possibile per combattere questa palude di miseria e cattiveria umana. Ci si abitua a giocare al ribasso, arrivando, ogni anno, al punto di rimpiangere la situazione dell’anno precedente: col senno di poi, la baraccopoli della Croce Rossa, luogo ambiguo e pericoloso, sembra un lusso d’altri tempi; la chiesa delle Gianchette un rifugio meraviglioso; la condivisione quotidiana della vita sotto al ponte di via Tenda, appartiene a un mondo che non è più permesso nemmeno immaginare.

Si dovrebbe fare molto di più. Si potrebbe fare molto altro.

 

(Per leggere la prima parte, vedi qui, per la seconda qui

Per leggere gli altri report del gruppo Kesha Niya, sui comportamenti delle polizie al confine: gennaio 2020; novembre 2019; ottobre/novembre 2019; ottobre 2019; Giugno 2019; Maggio 2019)

Presso lo spazio solidale in frontiera, sorprese al mattino: panchina e muretti spalmati di escrementi come azione intimidatoria.